PIEDENERO ha scritto:
Viviamo una contraddizione, da una parte esaltiamo e ammiriamo chi compie imprese estreme dall?altro facciamo le pulci su come posizionare
aggiungo:
il casco in falesia è meglio averlo in testa, lo so, ma io non lo porto mai!perchè? !
Il rapporto che abbiamo con il rischio ha ben poco di razionale.
Ho letto da qualche parte, mi sembra sul sito di Albanesi, la definizione dell'alpinismo come "sport irrazionale", e in linea di massima sono abbastanza d'accordo.
Domenica sono andato a fare un bel giro in mountain bike: mi sono ben bene stancato, visto bei panorami in piacevole compagnia, tornato giù presto senza patemi d'animo. Il prossimo we ho in programma, neve permettendo, una classica in montagna, e già mi prende lo stress...sarà protetta decentemente, i gradi non saranno troppo duri...con il retro pensiero che al minimo contrattempo o colpo di mona rischio di ammazzarmi o rimanere invalido.
Spontanea scaturisce la domanda: perché invece non vai al rifugio bianchet in bici, non ti mangi una bella fetta di torta e non vieni a casa senza tante menate?
Non so se ci sia una risposta che vale per tutti. Credo che ci siano diversi motivi che spingono i climber/alpinisti a fare quello che fanno:
C'è chi ricerca la sensazione del limite, l'esperienza adrenalinica di affrontare e superare il rischio
C'è chi vuole dimostrare qualcosa, a se stesso (come preferiamo pensare) o agli altri (cosa che nessuno ammette ma chissà se ce la contiamo giusta)
C'è una spinta controfobica, il voler affrontare qualcosa che ci respinge ma proprio per questo paradossalmente ci attira.
C'è anche la pressione del gruppo, se sei entrato in un giro dove le persone fanno questa cosa (e di solito lo fanno in modo abbastanza esclusivo) abbandonare l'arrampicata significa sostanzialmente emarginarsi e cercarsi un'altra compagnia.
Poi certo, si dirà, c'è la passione per la montagna. Ma, come si è detto, ci sono tanti modi di godersi le crode senza bisogno di rischiare le penne.
Sproloquievoli saluti
TSdG