pensare troppo fa male

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pensare troppo fa male

Messaggioda PIEDENERO » mer gen 08, 2014 15:52 pm

oggi, ascoltando questo, mi hanno detto che pensare troppo fa male. :lol:


[youtube]http://www.youtube.com/v/jal1dE4k334[/youtube]
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Messaggioda Pyotr » mer gen 08, 2014 16:58 pm

Meno meno male che ama Totò Riina.
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Messaggioda PIEDENERO » mer gen 08, 2014 17:17 pm

Pyotr ha scritto:Meno meno male che ama Totò Riina.

Meno male che, magari, ama anche te.
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Messaggioda Pyotr » mer gen 08, 2014 17:24 pm

Dai Piedenero la mia voleva essere solo una facezia per stemperare i toni gravi di quel discorso.
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Messaggioda PIEDENERO » mer gen 08, 2014 23:04 pm

Va bene, ma un commento su ciò che dice?
In alcune cose mi spiazza. Fa crollare quelle convinzioni che tutti abbiamo, attraverso ragionamenti quasi banali.
Comunque, almeno lo hai ascoltato.
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Messaggioda Pyotr » gio gen 09, 2014 0:06 am

Per certi aspetti è vero, trovo che il merito del suo discorso sia di indurre alla riflessione. Tocca certi aspetti che uno dà molte volte per scontati e anche se non condivido in toto, anzi, sono molto lontano dalle sue posizioni su alcuni argomenti, quantomeno induce ad usare il cerebro, che di questi tempi sembra essere strumento poco conosciuto.
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Messaggioda pesa » gio gen 09, 2014 11:28 am

dovendo a tutti i costi fare una critica, cioè sforzarmi di trovare un difetto nel ragionamento, mi viene in mente soltanto una cosa. forse anche un po' marginale:

non è perchè qualche entità grigia ci vuole controllabili e sottomessi che viviamo come viviamo e pensiamo come pensiamo. quelle stesse eminenze soffrono della stessa identica malattia di tutti gli altri, derelitti compresi.

E', credo, che almeno in ocidente, nessuno ti insegna cosa fare del tempo che passi fuori dal mondo. Riuscire a fermarsi e non sentirsi persi, è per pochi.
Quando ci penso, mi vine sempre in mente un mio amico di gioventù, che non sapeva nuotare bene. O meglio, come gli squali, che se si fermano vanno a fondo, anche lui per stare a galla doveva nuotare in contiuazione. Entrava in acqua, si tuffava, si metteva a nuotare, e come una paperella a molla faceva il suo giretto fino a tornare a riva. senza mai fermarsi.

Bisognerebe imparare a galleggiare stando fermi (cioè senza lavorare, o stantuffare, o leggere, o arrampicare.. etc). MA il mondo, da chè si nasce, ti dice il contrario. Che se sei vivo devi muoverti. Anzi, che più ti muovi più sei vivo... Peccato che il mondo sia fatto di gente che di sè stessa, di solito, sa molto poco.

E così passa il tempo. Nuotando in torno, senza mai trovare il tempo o il coraggio di fermarsi un po'. E passa la vita, senza che neanche una volta capiti di vedere come la forma delle cose cambi quando le si guarda da fermi.
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Messaggioda coniglio » gio gen 09, 2014 12:25 pm

pesa ha scritto:dovendo a tutti i costi fare una critica, cioè sforzarmi di trovare un difetto nel ragionamento, mi viene in mente soltanto una cosa. forse anche un po' marginale:

non è perchè qualche entità grigia ci vuole controllabili e sottomessi che viviamo come viviamo e pensiamo come pensiamo. quelle stesse eminenze soffrono della stessa identica malattia di tutti gli altri, derelitti compresi.

E', credo, che almeno in ocidente, nessuno ti insegna cosa fare del tempo che passi fuori dal mondo. Riuscire a fermarsi e non sentirsi persi, è per pochi.
Quando ci penso, mi vine sempre in mente un mio amico di gioventù, che non sapeva nuotare bene. O meglio, come gli squali, che se si fermano vanno a fondo, anche lui per stare a galla doveva nuotare in contiuazione. Entrava in acqua, si tuffava, si metteva a nuotare, e come una paperella a molla faceva il suo giretto fino a tornare a riva. senza mai fermarsi.

Bisognerebe imparare a galleggiare stando fermi (cioè senza lavorare, o stantuffare, o leggere, o arrampicare.. etc). MA il mondo, da chè si nasce, ti dice il contrario. Che se sei vivo devi muoverti. Anzi, che più ti muovi più sei vivo... Peccato che il mondo sia fatto di gente che di sè stessa, di solito, sa molto poco.

E così passa il tempo. Nuotando in torno, senza mai trovare il tempo o il coraggio di fermarsi un po'. E passa la vita, senza che neanche una volta capiti di vedere come la forma delle cose cambi quando le si guarda da fermi.


sono sostanzialmente d'accordo
tranne su questo


in ocidente, nessuno ti insegna cosa fare del tempo che passi fuori dal mondo



non troverai nessuno che te lo insegna.
e anche se lo trovassi, un tanto vanificherebbe l'autentico percorso
verso la "vera scoperta"...

il discorso è molto molto ampio
dovremmo capire innanzitutto cos'è reale, cos'è davvero il mondo ecc.
l'argomento mi appassiona davvero tanto...
e lo considero - non scherzo - di vitale importanza.
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Messaggioda pesa » gio gen 09, 2014 12:39 pm

certo.

però esiste l'esempio.
ed il quadro filosofico-culturale di riferimento può aiutare oppure remare contro.

quello che la nostra tradizione ci tramanda è "non taccarti che gesù bambino piange"...
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Messaggioda Pyotr » gio gen 09, 2014 19:02 pm

Ho riascoltato l'intervista, per vedere se mi era sfuggito qualche particolare o passaggio importante. Ho trovato che fino a 3/4 del discorso sia una pars destruens di tutte le convinzioni più comuni, condivisibile o meno, mentre il restante quarto sia una pars costruens secondo quel principio dell'essere umano. Trovo però che ricostruendo il pensiero dalle ceneri di quello appena distrutto, costui si tragga un po' in contraddizione, specialmente su quello che lui chiama il "fare" definendolo come una cosa meravigliosa, quando in precedenza aveva sviluppato una teoria sostanzialmente negativa del lavoro, che a mio modo di vedere, qualsiasi esso sia, è inscindibilmente legato al fare. Ora, sono io che ho perso dei pezzi oppure è veramente una contraddizione? Cosa ne pensate?
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Messaggioda PIEDENERO » gio gen 09, 2014 21:07 pm

Non c'é contrddizione, anzi.
Il lavoro che ovviamente é fare, ha per lui un'accezione negativa. Una due ore al giorno al massimo.
Il lavoro é la massima espressione del potere e ha conseguenze devastanti.
É vero che porta come esempio il suo "lavoro" ma il si tratta di espressione artistica, é un regista.
Andrebbe approfondito meglio il concetto di fare. Ma penso che non sia difficile darne un'interpretazione. Fare é anche mettersi in gioco per conoscere meglio se stessi e gli altri.
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Messaggioda Pyotr » ven gen 10, 2014 8:00 am

Se così fosse allora, a mio modo di vedere, viene sminuito l'essere umano in toto in quanto questi si esprime necessariamente in ciò che fa e che produce, continuando così quell'attività divina che è la creazione. Lavorare solo una o due ore al giorno sembra quasi un inno ad una vita, non dico oziosa ma, tutto sommato, contemplativa. È giusto restare fermi per alcuni momenti al giorno dedicandosi alla riflessione su quanto ci sta intorno, ma non vorrei che ciò si tramutasse in una abitudine che astragga del tutto l'uomo dalla realtà in cui è stato calato e in cui è tenuto ad agire.
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Messaggioda coniglio » ven gen 10, 2014 8:05 am

Pyotr ha scritto:Se così fosse allora, a mio modo di vedere, viene sminuito l'essere umano in toto in quanto questi si esprime necessariamente in ciò che fa e che produce, continuando così quell'attività divina che è la creazione. Lavorare solo una o due ore al giorno sembra quasi un inno ad una vita, non dico oziosa ma, tutto sommato, contemplativa. È giusto restare fermi per alcuni momenti al giorno dedicandosi alla riflessione su quanto ci sta intorno, ma non vorrei che ciò si tramutasse in una abitudine che astragga del tutto l'uomo dalla realtà in cui è stato calato e in cui è tenuto ad agire.




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Messaggioda Pyotr » ven gen 10, 2014 8:26 am

Cosa non ti convince Coniglio?
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Messaggioda grizzly » ven gen 10, 2014 13:20 pm

Mi viene in mente, leggendo, la storia di Diamantino... sapete chi era?
«Oggi vi voglio raccontare la storia di Diamantino, come io stesso la udii, molti anni or sono? Diamantino era un piccolo cavallo nato in una miniera carbonifera di un bacino inglese. Sua madre ? povera cavalla! ? dopo aver trascorso i primi e più begli anni della sua vita sulla superfice della terra, soleggiata e allietata dal sorriso dei fiori, tra i quali garrulo scherza lo zeffiro, era stata adibita al traino dei vagoncini di minerale, a qualche centinaio di metri sotto terra.
Diamantino fu generato così, tra la fuliggine, nel nero dell?aspra fatica, e non vide mai, l?infelice, i fiorellini dei prati e non nitrì mai, nell?esuberanza giovanile, agli zeffiretti profumati di primavera.
E non volle neppur mai prestare fede alle bellissime descrizioni che la mamma gli andava, di volta in volta, facendo delle bellezze, della luminosità, dei freschi e grassi pascoli che allietano il genere equino sulla superfice sublunare del mondo...
Diamantino credette sempre di essere bellamente preso in giro dalla rispettabile genitrice, e morì fra la fuliggine e la polvere di carbone, convinto che le stelle, il sole, la luna fossero fantasmi nati nel cervello un po? tocco della stanca e affaticata trainatrice di vagoncini?»
(A. Gramsci, Avanti!, ventun gennaio millenovecentodiciotto...)

Siam sempre tanti Diamantini, si riuscirà mai a credere nei sogni... e non ai fantasmi? Chissà, chissà...
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Messaggioda PIEDENERO » sab gen 11, 2014 9:55 am

Pyotr ha scritto:Se così fosse allora, a mio modo di vedere, viene sminuito l'essere umano in toto in quanto questi si esprime necessariamente in ciò che fa e che produce, continuando così quell'attività divina che è la creazione. Lavorare solo una o due ore al giorno sembra quasi un inno ad una vita, non dico oziosa ma, tutto sommato, contemplativa. È giusto restare fermi per alcuni momenti al giorno dedicandosi alla riflessione su quanto ci sta intorno, ma non vorrei che ciò si tramutasse in una abitudine che astragga del tutto l'uomo dalla realtà in cui è stato calato e in cui è tenuto ad agire.

Probabilmente non ti é chiara la differenza tra il fare ed il lavorare.
Il fatto di lavorare poche ore, ed é questo un punto cruciale del suo discorso, non solo é possibile ma ti permette finalmente di VIVERE.
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Messaggioda PIEDENERO » sab gen 11, 2014 10:03 am

grizzly ha scritto:Siam sempre tanti Diamantini, si riuscirà mai a credere nei sogni... e non ai fantasmi? Chissà, chissà...


Chissà! :wink:
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Messaggioda Pyotr » sab gen 11, 2014 11:25 am

@ Piedenero
ecco, qui sta il punto. Cos'è VIVERE? Cosa vuol dire? Sono curioso di sapere la tua interpretazione a riguardo.
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Messaggioda Sbob » sab gen 11, 2014 11:29 am

Discutere sul lavorare poche ore al giorno è facile quando in quelle poche ore vieni pagato abbastanza per vivere bene...
Se lo stesso discorso lo fa Nino er fruttarolo posso crederci un po' di più.
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Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » sab gen 11, 2014 12:03 pm

Pedantemente riporto:

"La contrapposizione fra otium ("ozio") e negotium ("attività lavorativa") è concepita, nella tradizione classica, come una necessaria alternanza fra gli svaghi e gli impegni della vita pubblica. Il termine negotium è composto da nec e otium e significa letteralmente "non ozio": «nostrum autem otium negotii inopia, non requiescendi studio constitutum est» (Cicerone, De officiis, III 1: "il mio ozio, invece, è imposto non già dal desiderio di quiete, ma dal non aver più nulla da fare"). Il tema topico dell'otium litteratum, ovvero l'ozio dedicato ad attività culturali, alle humanae litterae, è teorizzato ancora da Cicerone nelle Tuscolanae disputationes: «quid est autem dulcius otio litterato? is dico litteris, quibus infirmitatem rerum atque naturae et in hoc ipso mundo caelum terras maria cognoscimus» (V 36: "cosa c'è di più dolce dell'ozio letterario? Alludo a quegli studi per mezzo dei quali arriviamo a conoscere l'infinita natura, e il cielo e la terra e i mari, mentre siamo ancora nel mondo"). Già nella fondazione classica di queste categorie l'otium rimanda alla solitudine, intesa come dedizione alla vita contemplativa, perché «otium sine litteris», dice Seneca, «mors est et hominis vivi sepultura» (Ad Lucilium, X 82: "Il riposo senza gli studi è anch'esso morte, è sepoltura di un uomo vivente"). L'esaltazione della vita ritirata, il desiderio dell'otium come occasione di riflessione e di studio è oggetto di una delle più celebri opere di Petrarca, il De vita solitaria. Ad un'esistenza immersa nel caos e nel frastuono cittadino, il poeta contrappone l'isolamento e la pace della campagna, che consente la pratica di un otium interamente consacrato alla lettura e alla scrittura, in un costante colloquio con gli Antichi e le loro opere. L'ozio ha una doppia accezione, sia positiva che negativa (in questo caso si chiama otiositas), così definita da Polyanthea: «quum quis quiete necessaria saluti corporis accepta, vacat ab aliquo opere spirituali vel corporali, et est filia acediae» ("quando qualcuno, raggiunta la quiete necessaria alla salute del corpo, resta senza fare niente di spirituale o materiale, ed è figlia dell'accidia"). L'ozio è dunque correlato al vizio dell'accidia, affine alla pigritia ("pigrizia"), all'inertia ("indolenza"), alla fatigatio animi ("stanchezza d'animo"). Continua Polyanthea: «Otium est vacatio a labore, cuius contrarium negotium est. Aliquando otium pro literarum studio capitur» ("L'ozio è sospensione del lavoro, e il suo contrario è l'attività. Talvolta si ozia per dedicarsi agli studi letterari"). Come condizione perniciosa di inattività e di inoperosità, l'ozio è stigmatizzato da Alberti nei Libri della famiglia: «El grembo degli oziosi sempre fu nido e cova de' vizii; nulla si truova tanto alle cose pubbliche e private nocivo e pestifero quanto sono i cittadini ignavi e inetti. Dall'ozio nasce lascivia; dalla lascivia nasce spregiare le leggi; dal non ubbidire le leggi segue ruina ed esterminio delle terre» (II 70). Ma sempre l'Alberti parla di «onestissimo ozio» (III 290), in riferimento all'otium umanistico dello studiolo: come sinonimo di attività intellettuale, l'ozio rimanda a quei gentiluomini che, presso le corti di Antico Regime, si occupano di lettere per acquisire fama e benefici, cioè onore e utile. In questo senso l'ozio diviene quindi occupazione onesta e pertanto onorata. Una connotazione negativa ha lo stare in ozio per Machiavelli, poiché in esso si annida il pericolo, il rischio della rovina dello stato: «perché la cagione della disunione delle repubbliche il più delle volte è l'ozio e la pace; la cagione della unione è la paura e la guerra»(Discorsi sopra la prima decade di Tito Livio, II 25). Significativa, a questo proposito, è la seguente affermazione di Castiglione: «però è ancora officio del bon principe istituire talmente i populi suoi, e con tai leggi ed ordini, che possano vivere nell'ocio e nella pace senza periculo e con dignità e godere laudevolmente questo fine delle sue azioni che deve esser la quiete» (Libro del Cortegiano, IV 27). Ma è sempre Castiglione ad affermare che «l'ocio troppo facilmente induce mali costumi negli animi umani» (IV 28). Come vizio sociale è condannato nei Ricordi di Saba da Castiglione, nel capitoletto intitolato "Cerca a fugire l'ozio", dove riprende una persuasione proverbiale: «Per esser l'ozio da ciascun dannato e vituperato come fomento e ministro di ogni vizio, di continuo il fuggirete, come nemico capitale di ogni virtù». Questa immagine negativa dell'ozio sostituisce, nel Cinquecento della Controriforma, l'ideale umanistico, e infatti l'immagine prodotta dall'Iconologia di Ripa corrisponde a un comportamento tutto vizioso, nei dettagli iconografici: «Giovane grasso, in una caverna oscura, sedendosi appoggiato col gomito sinistro sopra d'un porco che stia disteso in terra, e con la medesima mano si gratti il capo; sarà tutto sonnacchioso». Ripa ricorda, poi, i seguenti versi di Ariosto, in cui è presentata una simile allegoria dell'ozio: «In questo albergo il grave sonno giace; / l'ozio da un canto corpulento e grasso» (Orlando furioso, XIV 93)".
Paola Cosentino
Riferimenti bibliografici
Beer, Marina. L'ozio onorato. Saggi sulla cultura letteraria italiana del Rinascimento. Roma: Bulzoni, 1997

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