dopo la straordinaria impresa del Cimon della Pala (1934) al fianco di Andrich e Bianchet,la battagliera Mary rivolgerà al presidente della sua sezione, Francesco Terribile, queste coraggiose parole:
Milano, 20 luglio 1935
Caro Signor Terribile,Non si stupisca della lettera di dimissioni, anzi la prego di non insistere perché le ritiri ma di mandarmi subito il benestare che mi occorre per ragioni personali.Sono profondamente disgustata della persecuzione contro di me da quei buffoni della Sede Centrale che hanno negata la medaglia ad Alvise [Andrich, ndr]soltanto perché ha avuto la colpa di scegliere come compagna di cordata l?odiata signora Varale. Nelle proposte fatte nel mese di febbraio Alvise c?era; poi hanno fatto i giochi dei bussolotti per cacciarlo fuori e hanno scoperto la formula delle 3 salite ogni anno come ha dichiarato il generale Vaccaro a mio marito. Il generale ha detto che la proposta di sole tre medaglie è proprio venuta da Manaresi e che tiene a sua disposizione il documento.L?ingiustizia dell?esclusione della punta Civetta e del Cimon de la Pala è troppo grossa e dimostra che c?è il partito preso per farci del male dopo aver sfruttato le nostre fatiche e il rischio della morte per prendere lui l?onorificenza al merito sportivo (Manaresi!) Nota: si fece conferire la medaglia!In questa compagnia di ipocriti e di buffoni io non posso più stare, mi dispiace forse di perdere compagnia dei cari compagni di Belluno, ma non farò più niente in montagna che possa rendere onore al Club Alpino dal quale mi allontano disgustata anche per un ?altra ingiustizia commessa col rifiutarmi un articolo.Se le importa sapere e farlo sapere, le dico che Chabod davanti ai miei occhi è volato sul quarto grado in Grigna e l?altro ci ha messo venti minuti per fare un passaggio che noi passiamo in 30 secondi. Evviva le medaglie d?oro!
Mi saluti gli amici e abbia di me il buon ricordo che io ho dei bellunesi.Cordiali saluti a lei e alla sua signora.
Mary Varale
Prendere posizione così esplicitamente contro l?allora presidente nazionale del CAI, Angelo Manaresi, dirigente nominato dal regime di Mussolini, significava chiudere definitivamente con l?attività alpinistica nell?ambito del sodalizio. Così, dopo aver scalato 217 cime in 11 anni (1924-1935) da prima e da seconda di cordata,in solitaria, aver partecipato all?apertura d importanti itinerari, questa donna combattiva e generosa abbandona per sempre il CAI e il grande alpinismo. Non prima però di aver impartito una grande lezione di coraggio civile, e di aver lasciato al gruppo degli alpinisti-operai lecchesi una fondamentale eredità che forse oggi,dopo tanti anni, ci si avvia finalmente a riconoscerle
