Incontri

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Incontri

Messaggioda Falco5x » dom ago 17, 2008 20:17 pm

Montagna come luogo di incontri.
Quante volte ci è capitato di imbatterci in incontri casuali il cui ricordo è poi rimasto indelebile nella nostra memoria...!
Individui sconosciuti con i quali ci siamo trovati in sorprendente sintonia, persone interessanti, oppure stravaganti, o misteriose, figure anonime incontrate per caso lungo un sentiero o una via di montagna, in un bivacco, su una cima, delle quali non ricordiamo forse neppure il nome ma di cui riportiamo una durevole traccia nella nostra anima, meteore che il caso ha lanciato di traverso nel nostro cielo alpino.
Un topic per chi ha qualcosa da raccontare al riguardo.
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Messaggioda Falco5x » dom ago 17, 2008 20:19 pm

Comincio io col raccontare qualcosa.
Sono passati ormai alcuni anni. Era una donna alta, slanciata, aveva un'età indefinibile, non giovane ma giovanile. La incontrai al bivacco Minazio, nelle Pale di San Martino, dove era salita da sola in un luminoso giorno d'estate.
Ci trovammo a parlare di tutto, di amicizia, di montagna, di figli, di sentimenti, di amore. Nessuno salì a turbare quella nostra sintonia, come se l'alpe stessa si fosse impegnata quel giorno a garantirci intimità.
E una confidenza così è possibile solo in montagna, non la si trova da nessun'altra parte perché lì non ci sono i fatti della normalità a disturbare, niente telefonini che squillano, nessun pensiero improvviso ci coglie per commissioni urgenti che si stavano tralasciando, nessuno degli ordinari assilli che comunemente ci impediscono di vivere il presente. Perché lì tra quelle rupi sgretolate dal sole il presente è il solo tempo che davvero conta; il passato e il futuro giacciono lontani lontani oltre il fondovalle, vivono prigionieri nelle case, nelle città, nei luoghi di lavoro. Il nostro tempo di solito non ci appartiene mai del tutto perché non è mai solo nostro; ma in montagna può capitare a volte, e in via eccezionale, che uno scampolo di presente ci venga davvero assegnato per intero.
Scendemmo infine a valle insieme. Non ci scambiammo alcun riferimento, un indirizzo, un numero; solo qualche gentilezza, qualche innocua galanteria. Un passaggio in macchina fino al vicino Cant del Gal, un tè al bar, qualche ultimo argomento raffazzonato per rinviare, anche se di pochissimo, l'inevitabile distacco, e poi ciao, addio per sempre mio mancato amore, andrà forse diversamente in una prossima vita, contaci. Ci conto.
Da qualche tempo la mia vita alpina è fatta così, spesso solitaria ma impreziosita da qualche raro e luminoso incontro, indelebilmente segnata da fatali e inevitati addìi.
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Messaggioda paolone8 » mar ago 19, 2008 19:28 pm

27 maggio 2006, per la prima volta decido di fare conoscenza con il parco della Valgrande. Della valle conosco solo la fama di luogo selvaggio dove perdersi è la cosa più facile. Non potendo contare su nessuno che già conosce il posto decido di affidarmi ad una nota società di Milano che organizza un trek di due giorni nella valle: la traversata Cicogna-Finero attraverso la val Pogallo. Arrivo in treno alla stazione di Verbania con il gruppo partito da Milano. Avvicinandomi al pulmino che ci accompagnera fino a Cicogna, noto una ragazza che mi saluta e si unisce al gruppo. Ricambio il saluto verso questa nuova compagna di viaggio. Durante il cammino e soprattutto nella serata passata nel bivacco, abbiamo molte occasioni per chiacchierare, cominciamo a conoscerci piano piano e in poco tempo mi rendo conto che tra noi due c'è una certa sintonia.
Oggi sono passati più di due anni da quel giorno, più volte sono tornato in quella valle che mi ha affascinato dal primo istante. Con quella ragazza ho camminato molte altre volte, ma soprattutto ho intrapreso un cammino molto più importante e impegnativo, ho cambiato il mio lavoro, la mia citta, ho lasciato famiglia e amici per andare a convivere con lei.
La mia storia è sicuramente molto diversa dalla tua, probabilmente non è proprio il tipo di incontro che intendevi avere nel tuo topic. Di sicuro però è un incontro casuale che ha lasciato una traccia indelebile.
ps: se non ricordo male, tu dovresti conoscere quella società di cui ho scritto ( la sede principale a Milano più altre a Torino, Venezia, Firenze ecc), magari conosci anche chi ci ha accompagnati...
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Messaggioda Davide62 » mar ago 19, 2008 21:52 pm

Luglio 2001, sono le quattro quando scendiamo dalla macchina in fondo alla Val Veny.
La strada fino al Quintino Sella è lunga, sarà ancora più lunga del previsto dato che quest'anno è impossibile salire alla capanna senza passare dal Gonella.
Il nostro obiettivo è quello di raggiungere quest'ultimo verso le otto del mattino in modo da poter risalire il canale che è necessario percorrere per arrivare al Quintino Sella con condizioni di neve accettabili e limitato rischio di sassate sulla testa.
Spenti i fari accendiamo le frontali.
In una mezz'oretta arriviamo nei pressi del lago del Miage dove comincia la lunghissima morena.

Questo vallone è uno dei luoghi più selvaggi del Monte Bianco, sia di giorno e tanto più col buio pesto.
Siamo esattamente sull'affilata cresta della morena, adesso comincia l'infinito saliscendi tra massi di tutte le dimensioni.
Conosciamo bene questi posti, ma soprattutto conosciamo la sfacchinata che ci aspetta.
Personalmente eviterei a piè pari tutta questa strada e al momento mi sfugge la poesia tanto cara alla retorica alpina.
Anche la motivazione si incrina leggermente, lo zaino pesa, i sassi mi danno noia, non riesco a prendere il giusto ritmo.
In pratica faccio una fatica boia quando dovrei invece andar via in scioltezza.
Cammino come un bisonte, facendo un chiasso del diavolo, strascicando i piedi e smuovendo inutilmente pietrisco.
Mi pare di avere dei petardi sotto le suole tant?è il baccano che faccio; il tutto è amplificato dal silenzio inquietante che ci avvolge.
Mio fratello invece sembra che sfugga completamente alla forza di gravità, sarà una mia impressione ma lui non fa il minimo rumore, io invece assomiglio a un Panzer in quel di Praga?.

Intanto comincia schiarire, sarà passata un?ora emmezza, ci fermiamo un istante giusto per pisciare.
Anche il piscio fa un casino boia.
Addirittura gli schizzi mi paiono esagerati, li trovo invadenti e con una traiettoria sbagliata, in pratica quasi mi piscio addosso???.ma c***o??..

Mi volto dalla parte da cui siamo venuti e vedo una figura solitaria un centinaio di metri dietro.
Veramente prima di vederla sento belare il piccolo gregge di capre che abbiamo incontrato poco fa ed è stato quello a farmi girare la testa da quella parte.
Nell?incerta luce del crepuscolo mattutino non riusciamo a capire dall?abbigliamento se si tratta del pastore delle capre, ammesso che ci sia un pastore, o di un alpinista.
Fatto sta che è da solo.
Come si accorge di essere stato notato alza un braccio, non capiamo bene se è un cenno di saluto.
Comunque rispondiamo al suo cenno e facciamo per incamminarci nuovamente.
Ma non facciamo a tempo che lui risponde a sua volta, adesso abbiamo capito che non era un saluto il suo ma un invito ad aspettarlo.
E che c***o dobbiamo fare??
Dobbiamo rispettare il nostro ruolino di marcia!
E se invece avesse bisogno di qualcosa?
Ma cosa diavolo potrebbe volere uno da solo in mezzo a questa pietraia infinita?
Beh, non c?è molto da decidere, tanto in cinque minuti sarà qui.

E? un piccolo ometto piuttosto anziano, forse avrà 70anni; indossa la classica camicia Carlo Mauri, un paio di pantaloni di velluto frusti e uno zaino che avrà 40 anni buoni.
Ha pochi capelli, gli occhi azzurri e una voce sottilissima e pacata ci dice di chiamarsi Sandro.
Da persone educate ci presentiamo stringendoci la mano.
- Va tutto bene Sandro?- gli chiedo perplesso.
- Benissimo, state andando al Gonella?- rimanda lui.
Dentro di me mi dico ? Ecccccerrrrto, dove vuoi che vadano due vestiti da alpinisti da queste parti-
Mi trattengo e confermo aggiungendo che non ci fermeremo a quel rifugio.
Il piccoletto ha un?aria che va al di la del tempo e dello spazio, ispira tranquillità e la sua gradevolezza mi toglie di dosso l?iniziale irritazione.
Ci chiede se può salire con noi, oggi è il suo settantesimo compleanno.
Eccimancherebbe altro, certo che puoi venire con noi.
Come se mi avesse letto nel pensiero risponde ad una mia muta richiesta dicendoci che non ci farà perdere tempo, lui è un forte camminatore, ha fatto una vita a caccia e a cristalli.
Dice di abitare a Chambave con una sorella, queste sono le sue ferie, una settimana a zonzo sulle pendici del Monte Bianco, solo come un cane.
In tutta la mia vita non ho mai visto nessuno muoversi con tanta leggerezza, grazia e discrezione.
Salta da un masso all?altro senza fare il minimo rumore con un?agilità sorprendente, io al confronto sono un tirannosauro ritardato.

A capo di un?ora è come se fossimo amici da trent?anni, nella sua garbatissima e discreta prosa comunica più che parole: semplicità, saggezza, amicizia, direi quasi amore.
Ci chiede dove siamo diretti e si rammarica di non poter trascorrere la giornata con noi al rifugio, avrebbe volentieri mangiato assieme a noi, tanto più che ha il suo vino buono nella borraccia.

Alle 8.30 arriviamo al rifugio, io ho fatto una fatica pazzesca a tener dietro a Sandro e non ne faccio mistero.
Improvvisamente ci chiede da che parte ritorneremo il giorno dopo.
In verità preferiremmo scendere lungo la normale Maudit-Tacul per prendere poi una funivia al Torino, sarebbe più semplice, meno faticoso e sbrigativo.

Quindi ci accomiatiamo, lui scrive su un pezzo di carta il suo indirizzo e il telefono.
Ci ringrazia per avergli permesso di salire con noi ?????????????.. roba da pazzi????.

Ci dirigiamo lungo il sentierino mal tracciato che porta al ghiacciaio, ma fatte poche decine di metri torniamo indietro dicendogli che saremmo ripassati dal rifugio il giorno seguente.
Raramente ho visto tanta gioia in un uomo.

Per concludere, Sandro ci ha aspettato, per tutta la notte ha curato le luci delle nostre frontali seduto sullo zaino fuori dal rifugio, anche il burbero Ollier si è intenerito.

Il giorno dopo poco prima di mezzogiorno Sandro ci aspetta al margine del ghiacciaio e al rifugio scopriamo che non ha toccato il suo vino??.voleva berlo con noi.

Ogni anno, passiamo a trovarlo.
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Messaggioda das » mar ago 19, 2008 22:02 pm

Davide62 ha scritto:Luglio 2001, sono le quattro quando scendiamo dalla macchina in fondo alla Val Veny.
La strada fino al Quintino Sella è lunga, sarà ancora più lunga del previsto dato che quest'anno è impossibile salire alla capanna senza passare dal Gonella.
Il nostro obiettivo è quello di raggiungere quest'ultimo verso le otto del mattino in modo da poter risalire il canale che è necessario percorrere per arrivare al Quintino Sella con condizioni di neve accettabili e limitato rischio di sassate sulla testa.
Spenti i fari accendiamo le frontali.
In una mezz'oretta arriviamo nei pressi del lago del Miage dove comincia la lunghissima morena.

Questo vallone è uno dei luoghi più selvaggi del Monte Bianco, sia di giorno e tanto più col buio pesto.
Siamo esattamente sull'affilata cresta della morena, adesso comincia l'infinito saliscendi tra massi di tutte le dimensioni.
Conosciamo bene questi posti, ma soprattutto conosciamo la sfacchinata che ci aspetta.
Personalmente eviterei a piè pari tutta questa strada e al momento mi sfugge la poesia tanto cara alla retorica alpina.
Anche la motivazione si incrina leggermente, lo zaino pesa, i sassi mi danno noia, non riesco a prendere il giusto ritmo.
In pratica faccio una fatica boia quando dovrei invece andar via in scioltezza.
Cammino come un bisonte, facendo un chiasso del diavolo, strascicando i piedi e smuovendo inutilmente pietrisco.
Mi pare di avere dei petardi sotto le suole tant?è il baccano che faccio; il tutto è amplificato dal silenzio inquietante che ci avvolge.
Mio fratello invece sembra che sfugga completamente alla forza di gravità, sarà una mia impressione ma lui non fa il minimo rumore, io invece assomiglio a un Panzer in quel di Praga?.

Intanto comincia schiarire, sarà passata un?ora emmezza, ci fermiamo un istante giusto per pisciare.
Anche il piscio fa un casino boia.
Addirittura gli schizzi mi paiono esagerati, li trovo invadenti e con una traiettoria sbagliata, in pratica quasi mi piscio addosso???.ma c***o??..

Mi volto dalla parte da cui siamo venuti e vedo una figura solitaria un centinaio di metri dietro.
Veramente prima di vederla sento belare il piccolo gregge di capre che abbiamo incontrato poco fa ed è stato quello a farmi girare la testa da quella parte.
Nell?incerta luce del crepuscolo mattutino non riusciamo a capire dall?abbigliamento se si tratta del pastore delle capre, ammesso che ci sia un pastore, o di un alpinista.
Fatto sta che è da solo.
Come si accorge di essere stato notato alza un braccio, non capiamo bene se è un cenno di saluto.
Comunque rispondiamo al suo cenno e facciamo per incamminarci nuovamente.
Ma non facciamo a tempo che lui risponde a sua volta, adesso abbiamo capito che non era un saluto il suo ma un invito ad aspettarlo.
E che c***o dobbiamo fare??
Dobbiamo rispettare il nostro ruolino di marcia!
E se invece avesse bisogno di qualcosa?
Ma cosa diavolo potrebbe volere uno da solo in mezzo a questa pietraia infinita?
Beh, non c?è molto da decidere, tanto in cinque minuti sarà qui.

E? un piccolo ometto piuttosto anziano, forse avrà 70anni; indossa la classica camicia Carlo Mauri, un paio di pantaloni di velluto frusti e uno zaino che avrà 40 anni buoni.
Ha pochi capelli, gli occhi azzurri e una voce sottilissima e pacata ci dice di chiamarsi Sandro.
Da persone educate ci presentiamo stringendoci la mano.
- Va tutto bene Sandro?- gli chiedo perplesso.
- Benissimo, state andando al Gonella?- rimanda lui.
Dentro di me mi dico ? Ecccccerrrrto, dove vuoi che vadano due vestiti da alpinisti da queste parti-
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Il piccoletto ha un?aria che va al di la del tempo e dello spazio, ispira tranquillità e la sua gradevolezza mi toglie di dosso l?iniziale irritazione.
Ci chiede se può salire con noi, oggi è il suo settantesimo compleanno.
Eccimancherebbe altro, certo che puoi venire con noi.
Come se mi avesse letto nel pensiero risponde ad una mia muta richiesta dicendoci che non ci farà perdere tempo, lui è un forte camminatore, ha fatto una vita a caccia e a cristalli.
Dice di abitare a Chambave con una sorella, queste sono le sue ferie, una settimana a zonzo sulle pendici del Monte Bianco, solo come un cane.
In tutta la mia vita non ho mai visto nessuno muoversi con tanta leggerezza, grazia e discrezione.
Salta da un masso all?altro senza fare il minimo rumore con un?agilità sorprendente, io al confronto sono un tirannosauro ritardato.

A capo di un?ora è come se fossimo amici da trent?anni, nella sua garbatissima e discreta prosa comunica più che parole: semplicità, saggezza, amicizia, direi quasi amore.
Ci chiede dove siamo diretti e si rammarica di non poter trascorrere la giornata con noi al rifugio, avrebbe volentieri mangiato assieme a noi, tanto più che ha il suo vino buono nella borraccia.

Alle 8.30 arriviamo al rifugio, io ho fatto una fatica pazzesca a tener dietro a Sandro e non ne faccio mistero.
Improvvisamente ci chiede da che parte ritorneremo il giorno dopo.
In verità preferiremmo scendere lungo la normale Maudit-Tacul per prendere poi una funivia al Torino, sarebbe più semplice, meno faticoso e sbrigativo.

Quindi ci accomiatiamo, lui scrive su un pezzo di carta il suo indirizzo e il telefono.
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Ci dirigiamo lungo il sentierino mal tracciato che porta al ghiacciaio, ma fatte poche decine di metri torniamo indietro dicendogli che saremmo ripassati dal rifugio il giorno seguente.
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Per concludere, Sandro ci ha aspettato, per tutta la notte ha curato le luci delle nostre frontali seduto sullo zaino fuori dal rifugio, anche il burbero Ollier si è intenerito.

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bellissimo racconto... :D
daniele
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Messaggioda Falco5x » mer ago 20, 2008 9:21 am

paolone8 ha scritto:ps: se non ricordo male, tu dovresti conoscere quella società di cui ho scritto ( la sede principale a Milano più altre a Torino, Venezia, Firenze ecc), magari conosci anche chi ci ha accompagnati...

Certo, ma io partecipo poco alla vita associativa (accompagno anch'io ma molto saltuariamente, e solo in dolomiti) e conosco qualcuno solo a Venezia, per cui non penso di conoscere chi vi ha accompagnati.
E' successo anche a me di trovare in alcuni trek persone con cui sono stato bene (non al punto però da lasciare la famiglia... :D ), e in quei casi il commiato di fine trek è sempre un momento un po' triste.
:wink:
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Messaggioda rocciaforever » mer ago 20, 2008 9:33 am

Davide62 ha scritto:Luglio 2001, sono le quattro quando scendiamo dalla macchina in fondo alla Val Veny.
La strada fino al Quintino Sella è lunga, sarà ancora più lunga del previsto dato che quest'anno è impossibile salire alla capanna senza passare dal Gonella.
Il nostro obiettivo è quello di raggiungere quest'ultimo verso le otto del mattino in modo da poter risalire il canale che è necessario percorrere per arrivare al Quintino Sella con condizioni di neve accettabili e limitato rischio di sassate sulla testa.
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Anche la motivazione si incrina leggermente, lo zaino pesa, i sassi mi danno noia, non riesco a prendere il giusto ritmo.
In pratica faccio una fatica boia quando dovrei invece andar via in scioltezza.
Cammino come un bisonte, facendo un chiasso del diavolo, strascicando i piedi e smuovendo inutilmente pietrisco.
Mi pare di avere dei petardi sotto le suole tant?è il baccano che faccio; il tutto è amplificato dal silenzio inquietante che ci avvolge.
Mio fratello invece sembra che sfugga completamente alla forza di gravità, sarà una mia impressione ma lui non fa il minimo rumore, io invece assomiglio a un Panzer in quel di Praga?.

Intanto comincia schiarire, sarà passata un?ora emmezza, ci fermiamo un istante giusto per pisciare.
Anche il piscio fa un casino boia.
Addirittura gli schizzi mi paiono esagerati, li trovo invadenti e con una traiettoria sbagliata, in pratica quasi mi piscio addosso???.ma c***o??..

Mi volto dalla parte da cui siamo venuti e vedo una figura solitaria un centinaio di metri dietro.
Veramente prima di vederla sento belare il piccolo gregge di capre che abbiamo incontrato poco fa ed è stato quello a farmi girare la testa da quella parte.
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Fatto sta che è da solo.
Come si accorge di essere stato notato alza un braccio, non capiamo bene se è un cenno di saluto.
Comunque rispondiamo al suo cenno e facciamo per incamminarci nuovamente.
Ma non facciamo a tempo che lui risponde a sua volta, adesso abbiamo capito che non era un saluto il suo ma un invito ad aspettarlo.
E che c***o dobbiamo fare??
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E se invece avesse bisogno di qualcosa?
Ma cosa diavolo potrebbe volere uno da solo in mezzo a questa pietraia infinita?
Beh, non c?è molto da decidere, tanto in cinque minuti sarà qui.

E? un piccolo ometto piuttosto anziano, forse avrà 70anni; indossa la classica camicia Carlo Mauri, un paio di pantaloni di velluto frusti e uno zaino che avrà 40 anni buoni.
Ha pochi capelli, gli occhi azzurri e una voce sottilissima e pacata ci dice di chiamarsi Sandro.
Da persone educate ci presentiamo stringendoci la mano.
- Va tutto bene Sandro?- gli chiedo perplesso.
- Benissimo, state andando al Gonella?- rimanda lui.
Dentro di me mi dico ? Ecccccerrrrto, dove vuoi che vadano due vestiti da alpinisti da queste parti-
Mi trattengo e confermo aggiungendo che non ci fermeremo a quel rifugio.
Il piccoletto ha un?aria che va al di la del tempo e dello spazio, ispira tranquillità e la sua gradevolezza mi toglie di dosso l?iniziale irritazione.
Ci chiede se può salire con noi, oggi è il suo settantesimo compleanno.
Eccimancherebbe altro, certo che puoi venire con noi.
Come se mi avesse letto nel pensiero risponde ad una mia muta richiesta dicendoci che non ci farà perdere tempo, lui è un forte camminatore, ha fatto una vita a caccia e a cristalli.
Dice di abitare a Chambave con una sorella, queste sono le sue ferie, una settimana a zonzo sulle pendici del Monte Bianco, solo come un cane.
In tutta la mia vita non ho mai visto nessuno muoversi con tanta leggerezza, grazia e discrezione.
Salta da un masso all?altro senza fare il minimo rumore con un?agilità sorprendente, io al confronto sono un tirannosauro ritardato.

A capo di un?ora è come se fossimo amici da trent?anni, nella sua garbatissima e discreta prosa comunica più che parole: semplicità, saggezza, amicizia, direi quasi amore.
Ci chiede dove siamo diretti e si rammarica di non poter trascorrere la giornata con noi al rifugio, avrebbe volentieri mangiato assieme a noi, tanto più che ha il suo vino buono nella borraccia.

Alle 8.30 arriviamo al rifugio, io ho fatto una fatica pazzesca a tener dietro a Sandro e non ne faccio mistero.
Improvvisamente ci chiede da che parte ritorneremo il giorno dopo.
In verità preferiremmo scendere lungo la normale Maudit-Tacul per prendere poi una funivia al Torino, sarebbe più semplice, meno faticoso e sbrigativo.

Quindi ci accomiatiamo, lui scrive su un pezzo di carta il suo indirizzo e il telefono.
Ci ringrazia per avergli permesso di salire con noi ?????????????.. roba da pazzi????.

Ci dirigiamo lungo il sentierino mal tracciato che porta al ghiacciaio, ma fatte poche decine di metri torniamo indietro dicendogli che saremmo ripassati dal rifugio il giorno seguente.
Raramente ho visto tanta gioia in un uomo.

Per concludere, Sandro ci ha aspettato, per tutta la notte ha curato le luci delle nostre frontali seduto sullo zaino fuori dal rifugio, anche il burbero Ollier si è intenerito.

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Ogni anno, passiamo a trovarlo.


davvero un bel racconto, grazie per averlo condiviso..
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Messaggioda Falco5x » mer ago 20, 2008 9:33 am

Davide62 ha scritto:Luglio 2001, sono le quattro quando scendiamo dalla macchina in fondo alla Val Veny...

Bello ma triste.
Sarà forse perché io mi identifico col vecchietto...
Caro davide, mi hai fatto venire il magone, e non sto a dire tutte le ragioni...
:(
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Messaggioda Davide62 » mer ago 20, 2008 19:34 pm

Falco5x ha scritto:
Davide62 ha scritto:Luglio 2001, sono le quattro quando scendiamo dalla macchina in fondo alla Val Veny...

Bello ma triste.
Sarà forse perché io mi identifico col vecchietto...
Caro davide, mi hai fatto venire il magone, e non sto a dire tutte le ragioni...
:(

Non era mia intenzione rattristare nessuno, me ne dispiaccio sinceramente.
Non volevo fare un ritratto di un uomo triste, perchè di fatto Sandro non lo è per niente.
E' un uomo dai radicati convincimenti e dalla forte personalità, schivo e timido come i camosci che per anni ha cacciato.
Un perfetto esempio di autosufficienza "totale".
Non si è mai sposato e ha sempre vissuto assaporando come pochi l'ambiente in cui è nato e ha vissuto.

Almeno una volta all'anno ci vediamo, nonostante non abbiamo avuto più occasione di fare un giro assieme.
Beviamo un bottiglia di rosso a casa sua e non ha mai accettato l'invito di venire da noi, che abbiamo una casa una cinquantina di kilometri più in là.

Ci ha raccontato che aveva un caro amico, probabilmente l'unico, con il quale andava a caccia di camosci (naturalmente la quota che competeva loro) e a cercare cristalli al Triolet o in un altro posto che non ci vuole rivelare.
Questo suo amico catturava spesso le vipere, anzi era un fanatico di questa pratica, finchè un giorno è stato morso.
Sandro dice testualmente che da quel morso non si riprese mai più.
Passò un anno tra febbri ricorrenti e malessere, finchè un giorno lo trovarono morto nel suo letto.
Da allora la vita "sociale" di Sandro è finita.

Ancora oggi passa una settimana di "ferie" in giro per le montagne, dormendo spesso all'aperto per respirare meglio, questa è la sua espressione, l'odore dell'aria.

Per noi è un amico discreto al quale vogliamo sinceramente bene.
Quest'anno ha compiuto 77 anni e per festeggiare (tra l'altro siamo nati lo stesso giorno, il 19 luglio) ha passato 5 giorni da solo in Valpelline girando per lungo e in largo la valle, rigorosamente a piedi e facendo pochissimo rumore.

Caro Falco, io ho qualche anno meno di te, ma ho dei ricordi che mi uccidono.
Sappi che forse, dico forse senza la minima presunzione, ti capisco.
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Messaggioda Falco5x » mer ago 20, 2008 20:21 pm

Davide62 ha scritto:Non era mia intenzione rattristare nessuno, me ne dispiaccio sinceramente.
Non volevo fare un ritratto di un uomo triste, perchè di fatto Sandro non lo è per niente.
E' un uomo dai radicati convincimenti e dalla forte personalità, schivo e timido come i camosci che per anni ha cacciato.
Un perfetto esempio di autosufficienza "totale"....
Caro Falco, io ho qualche anno meno di te, ma ho dei ricordi che mi uccidono.
Sappi che forse, dico forse senza la minima presunzione, ti capisco.

Non preoccuparti, la tristezza è un sentimento a volte inevitabile.
Il personaggio che hai descritto è meravigliosamente positivo, la sua filosofia invidiabile... però è solo. Io non sono solo fortunatamente, ma alcuni miei ricordi mi fanno solo perché non posso condividerli tutti con qualcuno, soprattutto se questo qualcuno non c'è più oppure ha cambiato strada.
E più si procede negli anni più si diventa soli perché si accumulano ricordi, come anche tu, mi pare di capire, ben sai.
Il tuo personaggio, per quanto indipendente, dal tuo racconto si capisce che aveva molto più bisogno di voi che voi di lui, almeno inizialmente.
Forse era un po' stanco di essere solo.
Io in questo forum mi sto facendo degli amici che sono molto più giovani di me, li chiamo che mi aspettino... come il tuo vecchietto ha fatto con voi sulla morena...
:wink:
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Messaggioda Siloga66 » mer ago 20, 2008 20:23 pm

I primi anni in cui arrampicavo, un giorno scendendo io ed un amico dalle Torri del Sella, incontriamo un signore attorno ai 50 anni. Era incuriosito da noi e ci chiese che via avevamo fatto. Rispondemmo "la Schober-Rossi alla 1a Torre". Ci disse allora che anche lui arrampicava anni addietro, solo che abitava molto lontano dalle montagne. Venne con noi al rifugio a bere qualcosa ed io lo invitai ad aggregarsi a noi 3 giorni dopo, per la Jahn alla Terza Torre. Il tizio, persona estremamente distinta rispose che sarebbe venuto ben volentieri e ci demmo appuntamento per le 7 di mattina qui in zona, dove lui aveva un appartamento per le vacanze. Il giorno prefissato, io e Massimo ci presentammo alla porta e suonammo il campanello. La porta si aprì e comparve il tizio con un fucile in mano. Inizialmente mi spaventai alla vista dell'arma, ma subito si scusò con noi e disse che lui da sempre doveva prendere alcune precauzioni nella vita. Durante il viaggio e nella giornata sulla Jahn, ci spiegò che era un magistrato e che risiedeva (e lavorava) in calabria. A causa del suo lavoro, era costretto a tenere sempre in casa un fucile e quando era in giro aveva sempre con sè una pistola. Quando seppi il suo nome, scoprì che era persona piuttosto nota in Italia. Per molti anni, noi 2 poco più che ragazzini, tenemmo un ottimo rapporto con questa persona e quando era qui in zona, subito mi telefonava per arrampicare. Arrampicava solo da secondo ma arrampicava discretamente. Aveva sempre lo zaino, perchè nella patella alloggiava fissa una pistola.
Può sembrare il racconto di un film, ma vi assicuro che è tutto vero.
Passano le mode ma in Germania la moda dei calzini con i sandali passerà mai.
Ma i tedeschi son fighi lo stesso.
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