da Roberto » mer feb 01, 2006 20:29 pm
Va bene, visto che siamo nell'odine delle confidenze, come Massimo e Maurizio, anche io ho un conto chiuso in anticipo e male con mio padre, morto giovane per malattia.
Una persona amata da tutti, con un carisma esagerato, che aveva troppo da fare per la famiglia e che ha rimandato per tutta la sua breve vita, il momento di dedicarcisi.
Questa "mancanza" mi ha segnato profondamente ed è per questo che, insieme a mia moglie, ho deciso di adottare un figlio: sentivo il bisogno di fare quello che non ha potuto fare mio padre... il padre, appunto.
Ma un ostacolo si frappone a questa mia esigenza di paternità: la mia sete di montagna, che mi prende a tal punto da farmi dimenticare i miei doveri.
Non riesco a prendere le distanze, a guardare con serenità l'alpinismo, continuo a perdermi appresso a nuovi progetti e sogni, dico sempre che questa è l'ultima, ma mi ritrovo a studiare la prossima salita lontano da casa.
Come è possibile che una passione possa portare lontano dai propri doveri?
Io mi do una risposta vecchia, semplicistica, ovvia: l'alpinismo, ad un certo punto, può diventare una droga, le dosi non bastano più e ogni volta si cerca un effetto più forte.
Per questo, volenti o nolenti, alpinisti famosi si trovano a fare sfide sempre più ardue, dimentichi di tutto e tutti, disposti a mettere in gioco ogni cosa, compresa la serenità di chi li ama, completamete assuefatti alla dipendenza da alpinismo.
"LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE"
L' unico modo per essere liberi è essere colti (J. Martì)