EvaK ha scritto:Intendevo dire che si è iniziato ad arrampicare, nella storia, per salire le montagne. Solo in un secondo tempo l'arrampicata ha iniziato ad interessare in quanto gesto (fine a se stesso) slegato dal concetto di conquista della parete. Il mio non era affatto un giudizio di valore. Anzitutto non mi permetterei mai. Come ho scritto altre volte sul forum, credo ci voglia per fare falesia o boulder in modo "serio" una testa pari a quella che serve per fare vie alpinistiche. Provare e riprovare vie e passaggi al limite, mettere insieme i movimenti, accettare le giornate no.... ok non c'è la strizza del chiodo lontano o del non capire dove va la via. Ma se ti impegni a fare dell'arrampicata sportiva dai tutto te stesso.
Allora mi pare di capire che quello che pensi differisce da quello che leggo. Tu scrivi:
La maggior parte delle persone che inizia a scalare ora, frequenta per qualche mese le palestre indoor, per poi trasferirsi in falesia e infine, se proprio hanno coraggio ?da vendere? si buttano sulle vie sportive a spit, mentre la montagna, se verrà, sarà solo molto più avanti . Perché la montagna DEVE venire? Non può starsene in montagna se io voglio starmene in falesia o su un blocco?
Il passaggio qui sotto l'hai scritto in prima persona singolare ma il resto di quella sezione è "noi", "la mia generazione":
Se ho tempo, buon allenamento e un compagno fidato, posso recarmi sulla Cassin al Badile... se in quei giorni invece ci sarà brutto tempo in montagna, con il mio fidato compagno passeremo tre giorni in val di Mello su qualche ?classica? del Nuovo Mattino... se però il tempo sarà proprio instabile e non avremo ?voglia e testa? per metterci su qualche placca improteggibile andremo a fare monotiri attrezzati in falesia o magari a trascorrere una mattinata sui blocchi. Anche qui mi sembra di vedere sempre la disequzione di via alpinistica lunga e storica > via lunga > tiro in falesia spittao > blocco fuori > indoors. Non capisco perché certe cose devono essere un ripiego di altre. Personalmente, mi sono trovato in falesia con freddo e pioggia e in palestra col sole fuori. E mi andava benissimo così. Magari anche tu la pensi così ma non lo si deduce da quello che scrivi. L'articolo era leggermente/volutamente provocatorio?
Se sì, a questo punto ritiro fuori una cosa che avevo detto eoni fa. Secondo me c'è una differenza ABISSALE tra un Bonatti/Comici/Detassis etc che decenni fa aprivano vie sulle Alpi e gente che le ripete oggi con materiali completamente diversi, con le soste cementate, con le relazioni e con il cellulare comunque pronto in caso di sfighe. Ovviamente la ripetizione manca dell'elemento esplorativo da sempre, ma i rischi di oggi sono molto diversi, il "commitment" è diverso.
Invece, secondo me, c'è molta poca differenza tra un Edlinger che chioda e libera un monotiro negli anni 80 (nel caso non fosse il primo tiro di un grado "nuovo") e qualcuno che lo ripete oggi. I mezzi sono grossomodo gli stessi (ok, c'è un po' più di conoscenza dell'allenamento oggi) quindi secondo me il "valore" di una ripetizione in falesia è molto alto e definirlo "gesto fine a se stesso" mi sembra davvero riduttivo. Allora anche la via di più tiri (dati gli elementi moderni che ho elencato prima) diventa un "gesto fine a se stesso", solo di più tiri.
Invece, mi piace pensare ad entrambe le cose come dei banchi di prova delle mie capacità. Se vado in falesia/palestra mi chiederò "avrò le dita, la pompa e la testa di chiudere quel tiro?". Se vado in montagna, lo faccio chiedendomi "avrò la testa di fare tutto da primo, a sbrigarmi per non fare le doppie di notte etc".
Non riesco davvero a vedere una ripetizione di una via storica come un gesto romantico del tipo "ah, la paretomachia, conquisto la parete, esploro l'ignoto, trionfo sulla natura", non al giorno d'oggi, a meno che vada con le corde di canapa, gli scarponi del nonno e lasciando il cell in macchina. Allo stesso modo, non vedrò mai una sortita in falesia come uno scimmiottamento dell'alpinismo.
È vero che l'arrampicata sportiva è derivata dall'alpinismo, ma non vuol dire che quest'ultimo ne debba essere il metro di giudizio. Tremo ancora nel ricordare uscite del tipo "Sì, il signorino X potrà anche chiudere quello che vuole in falesia, ma nella storia dell'alpinismo passerà come un triste figurante".
Ti credo se mi dici che è così anche per te, ma dati i passaggi dell'articolo che ho messo in corsivo, mi sembra di capire che nell'articolo proponevi un'idea diversa. Ripeto, era provocatorio (il che ci sta)?
Eh no... ti manca una tappa della storia dell'alpinismo su roccia: i primi pionieri non piantavano chiodi, anzi, ci sono state tante dispute sull'uso dei chiodi a inizio Novecento. Di certo non salivano il sesto grado, ma scalavano da sosta a sosta senza mettere niente. Il chiodo, come lo spit, ci ha messo del tempo per essere accettato.
Chiedo venia, non sapevo. Hai dettagli più precisi (nomi, articoli, link sugli interwebz), così rimedio?[/i]