Grazie a tutti per la bella accoglienza
Adesso però, visto che io un po' vi conosco grazie alla lettura dei vostri precedenti post mentre voi non conoscete me, mi piacerebbe darvi qualche dettaglio sulla mia storia alpina, sperando di non risultare troppo prolisso (so di esserlo?).
Gli anni '60 sono stati teatro delle mie prime escursioni, rifugi in prevalenza e sempre in Dolomiti.
A vent'anni qualche "alta via", prime ferrate e vie normali (mai sopra il I°+), sempre con pochi e fidati amici, il tutto effettuato in condizioni miserabili e autoflagellatorie che oggi risulterebbero incomprensibili: vestiti con i peggiori stracci, zaini militari "a palla", mangiavamo il contenuto di scatolette immonde (una pastasciutta in rifugio era considerata un lusso esagerato), e per colazione latte in polvere causa di spropositate fermentazioni intestinali, se c'era bel tempo si dormiva fuori sotto mantelline militari strappate e dentro sacchi a pelo residuati di guerra, molto più pesanti che caldi.
Per la montagna avevamo un rispetto forse esagerato, per cui se da un lato ci ponevamo limiti invalicabili riguardo alla difficoltà e all'esposizione dei percorsi, dall'altro ci bastava poco per trarne emozioni esaltanti, da allora mai più provate.
Più avanti, fino all'80, fu l'epoca del "fuori stagione", con esperienze di scialpinismo da comica finale e notti gelide passate dentro casere "trovate aperte", consolate soltanto dalla presenza di qualche rara femmina fattasi ruspante per amore (di solito però duravano poco?).
Negli anni '90 ecco la scoperta dell'escursione solitaria, fuori sentiero, alla presa di forcelle assurde o naufragando in mari di mughi.
Adesso ogni tanto mi piace accompagnare qualcuno poco pratico di montagna aiutandolo a scoprire l'emozione del camminare lungo tragitti non troppo scontati, un modo per me di ravvivare esperienze già vissute mantenendole attuali.
Ciao!
Chuck Norris ha contato fino a infinito. Due volte.