Vi posto questo articolo che ho letto e che mi ha colpito profondamente, ditemi che ne pensate:
DOVE L'INNAMORAMENTO VEDE SE STESSO, L'UNIVERSO E IL PROPRIO AMORE IN UNA GOCCIA DI RUGIADA
Questo articolo non è pubblicità, non l'ho scritto perchè spero che dopo voi pensiate o facciate qualcosa basandovi su quello che state per leggere. L'ho scritto perchè avevo voglia di scriverlo, semplicemente.
Qualcuno di voi ha mai passato dei giorni in un rifugio di alta montagna senza corrente elettrica, acqua calda, riscaldamento?
Lì l'unico modo per tenersi caldi è accendere un fuoco nel camino di pietra, farlo scoppiettare allegro mentre i tuoi occhi si chiudono per la stanchezza di un giorno vissuto davvero.
La mattina dopo, quando ti svegli e cerchi di prepararti un caffè con una caffettiera che in realtà è un pentolino sbeccato e arrugginito, scopri che sotto la cenere il fuoco vive ancora, e che, paradossalmente, il cielo limpido è molto più freddo di quando è coperto dalle nuvole nere e minacciose.
Come il fuoco sotto la cenere, come il cielo dietro le nuvole, così la montagna è sempre stata in me.
Sono stato educato alla montagna e dalla montagna, dai suoi mille sorrisi raggianti di solesull'erba verde e sulla neve bianca, dai suoi mille schiaffi gelidi in pieno volto.
Una persona una volta mi disse che la montagna è come una donna bellissima, ma tradisce.
Alcuni di quelli che l'hanno amata troppo sono morti per questo amore, è vero. Lei li ha fatti morire.
Io mi sono reso conto di che cosa sia realmente la montagna solo durante una delle mie scalate estive di quest'anno: giunto al termine di una via piuttosto semplice (il suo grado di difficoltà è 6a, termine tecnico per indicare una via non semplice nè difficile) mi sono accorto che avevo inserito non corretamente la corda all'interno del moschettone di sosta. Era girata male, strusciava malamente contro la parete, ma non era un gran problema: era solo un'imprecisione, tutto qui, assolutamente non rischiosa nè per me nè per qualcuno dei miei compagni. Eppure mi bastò un istante per decidere che bastava girare il moschettone per far tornare la corda in una posizione "da manuale", e che lo avrei fatto.
Lo afferrai e, così facendo, lo aprii.
Non mi rendevo assolutamente conto che quella era la mia unica protezione, che tra il vuoto e me non c'era altro.
Appena ho messo a fuoco questo pensiero, ho spalancato la mano facendo tornare la chiusura in una posizione sicura.
Insomma, mi ero lasciato catturare tanto dai movimenti, dalla bellezza di quell'arrampicata che non pensavo più a ciò che era sicuro o meno. Fortuna che con me c'era Mirco il quale, appena si è reso conto di quello che stavo facendo, mi ha urlato di mollare tutto, minacciando macabre operazioni in punti del mio corpo molto delicati se avessi toccato di nuovo quella protezione.
Novanta scalatori su cento potrebbero portare esempi migliori di questo, ma ho voluto solo dimostrare quanto ci si possa innamorare, fino a che punto può arrivare l'amore per la montagna: quando cerco di superare un passaggio particolarmente difficile, e anche mentre mi alleno e davanti a me rivedo quelle pareti e sento l'odore del caldo e del freddo, il suono delle foglie sotto ai piedi, il movimento della natura che respira con me, ogni cosa scompare e restiamo solo io e l'attimo nel quale ogni cosa vive. In questo luogo riesco ancora a camminare con mio padre, qui esiste solo la natura in ogni suo manifestarsi e vivere, e qui io sono parte solo adesso della vita; ospite per pochi istanti del momento presente.
Null'altro.
Come dicevo all'inizio, questo articolo non è pubblicità, nè ha un fine pratico e preciso. Mi auguro solo di essere riuscito a farvi comprendere ciò che il mondo di oggi sta perdendo nelle sue mille frenesie: l'immagine di una goccia di rugiada che scende da una foglia verde e che racchiude in sè la luce del sole, tutti i luoghi dell'universo.
