Morti, Tragedie e la Superbia dell'uomo borghese

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Morti, Tragedie e la Superbia dell'uomo borghese

Messaggioda marcov » ven gen 08, 2010 8:11 am

Sposto il mio commento sull'ennesima "tragedia" in montagna e annesse mail di condoglianze, manifestazioni di tristezza etc, in un topic a parte.

Personalmente, mi da ormai quasi fastidio leggere questi necrologi. Ma l'ultimo incidente sul Cerro Torre non puo' che farmi pensare che una grossa responsabilità ce l'abbia la superbia umana, il pensarsi "proprietari" della montagna, ritenerla un "terreno di gioco" per borghesi annoiati.

Cos'è il senso di tutto questo? Che senso ha portare all'estremo limite la superbia dell'uomo che ha voluto a tutti i costi cercare di "domare" una montagna, fino a volersene appropriare, voler legare il proprio nome ad un picco di roccia....

Il picco di roccia e chiaccio è sempre li' a dimostrare - e io dico PER FORTUNA - che quelle formichine che passano le loro vacanze da ricchi benestanti (probabilmente annoiati da agi ereditati da chi lavorava davvero) a credersi belli e potenti, puo' scrollarsele di dosso in ogni momento con un suo piccolo sussulto.

O uno si assume le sue responsabilità o sta a casa. Andare a deporre le ceneri di un pover'uomo in vetta ad una montagna in una zona cosi' remota è semplicemente RIDICOLO se non fosse tragico per quello che realmente rappresenta, quindi i piagnistei a me danno fastidio.

Queste tragedie non accadono per caso.

mv
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Messaggioda Roberto » ven gen 08, 2010 8:39 am

Da un lato ti do ragione, l' alpinismo è una creatura della borghesia benestante. Nasce come passatempo di ricchi inglesi in cerca di emozioni, la gente comune aveva da lavorare e tirare a campare, non vedeva la montagna come un parco giochi, ma come il terreno della fatica. Poi il benessere, l' industrializzazione, l' istruzione e così via, ha creato la parola magica "tempo libero" ed anche chi non avrebbe avuto la noia di farsi venire la voglia di scalare le montagne, ha iniziato ad appassionarsi all' alpinismo.
Oggi la situazione si è stabilzzata e gli scalatori non fanno più parte di una classe privilegiata, almeno in occidente è un' attività alla portata di tutti. La scala sociale è stata sostituita da quella UIAA.

Anche un altro punto lo condivido, la stucchevolezza di topic di cordoglio, con tante faccini tristi, lacrimucce, "pensieri", tristezze.... mi mettono a disagio.

Sono in disaccordo sul discorso della montagna terreno ostile, la presunzione dell' alpinista, l' andarselo a cercare.
L' uomo di sua natura "se la va a cercare", se può non sta a guardare, vuole vedere, scoprire, riuscire, mettersi alla prova. E' la molla che ci ha permesso di crescere, diventare tecnologici, scoprire le stelle, cercare di raggiungerle... vivere.
L' alpinismo è solo la ricerca di se stessi, il vedere dove possiamo arrivare, il capire i nostri limiti, il sentirsi vulnerabili e, allo stesso tempo forti. L' uomo va negli abissi, nello spazio e sulle cime delle montagne perché è un uomo e sta sulla terra appunto per questo.
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Messaggioda walker » ven gen 08, 2010 9:14 am

Davvero tutto condivisibile...o quasi; però, quando un uomo tiene moglie con prole a carico, dovrebbe dimostrare maggiore attaccamento ai propri amori terreni, denotare maggiore responsabilità e lasciar perdere i voli pindarici.

Io, da quando sono diventato papà, ho smesso di intraprendere vie di fuga verso i cieli...stò con i piedi ben ancorati in terra e mi diverto a fare fotografia.

Personalmente, pur nel totale rispetto per ogni morte accidentale, non riesco a provare pietà per costoro che vogliono pervicacemente dimostrare coraggio, a rischio della propria vita. I veri eroi, sono coloro che, quotidianamente, affrontano la tremenda monotonìa della vita...pensate agli operai di fonderia o agli operai in catena.

Ka220......ogni volta che muore un alpinista o un soldato impegnato all'estero, lacrime, cordoglio e celebrazioni; quando, invece, capita una disgrazia sul lavoro, soltanto una fastidiosa e sparagnina notiziola.....ecchissenefrega dei lavoratori.
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Messaggioda Californico » ven gen 08, 2010 9:27 am

evidentemente non hai mai avuto un sogno così forte da dedicare la tua vita per quello. Probabilmente lo stupido sono solo io che la pensa così.
...scalare è volere qualcosa che ci sfugge perchè ci sfugge, è desiderare qualcosa che ci fa paura perchè ci fa paura...
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Messaggioda Chief Tambaler » ven gen 08, 2010 9:54 am

Californico ha scritto:evidentemente non hai mai avuto un sogno così forte da dedicare la tua vita per quello. Probabilmente lo stupido sono solo io che la pensa così.


Quoto.
E poi credo che l'era dell'alpinismo "eroico" sia passata da un pezzo.
Il Giacomelli andava in montagna perchè gli piaceva, dava un senso alla sua vita; se volete, giudicatelo pure.
Non credo si credesse proprietario e padrone della montagna, anzi, più di noi sapeva che è vero il contrario...
Montagna vissuta: tempo per respirare....
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Messaggioda Slowrun » ven gen 08, 2010 10:12 am

Be marcov ....

Al di là del "quasi fastidio leggere questi necrologi"
Al di là della "superbia dell'uomo "
Al di la che "i piagnistei a me danno fastidio"
Al di là che "queste tragedie non accadono per caso"

La morte di un uomo in maniera prematura è sempre una cosa triste ... come è triste esserne indifferenti.
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Messaggioda cinetica » ven gen 08, 2010 10:22 am

se uno ce la fa e arriva in cima è un grande, un eroe....
se uno invece schiatta è un arrogante, un incoscente, un pirla...
facile giudicare eh ?
"Forse essere vivi è proprio questo:andare alla ricerca degli istanti che muoiono". Muriel Barbery dall'Eleganza del Riccio
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Messaggioda bertoldik65 » ven gen 08, 2010 10:46 am

Andare a deporre le ceneri di un pover'uomo in vetta ad una montagna in una zona cosi' remota è semplicemente RIDICOLO



da tre anni Fabio Giacomelli ed Elio Orlandi satavano tentando di aprire questa nuova via che come dice Ermanno Salvaterra "di difficoltà estrema, in un ipotetica scala da 1 a 100 se la via classica "del compressore"vale 1, la loro vale 100", e Salvaterra,come lo stesso Orlandi, il Torre lo conosce più che bene. Erano a 200 metri dalla cima ma hanno deciso di rientrare, non di "domare a ttutti i costi la montagna". Portare le ceneri in vetta e disperderle al vento della Patagonia era solo un omaggio a Cesarino Fava.
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Messaggioda bummi » ven gen 08, 2010 10:47 am

Secondo me si stanno mischiando due elementi completamente diversi l'uno dall'altro.
Un conto è il dispiacere per la morte di un amico in montagna, e qui condivido con chi dice che certi messaggi di cordoglio letti su questo o altri forum sono al limite del ridicolo. Io quando devo fare le condoglianze a qualcuno le faccio di persona in privato, ma qui entriamo nella sfera dello stile personale e ognuno ha il suo.
Altra discorso è invece l'analisi della causa scatenante di certi incidenti. Possiamo parlare a lungo dell'evoluzione sociale dell'alpinismo ma il discorso deve rimanere tale, quando ci si addentra nella sfera personale arrivando addirittura a giudicare i motivi che hanno portato una determinata persona a scalare una determinata montagna si finisce in un vicolo cieco. Analizzare l'alpinismo in questo modo non ha senso anche perchè se vogliamo dirla tutta dobbiamo essere onesti e affermare che siamo tutti "colpevoli", semplicemente perchè non esiste un alpinismo meno superbo di un altro. Quando andiamo in montagna lo facciamo per soddisfare il nostro ego e basta.
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Messaggioda marcov » ven gen 08, 2010 11:29 am

non riesco proprio ad esaltarmi per "nuove" vie su una montagna che è stata ormai salita in ogni modo... siamo onesti, riconosciamo che chi va sul "Torre" o sull'Everest o sull'Eiger, ci va perchè sono montagne che tutti conoscono, di cui si puo' parlare e gonfiarsi di orgoglio di fronte agli altri. Ci sono centinaia di altre cime meno famose che non vengono degnate di uno sguardo (non vale per tutti, lo so..), magari darebbero piu' soddisfazione personale che andare ripetutamente per anni su una parete che ci respinge a cercare di passare per forza... per fare una via che raggiunga i 100 punti su una parete dove si puo' fare una classifica... ma su queste cime "minori" non ci si va, perchè si vuole essere riconosciuti... la soddisfazione sembra restare piu' nella riconoscenza altrui e nella classifica finale, che nella propria soddisfazione interiore.

Uno puo' intestardirsi quanto vuole su una determinata montagna, lo ha fatto anche il famoso Maestri, coi risultati che sappiamo (un morto e uno scempio su una parete remota; mentre altri piu' saggiamente avevano deciso che per le loro capacità la montagna doveva rimanere "inviolata"), ma che non mi si parli di "sogno a cui sacrificare una vita"... forse bisognerebbe anche fermarsi a riflettere sul significato di questo "sogno" e soprattutto sui mezzi che si è disposti ad usare per realizzarlo.

Roberto parlava della necessità per l'uomo di "andare a vedere" e sono d'accordissimo; bisogna prendersi i rischi e andare. Ma appunto: io in Patagonia non ci sono mai andato ma mi pare che le montagne piu' famose siano state salite in ogni stile possibile. Ha senso parlare ancora di "esplorazione" quando abbiamo ormai ridotto questi luoghi a veri e propri parchi giochi per adulti?

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Messaggioda zampognaro » ven gen 08, 2010 11:37 am

Marcov chiede qual'è "Il senso di tutto questo?"

...ho fatto leggere a mamma il libro di Confortola sulla storia del k2, mi ha detto "ma è proprio scemo quello lì è arrivato in cima di sera, era preoccupato e pensava solo ai pericoli della discesa, perdipiù non si vedeva niente che era buio...cosa c'è andato a fare" come darle torto...

In molti mi chiedono (spesso dopo notizie tragiche) che senso ha rischiare più o meno la vita per raggiungere la cima di una montagna, penso lo abbiano chiesto anche a voi e penso ce lo siamo chiesti un po' tutti

Io domande così non me ne faccio più perchè le reputo ridicole,
per me la montagna è semplicemente un posto in cui sto bene, basta, immensa, potente, paurosa a volte!
cerco di valutarne i pericoli e sono disposto a prendere dei rischi, i miei rischi (variabili anche a seconda del periodo e dell'umore)!

Se vogliamo fare i filosofi ben venga, ma allora:
che senso ha andare a lavorare,
che senso ha scrivere sul forum,
che senso ha sposarsi, avere figli, andare in auto, giocare a calcio, andare in giro in giacca e cravatta, andare in moto, festeggiare il capodanno, avere una casa, avere l'i phone...

che senso ha...
prematura o meno sempre quella è la fine e, che sia per superbia o per sfiga o perchè è giunta l'ora non cambia molto

il senso alla vita per me è viverla, di arrivare a 200 anni senza vivere emozioni non me ne frega niente, indi benvenga la superbia

...e poi finiamola col pensare che solo gli alpinisti siano supereroi, superbi e incoscienti...e se vogliono andare al "parco giochi" che problema c'è...anche un certo colombo nel 1400 si era intestardito...meno male che c'è gente che non rinuncia ai propri sogni...
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Messaggioda kenzo » ven gen 08, 2010 12:36 pm

bummi ha scritto:Secondo me ...
...

Quando andiamo in montagna lo facciamo per soddisfare il nostro ego e basta.


Condivido con quanto Bummi ha scritto.

Nell'avventura moderna in ogni sua declinazione l'uomo cerca il soffio del pericolo e dell'emozione assoluta. Null'altro. La tragedia per fatalità o per rischio mal calcolato fanno parte di quell'avventura e ciò non dovrebbe supirci.

Putroppo cambiano i giudizi degli altri a posteriori, a secondo dell'esito finale: se riesci sei da ammirare, se fallisci e rimani in vita ti regalano false parole di consolazione, se fallisci e muori sei stato un'incosciente o il destino è stato crudele con te.

Avventurarsi su una vetta patagonica o in un bosco a cercare funghi o in mezzo ad un torrente impetuoso fino alla cinta a pescare trote differiscono solo dal livello di difficoltà complessiva, ma tutte racchiudono il senso di staccamento dalla quotidianità, di connubio profondo con gli elementi e di esercizio dell' Ego (quel "io ce la posso fare" "io comando del mio corpo", che sono preponderanti quando l'Avventura si fa Sport), aspetti costruiscono le distanze dalla comprensione di chi queste cose non le fa (e caso mai spinge a 240km il suo BMW :? ).

Ciò che mi lascia perplesso sono invece taluni commenti di chi l'avventura la pratica e maledice il destino crudele, mentre personalmente mi hanno colpito le parole serene della moglie di Karl Unterkircher all'indomani della scomparsa del marito.
Ma in ogni caso ad ognuno il proprio di modo di vivere questo dolore.

Alla fine ci pensa sora Morte a livellare le differenze.

[youtube]http://www.youtube.com/v/AZ8mrzSKzQs&feature=player_embedded[/youtube]
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e I sentieri che si incrociano
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Messaggioda Chief Tambaler » ven gen 08, 2010 13:11 pm

kenzo ha scritto:
bummi ha scritto:Secondo me ...
...

Quando andiamo in montagna lo facciamo per soddisfare il nostro ego e basta.


Condivido con quanto Bummi ha scritto.

Nell'avventura moderna in ogni sua declinazione l'uomo cerca il soffio del pericolo e dell'emozione assoluta. Null'altro. La tragedia per fatalità o per rischio mal calcolato fanno parte di quell'avventura e ciò non dovrebbe supirci.

Putroppo cambiano i giudizi degli altri a posteriori, a secondo dell'esito finale: se riesci sei da ammirare, se fallisci e rimani in vita ti regalano false parole di consolazione, se fallisci e muori sei stato un'incosciente o il destino è stato crudele con te.

Avventurarsi su una vetta patagonica o in un bosco a cercare funghi o in mezzo ad un torrente impetuoso fino alla cinta a pescare trote differiscono solo dal livello di difficoltà complessiva, ma tutte racchiudono il senso di staccamento dalla quotidianità, di connubio profondo con gli elementi e di esercizio dell' Ego (quel "io ce la posso fare" "io comando del mio corpo", che sono preponderanti quando l'Avventura si fa Sport), aspetti costruiscono le distanze dalla comprensione di chi queste cose non le fa (e caso mai spinge a 240km il suo BMW :? ).

Ciò che mi lascia perplesso sono invece taluni commenti di chi l'avventura la pratica e maledice il destino crudele, mentre personalmente mi hanno colpito le parole serene della moglie di Karl Unterkircher all'indomani della scomparsa del marito.
Ma in ogni caso ad ognuno il proprio di modo di vivere questo dolore.

Alla fine ci pensa sora Morte a livellare le differenze.

[youtube]http://www.youtube.com/v/AZ8mrzSKzQs&feature=player_embedded[/youtube]


Non sono d'accordo del tutto.
Molti alpinisti cercano il brivido, lo stacco dalla quotidianità, l'adrenalina.

Per altri l'alpinismo è qualcosa di più interiore...
faccio un esempio che conosco abbastanza bene...cioè io stesso...
io non vado in montagna per il brivido...anzi...quando mi rendo conto di essere in pericolo eccessivo (es. tagliare un costone non del tutto stabile), l'arrampicata,sciata etc è rovinata....
c***o me ne frega del brivido?

E' difficile spiegare cosa mi spinge ad andare in montagna....forse sono quei momenti, rapidi, in cui mi sento in armonia.... se vi devo spiegare meglio, o non siete mai andati in montagna o ci andate per l'adrenalina...
A ognuno il suo!!!
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Messaggioda Enzolino » ven gen 08, 2010 13:27 pm

marcov,

non condivido nulla su quanto scritto da te.

La montagna e' semplicemente uno specchio di noi stessi ...
Molti vanno in montagna perche' la amano ... e salire su una vetta puo' essere semplicemente una sfida per goderla appieno ... e se vogliamo un gioco e non una conquista ...

Molti dei nostri gesti sono simbolici ... regalare un anello ... un fiore ...
Portare su una montagna le ceneri di una persona ad essa legata mi sembra un bel gesto simbolico ...

Se poi tu ci vedi superbia ed egoismo, evidentemente questa e' una prospettiva che appartiene a te, ma non necessariamente agli altri ...

Sui "necrologi" ... non so ... io mi pronuncio quando mi sento toccato, ma non sto a puntare il dito quando altri esprimono i loro sentimenti su tragedie che non mi coinvolgono ... non capisco cosa ti infastidisca ...
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Messaggioda Drugo Lebowsky » ven gen 08, 2010 13:31 pm

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Messaggioda Roberto » ven gen 08, 2010 13:36 pm

Non credo che gli alpinisti in genere apprezziono l' alpinismo per il "brivido", o l' adrenalina. Specie la seconda è una sciocchezza, perché non si sente nessuna scarica adrenalinica piacevole mentre si scala, casomai ce l' hai doppo un volo.

Si fa alpinismo, anche a livelli alti, per sentirsi vivi, ritrovare l' emozione che ti fa capire che sei artefice del tuo destino, che puoi ancora cercare il tuo limite.

In una vita di tutti i giorni in cui il pericolo ce lo hai dietro ogni angolo, ma è sconosciuto, imprevedibile, nascosto, fare alpinismo ti da il piacere di percepirlo chiaro, schietto, sincero e in parte prevedibile. Lo vedi il vuoto, la vedi la roccia cattiva, lo capisci il pericolo e cerchi di governarlo, di riuscire a scalare evitando la caduta.
Torna l' incognita, il gusto di mettersi alla prova, di capire fino a dove puoi andare senza rischiare davvero di sbagliare.
Come tutte le attività "pericolose", anche l' alpinismo, questa ricerca di sentirsi vulnerabili e forti allo stesso tempo, ha i suoi rischi in agguato e, anche con tutte le cautele del caso, un seracco si può staccare sopra di te, o un appiglio può cedere. Ma almeno lo sapevi che ti eri messo in gioco, non attaversavi la strada, tranquillo che eri sulle striscie bianche o viaggiavi in auto, sereno che avevi allacciato le cinture.

Non è vero che gli alpinisti cercano il rischio per il gusto di cercarlo. Quando sei impegnato in una salita difficile, che ti mette sul serio alla prova, rischi pochissimo, tutto è studiato, premeditato, progettato, intuito, preveduto. Il pericolo è tangibile e questo rafforza le proprie difese, il cercare di evitare la caduta. Infatti gli incidenti capitano spesso sulla via del ritorno o sui tratti facili, quando tutte queste sentinelle del pericolo si sono spente.
Le bellissime parole di Nives Meroi aiutano a capire (grazie Kenzo):

Ma finché noi per primi continueremo a descrivere l?alpinismo come una lotta fatta di lacrime e sangue, vestendoci dei panni dell?eroe che sfida la montagna e supera sé stesso, finché ometteremo e nasconderemo il lato gioioso e giocoso dell?andare in montagna: montagna come mondo privilegiato per sperimentare la vita, del camminare che fa bene al pensare e del passo lento e paziente con cui la natura educa l?uomo a se stesso e lo riconcilia con la sua essenzialità, finché non ?racconteremo? anche questo, non riusciremo a spiegare che gli alpinisti alla vita ci tengono, che non desiderano perderla e al contrario soffrono di non viverla abbastanza.
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Messaggioda alison » ven gen 08, 2010 13:59 pm

Californico ha scritto:evidentemente non hai mai avuto un sogno così forte da dedicare la tua vita per quello. Probabilmente lo stupido sono solo io che la pensa così.


siamo in 2 (stupidi) all'ora!
:wink:
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Messaggioda smauri » ven gen 08, 2010 15:28 pm

alison ha scritto:
Californico ha scritto:evidentemente non hai mai avuto un sogno così forte da dedicare la tua vita per quello. Probabilmente lo stupido sono solo io che la pensa così.


siamo in 2 (stupidi) all'ora!
:wink:


evidentemente non hai cose più imoprtanti che ti trattengono.

molto semplicemente...

c'è un frase che riporta (e scusate gli errori):
...ilcoraggio non è assenza di paura, ma la consapevolezza che c'è qualcosa di più importante. . .

ecco secondo me l'unica cosa è che il sogno deve essere condiviso.

se io vado a fare un'ottomila e ho moglie e figli a casa che non condividono tale esperienza sono egoista.

se invece ho persone che mi appoggiano allora lo sono molto meno ed ilsogno porta solo che gioia a tutti.

poi credo che la superbia sia importante, ma molti hanno già scritto quanto penso, quindi quoto.
...se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con professionalità,
rispondi che l'Arca di Noè è stata costruita da dilettanti ed il Titanic da professionisti...
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Messaggioda Enzolino » ven gen 08, 2010 15:45 pm

smauri ha scritto:
alison ha scritto:
Californico ha scritto:evidentemente non hai mai avuto un sogno così forte da dedicare la tua vita per quello. Probabilmente lo stupido sono solo io che la pensa così.


siamo in 2 (stupidi) all'ora!
:wink:


evidentemente non hai cose più imoprtanti che ti trattengono.

molto semplicemente...

c'è un frase che riporta (e scusate gli errori):
...ilcoraggio non è assenza di paura, ma la consapevolezza che c'è qualcosa di più importante. . .

ecco secondo me l'unica cosa è che il sogno deve essere condiviso.

se io vado a fare un'ottomila e ho moglie e figli a casa che non condividono tale esperienza sono egoista.

se invece ho persone che mi appoggiano allora lo sono molto meno ed ilsogno porta solo che gioia a tutti.

poi credo che la superbia sia importante, ma molti hanno già scritto quanto penso, quindi quoto.
Fammi capire,

quindi se tua moglie va dalla parrucchiera senza tutta la famiglia e' un'egoista?
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Messaggioda smauri » ven gen 08, 2010 16:19 pm

bhè rileggendo ho scommesso 50 euro con il collega che sarei stato frainteso...

...condiviso inteso che ne hai parlato, discusso e ragionato inseime, o semplicemente detto.

non che la famiglia deve partecipare (se poi partecipa tanto meglio)

sarò poco chiaro, ma forse l'esempio della parrucchiera non è molto consono...
... almeno di la gita al lago dai...
Ultima modifica di smauri il ven gen 08, 2010 16:35 pm, modificato 1 volta in totale.
...se un giorno ti verrà rimproverato che il tuo lavoro non è stato fatto con professionalità,
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