Drugo Lebowsky ha scritto:savsav ha scritto:Personalmente il livello di rischio di una via lo indicherei indipendentemente dalle difficolta' tecniche..
...
concettualmente potrebbe avere un senso.
ma entrano in gioco tante di quelle variabili oggettive e soggettive che credo sarebbe difficilmente realizzabile.
quali dovrebbero essere i caposaldi di riferimento?
... già vedi che i vari S1,23456...che forse sarebbero la cosa più facile da "catalogare", sono estremamente diversi da guida a guida a seconda di come il concetto sia stato interiorizzato dal compilatore...
e sì che i parametri dovrebbero essere oggettivi...

Per le protezioni/proteggibilità esiste almeno un parametro oggettivo (la distanza in metri tra le protezioni). Ed è già una bella informazione, anche se non sai se c' è la cengia, lo spuntone etc etc per cui un volo più corto potrebbe essere più dannoso di uno più lungo...
Comunque, tanto più la via è sportiva, tanto più ha senso catalogarla. Se invece è su terreno d' avventura la cosa più importante è dare le indicazioni per non perdere il tracciato.
Il discorso di tacere informazioni per aumentare il senso di avventura mi sembra solo una boutade. Infatti già solo il fatto di ripetere una via viene motivato dal fatto di averne avuto notizia, di sapere che è bella, che ha un certo tipo di impegno etc etc. Quello che dice roberto è il caso di chi vuole aprire una via e, fortuitamente, senza saperlo, si trova a ripeterne un' altra. Infatti tutti stiamo istintivamente pensando al caso (temuto) di affrontare una via poco nota e scoprire che l' impegno è superiore a quello che siamo disposti o capaci di mettere. Ma stiamo dimenticando il caso opposto: affrontare una via con poche informazioni e scoprire che è molto più facile del previsto, che è proprio una cagata. Quanti avrebbero il coraggio di dire che sono soddisfatti, che anche così il loro senso di avventura è stato appagato? Noi arrampicatori siamo molto ipocriti quando incensiamo il gusto della scoperta e del confronto con l' ignoto. In realtà il nostro egocentrismo allude alla "scoperta" -di quanto sono bravo- e al confronto con l' "ignoto"-del mio limite-.