Ho potuto rileggere solo ora quanto scritto in questo topic e c?è qualcosa che non mi quadra?
Allacciandomi alle ultime parole di Roberto, graduatorie nelle mie salite non posso e non riesco a farne nemmeno io. (tu riusciresti a farlo delle tue?)
continuando, trovo anche difficilissimo se non impossibile provare a stabilire quali siano le salite o il metodo migliore di approccio per arrivare a soddisfare al meglio la propria ricerca di?solitaria!
Personalmente ogni esperienza di vie fatte in solitaria è figlia del suo momento e del mio modo di essere in quei momenti.
L?andare in solitaria rispecchia ampiamente il nostro modo di essere, i nostri stati d?animo, e secondo me questi aspetti non sono uniformi ed allineati ad uno schema.
Variano, si modificano, a volte si allontanano da ciò che credo d?essere, altre ancora ritornano, non di rado mi stravolgono ed il più delle volte mi lasciano in riflessione.
Il mio modo di andare in montagna ne risente di questo, soprattutto la scalata in solitaria.
Per questo ripeto, in una persona che ne sente il richiamo non penso possa esserci un singolo modo per arrivare a trovare? ?l?essenza della solitaria? (scusatemi, riesco solo a chiamarlo così quello che trovo).
Mi permetto di mostrare qui sotto due esperienze che ho vissuto e che possono rappresentare l?una l?esatto contrario dell?altra?
A sinistra, la Nord-Ovest della Civetta vissuta in inverno ed in solitaria (la foto è estiva) e cioè:
una via lunga, in condizioni difficili, fatta in tempi lunghi, con il materiale necessario (33 kg di zaino

), auto-assicurandomi (col Grigi modificato

), in completa solitudine x più giorni, etc,etc?
Sulla destra, l?altra faccia della medaglia dell?andare da solo, l?altro mondo?e cioè:
in piena estate, senza materiale, senza assicurazione alcuna, senza tempi lunghi ma in un susseguirsi di movimenti e pensieri cavallerizzi, incontrando anche altra gente sulle montagne ed alla base, etc,etc?
come si nota l?anno era lo stesso, la persona anche, ma le esperienze completamente opposte tra loro.
Sarei in difficoltà se mi chiedessero in quale ho vissuto di più la solitaria, so già che non darei risposta!
Le sensazioni della solitaria sono dentro di noi, non le si possono misurare o quantificare nei luoghi, nei dislivelli, nei tempi impiegati per percorrerli, nei metodi utilizzati, nei gradi superati?insomma, con degli aspetti facilmente catalogabili.
Il fulcro è riconoscere se lo si sta facendo per sè o per altro/i
Certe sensazioni si materializzano con dei contorni temporali e materiali ampiamente sfumati.
A volte non bastano giorni interi di completa solitudine per avvertire quell?incredibile sensazione di catarsi fra fisico, spirito e mente che sprigiona un?immensa energia (non fisica ma interiore) al solitario.
Altre volte invece, è sufficiente una via di pochi tiri o metri, magari anche con qualcuno nelle vicinanze, per riuscire lo stesso ad eclissarsi dal mondo intero e sentirsi in quella bolla immaginaria ?dell?essenza della solitaria? in cui non c?è più spazio ne tempo?
Insomma,
secondo me il metodo e la formula magica per vivere e cogliere dal solitario certe sensazioni non può avercela nessuno

,
la cosa bella?è che le sa riconoscere? ed in quei momenti se ne può fregà de meno

se è su una parete in culo al mondo o sugli appigli dietro casa?
in quel momento è pieno di quell?energia interiore che trova?dentro la sua ?essenza?...
è una magia e questo gli basta...
Ad ognuno la sua?
