D'estate, prima di partire per le vacanze vedo abbandonare un cucciolo in mezzo alla strada.
Lo raccolgo (sarebbe morto dopo qualche macchina...) e lo porto dove stavo andando.
Penso: ho un mese per trovare qualcuno che se lo prenda.Certo io non posso tenerlo... esco di casa alle 7,30 e ritorno la sera spesso dopo le 9... come farei?
Non se lo è preso nessuno.
L'ho chiamato flock, perchè assomigliava, sparuto e con la barbetta biancastra fin da cucciolo, al cane di un fumetto ambientato durante le guerre d'indipendenza americane: capitan mark, che si muoveva accompagnato da due strani figuri, un indiano chiamato gufo triste e un dottore ubriacone. Flock era il cane del dottore ubriacone, Mister Bluff. Secco come un chiodo, sempre affamato, l'indiano che lo prendeva sempre a calci.

I primi tempi, tornato al lavoro, cercavo ancora di trovargli una casa.
Lo portavo con me in macchina, al lavoro e lo riportavo la sera.
Poi mi sono abituato e ho visto che si poteva fare.
Certo, il mio luogo di lavoro lo permetteva.
I primi tre anni di convivenza sono stati simbiotici.
Ci capivamo con uno sguardo.
Quando mi sposai e mia moglie venne a vivere a casa mia ci fu bisogno di un periodo di assestamento per mettere a posto la linea gerarchica nel branco.
Poi, compresi i rispettivi ruoli e spazi, filammo d'amore e d'accordo.
Semplicemente, era parte di noi.
Quello che facevamo, qualunque cosa, si faceva se si poteva fare con Flock
E si poteva fare tutto:
Nottate in discoteca con lui in macchina...
Settimane bianche sulla neve in albergo o in appartamento...
Settimane in barca costa costa approdando per fargli fare i bisogni...
Lunghi giri escursionistici in montagna...
Quello che non si poteva fare non si faceva.
Erano poche cose... alberghi che non volevano cani... soprattutto.
Ma, d'altro canto, mica si può e deve far tutto, no?
Anche un figlio limita... molto ma molto più di un cane.
Quando aveva sette anni arrivò mia figlia. L'annusò e diventò parte del branco anche lei. La guardava con curiosità bonaria, come un cucciolo, appunto.
Io penso che valga la pena. Sempre.
Se uno è intelligente e riesce a capire che si ha a che fare con un essere vivente, diverso da se ma con la sua dignità, la sua intelligenza, la sua coerenza e i suoi valori...
si, lo so, sono completamente diversi dai nostri
quello che non bisogna fare è umanizzare il cane,
pretendere che pensi come noi.
siamo noi che dobbiamo pensare come lui
in modo chiaro e semplice
allora ti insegna qualcosa:
i suoi valori non sono per niente da buttare via...
tu sei il suo mondo, sei tutto per lui ed è disposto a tutto per te (tranne quando c'è odore in giro di cagnetta in calore ovviamente)
è rispetto,
è giustizia, è serenità, è gioia di vivere,
è amore.
Senza condizioni.
Di un genere che vale la pena d'incontrare, una volta nella vita.