da dags1972 » mer mag 24, 2006 13:36 pm
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Il ritiro dall’Iraq è una bufala: invece restiamo e costituiamo un Prt
Paolo Rolli, 23 maggio 2006
"E' intenzione del governo proporre al Parlamento il rientro dei nostri soldati" afferma il capo del governo Romano Prodi in riferimento alla missione in Iraq. "Italiani, restate: abbiamo ancora bisogno di voi perchè terrorismo e criminalità non dilaghino", è invece l'appello del governatore della provincia di Nassiriya, Aziz Al Ogheli. Ritiro o non ritiro, allora?
Il ritiro del contingente italiano non ci sarà, o meglio, si assisterà a nulla di diverso rispetto a quello che già il precedente governo aveva stabilito: un cambio di tipologia dell'impegno nazionale in Iraq, con un adeguamento dello strumento militare e una ridefinizione della missione "Antica Babilonia". A partire dal nome, che diventerà "Nuova Babilonia". A dispetto degli squilli di tromba e dei rulli di tamburo con i quali Romano Prodi sta annunciando di voler cessare l'impegno militare a Nassiriya, sostituendolo con un impegno "civile", a breve si assisterà solo al ridimensionamento del dispositivo militare: presenza indispensabile per dare vita a quel Provincial reconstruction team che inizierà a operare già dal mese di giugno.
E' impensabile - e sarebbe irresponsabile - infatti, che il governo italiano decida di mantenere a Nassiriya solo una presenza civile, costituita da funzionari ed esperti del ministero degli Esteri (Mae). Da qualche giorno nel capoluogo della provincia del Dhi Qar sono giunti alcuni rappresentanti del Mae, nocciolo di quello che diverrà il Prt italiano in quell'area, per la cui sicurezza e logistica, però, saranno necessari non meno di 600 militari - in pratica un reggimento - con i relativi mezzi e supporti.
Di fatto, quindi, il governo annuncia solamente a parole un rapido disimpegno militare dall'Iraq, mentre in concreto, volendo avviare un team di ricostruzione provinciale, la presenza di truppe sarà condizione indispensabile. Le parole di Prodi, dunque, devono essere lette solo in funzione del mantenimento della calma all'interno del suo eterogeneo esecutivo, per non irritare ulteriormente l'ala più radicale della compagine governativa, per la quale l'impegno in Iraq non sarebbe nemmeno dovuto iniziare. In tal senso si debbono leggere anche le parole "guerra" e "occupazione", pronunciate da Prodi nel suo discorso al Senato ad uso e consumo dei suoi alleati più estremisti. Parole che, è bene ricordarlo, stridono con la realtà dei fatti, in quanto l'Italia si è impegnata in Iraq, peraltro con una missione di carattere umanitario e di ricostruzione, ben dopo la fine del conflitto tra le truppe irachene di Saddam Hussein e quelle anglo-americane, e soprattutto dietro mandato delle Nazioni Unite. Senza contare i ripetuti e accorati appelli delle autorità irachene all'Italia, che invocano la prosecuzione dell'impegno.
Come si conciliano, allora, l'annuncio del ritiro e il programma di dar vita a un Prt? Semplicemente non si conciliano. Un Prt non può vivere senza un'adeguata presenza militare, come del resto insegna l'unica esperienza in tal senso finora avviata dal nostro Paese, quella in Afghanistan, dove nell'ambito della missione Nato Isaf, la presenza nazionale vede impegnati nel Prt di Herat, a guida italiana, 150 militari e cinque funzionari civili. Senza contare, tra l'altro, che i progetti di ricostruzione avviati e conclusi dall'Esercito sono di gran lunga superiori in numero e importanza rispetto a quelli del ministero degli Esteri.
Meramente funzionale a mantenere la tranquillità all'interno dell'esecutivo, dunque, appare il discorso del capo del governo, che dovendo salvare capra e cavoli, da un lato annuncia in maniera roboante il ritiro, mentre dall'altro è perfettamente consapevole che ciò non avverrà. A meno che non si voglia abbandonare l'Iraq in maniera totale, senza lasciarvi, quindi, né civili né militari. Del resto, proprio nei giorni scorsi, così come era stato programmato dal precedente governo, è iniziata la costituzione del Prt di Nassiriya, per permettere il funzionamento e la sicurezza del quale serviranno non meno di seicento militari.
"Nella prima decade di giugno ci sarà l'inaugurazione del Prt, che a metà dello stesso mese acquisirà la piena operatività", ha spiegato infatti Ugo Trojano, il funzionario designato dal ministero degli Esteri a guidare la nuova struttura con la collaborazione di due vice: un ufficiale italiano e un civile statunitense. Non cesserà, quindi, la presenza militare, come ha affermato anche il generale Natalino Madeddu, comandante della brigata Sassari e dell'Italian Joint task Force Iraq a Nassiriya, per dare continuità soprattutto agli impegni in ambito Cimic (Civil-military cooperation) e Ssr (Security sector reform).
Indirette conferme in tal senso sono giunte anche dall'ambasciatore italiano a Baghdad, Maurizio Melani, che proprio a Nassiriya, in occasione dell'ultima visita da ministro della Difesa di Antonio Martino al contingente là dispiegato, non ha parlato di ritiro, bensì di riduzione. "La forza militare andrà progressivamente riducendosi e, a fronte di questa riconfigurazione, c'è un'esigenza di continuare il sostegno sul piano civile - ha detto. Sono già stati predisposti gli interventi affinchè ciò si possa realizzare con la costituzione di un Prt che dovrà dare sostegno alle capacità organizzative e di 'governance’ delle autorità locali, accompagnando questa attività con l'attuazione di progetti concreti che siano di immediato beneficio per la popolazione".
tanti saluti e buone salite a tutti
Alberto Giacomo Letizia Elena e Daniele
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Un uomo rassegnato è un uomo morto prima di morire
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Al diavolo il futuro, nel futuro siamo tutti morti