arrampicatori-alpinisti più influenti nella storia

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Messaggioda Maurizio » lun gen 30, 2006 20:08 pm

cialtrone ha scritto:E quindi, ecco, se nell'alpinismo (c***o, sto ismo...)
:-)


ti consiglio un pezzo di Robert Fripp e David Byrne che dovresti conoscere, Under Heavy manners. Ebbene il testo, cantato magistralmente da David, è articolato con una serie interminabile di parole che finiscono in "ismo" e che sono architettate in maniera di confonderti la mente, perchè in una sola parola è contenuto un universo di cose, e quando tu ci stai pensando è già arrivata la parola seguente. Alla fine c'è un tracollo e un urlo liberatorio di 47 aaaaaaa...poi solo: resta all'inferno, senza disperarti...ed infine un consiglio di risplendere in divergenza...

Una delle canzoni più profonde di Fripp, strano che Motti, da intenditore qual'era, non l'abbia mai citata... magari oggi saremmo ancora tutti felici di vederlo risplendere in divergenza...

Che c'azzecca questo con la top ten degli alpinisti più importanti...mah...mi domandavo però che ci facesse Cialtrone in questo post (???) :wink: :wink:

maurizio
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Messaggioda cialtrone » lun gen 30, 2006 21:04 pm

Maurizio ha scritto:..mi domandavo però che ci facesse Cialtrone in questo post (???) :wink: :wink:

maurizio
Manfatti! Me lo chiedevo anche io :mrgreen:
E' che Motti mi sta veramente a cuore. Un vero anti-ista. Un vero innovatore. Un vero scalatore.
Che ha scelto l'unico modo di morire sensato rispetto all'insensatezza di ciò che ci anima meccanicamente. Se vuoi, a suo modo, ha trovato "la divergenza".

Ciau neh?
cialtrone
 

Messaggioda Davide62 » lun gen 30, 2006 22:41 pm

Bonatti su tutti.
Messner
Edlinger

...........me a parte 8) :roll:
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Messaggioda riccardo_mn » mar gen 31, 2006 12:26 pm

Tre nomi sono troppo pochi.
Non bastano nemmeno per specialità e neanche addirittura per "periodo" dell'alpinismo, neanche definendo che cosa si intende per "influenti"...
Oltre a ribadire (ovviamente...) Hans Dulfer, aggiungerei ai già citati Mummery, Preuss, Comici, Bonatti, Messner, Edlinger e Gullich anche George Mallory, Giovan Battista Vinatzer e Royal Robbins.
Infine quanto a "influsso" pure Welzenbach ed una certa sua scaletta...
Riccardo

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Messaggioda bummi » mar gen 31, 2006 12:54 pm

riccardo_mn ha scritto:Tre nomi sono troppo pochi.
Non bastano nemmeno per specialità e neanche addirittura per "periodo" dell'alpinismo, neanche definendo che cosa si intende per "influenti"...
Oltre a ribadire (ovviamente...) Hans Dulfer, aggiungerei ai già citati Mummery, Preuss, Comici, Bonatti, Messner, Edlinger e Gullich anche George Mallory, Giovan Battista Vinatzer e Royal Robbins.
Infine quanto a "influsso" pure Welzenbach ed una certa sua scaletta...


Io ci aggiungerei anche Raimund Schinko, Hias Rebitsch, Rudi Fehrmann, George Livanos, Gaston Rebuffat, Emil Solleder, Domenico Rudatis, ecc.
Se continuiamo così, a tirare giù elenchi su elenchi, senza un minimo di commento questa discussione va in vacca. Siamo sulla buona strada... ;-)
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Messaggioda cialtrone » mar gen 31, 2006 13:15 pm

bummi ha scritto:
cialtrone ha scritto:...
E quindi, ecco, se nell'alpinismo (c***o, sto ismo...) ci è stato un momento noto di rottura, ma veramente di rottura, è stato quello che, si badi, in Itaglia, è stato accompagnato da Motti.
Discordi su questo? (domanda seria)

Lunga vita a tutti!
:-)


Forse nell'alpinismo torinese e piemontese. Dubito che le idee di Motti quando era in vita siano andate molto più fuori. Non credo che Messner o altri coetanei di Motti sulle Alpi orientali siano stati influenzati da lui. Ma forse mi sbaglio.
Vorrei dirti che ti sbagli, ma non vorrei essere frainteso da te come saputo. Secondo me l'influenza di Motti è stata enorme, sullo sviluppo, sulla concezione, e sulla motivazione delle generazioni attuali nei confronti dell'alpe. Di fatto, a suo tempo, era un pesce fuor d'acqua ed anche nel PIemonte pochi lo capirono.
Ma ciò che resta di lui è l'idea con cui attualmente oggi molti "scalano", ovunque. Io credo, molto umilmente.

bummi ha scritto:Quanto a Preuss mi chiedo su chi abbia effettivamente esercitato la sua influenza. Non vorrei che si miticizzasse troppo la coerenza che ha dimostrato con l'influenza che avrebbe esercitato nei confronti degli altri. La sua morte ha purtroppo dettato il fallimento delle sue idee, tant'è che successivamente si è passati ad un alpinismo fondato sull'uso della corda e dei chiodi. Proprio quello che lui aveva tanto criticato. Tant'è vero che secondo alcuni dopo Preuss l'alpinismo sarebbe morto. E' così?
bummi
Come già fatto notare dall'esimio ed onnivoro Buzz, l'influsso non si deve tradurre per forza in azioni. E per questo motivo riporto esattamente cosa il Buzzo diceva:
il sapido Buzz ha scritto:Per dire che Preuss abbia influenzato l'alpinismo, non è necessario contare il numero di quelli che sono morti scalando senza corda.

Basta considerare che la sua etica è da 90 anni, più o meno, il punto di riferimento. Anche per chi poi decide che è "troppo". Però non può far a meno di considerarla. E magari, in un modo o nell'altro, di esserne influenzato.

Questo è il mio concetto di "influenzare".
Un pò più vasto del semplice essere imitati.
In questa citazione ci sta pure la risposta alla tua affermazione secondo cui la sua morte avrebbe decretato il fallimento delle sue idee. Non credo che sia giusta, nel merito, questa affermazione. Perchè credo che la visione della morte da parte del sign. Preuss forse un poco differente. Motivo per cui il significato che attribuisci tu a questo evento panico non può essere utilizzato come metro di merito per idee "realmente" differenti.

Concordo sul fatto che l'elenco in sè ha poco senso. QUalche motivazione, anche in corso, dovrebbe essere data.
Su Preuss mi pare di avere, anche con Buzz, detto.
Su Cassin ritengo che la sua ricerca della linea con il minor utilizzo di materiale sia stata unica ed inimitabile. Ha aperto la strada all'arrampicata tout-court, con modo di affrontarla realmente moderno e dissacratorio (secondo me).
Motti ha cambiato le regole. Delle generazioni future. Se Simone Pedeferri, fortissimo rocciatore-alpinista chiama una vietta del c***o "socialmente inutile", non è proprio farina del suo sacco... :-)
Inutile sottolineare che la mia visione passa soprattutto per la roccia. E di questo ne sono consapevole. Ma altrimenti non sarebbe roba mia...
Ecco.
Spero di non esserti sembrato troppo borioso. :-)
Ciàp!
cialtrone
 

Messaggioda bummi » mar gen 31, 2006 13:43 pm

cialtrone ha scritto:Come già fatto notare dall'esimio ed onnivoro Buzz, l'influsso non si deve tradurre per forza in azioni. E per questo motivo riporto esattamente cosa il Buzzo diceva:
il sapido Buzz ha scritto:Per dire che Preuss abbia influenzato l'alpinismo, non è necessario contare il numero di quelli che sono morti scalando senza corda.

Basta considerare che la sua etica è da 90 anni, più o meno, il punto di riferimento. Anche per chi poi decide che è "troppo". Però non può far a meno di considerarla. E magari, in un modo o nell'altro, di esserne influenzato.

Questo è il mio concetto di "influenzare".
Un pò più vasto del semplice essere imitati.
In questa citazione ci sta pure la risposta alla tua affermazione secondo cui la sua morte avrebbe decretato il fallimento delle sue idee. Non credo che sia giusta, nel merito, questa affermazione. Perchè credo che la visione della morte da parte del sign. Preuss forse un poco differente. Motivo per cui il significato che attribuisci tu a questo evento panico non può essere utilizzato come metro di merito per idee "realmente" differenti.
...


Non sei assolutamente borioso, anzi.
Però continuate a non entrare nel merito su Preuss. La sua etica chi e come avrebbe influenzato gli altri? Il suo rigido principio che propugnava il rifiuto completo e totale verso il chiodo anche come mezzo di assicurazione cosa ha prodotto dopo di lui?
Oggi si arrampica secondo lo stile di chi lo criticava, Tita Piaz, Hans Dülfer, ecc.. personaggi che usarono il chiodo non come mezzo di progressione ma soprattutto come elemento di sicurezza. Alla luce di questo mi chiedo, cosa rimane oggi dell'etica di Preuss?
Il fascino che esercita l'enorme onestà intellettuale dell'uomo, disposto a morire pur di difendere le sue idee non ci abbaglia un po' troppo facendoci perdere di vista l'esito di questa battaglia?
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Messaggioda Buzz » mar gen 31, 2006 14:01 pm

ancora continui a intendere in modo diverso (da me e da cialtrone) il concetto d'influenza

credo che alla base ci sia questo fraintendimento


è ovvio che Preuss si sia posto come Polo, come Estremo

in questo senso, io intendo, la forza delle sue idee ha influenzato l'alpinismo, perchè è stato qualcuno con cui dover fare i conti.

Oggi Huber (se non sbaglio lo hai proprio tradotto tu, lo scritto di Huber per "Solitari", giusto?) a distanza di quasi 100 anni, pensa alla Hasse-Brander in free solo e il suo punto di riferimento è Paul Preuss

Che faro di luce potente:
illumina una delle realizzazioni d'eccellenza del nuovo millennio a distanza di 100 anni!!

Forse la massa degli arrampicatori non ha avuto la forza di seguire Paul Press nella sua visione.

Ma a tutti, credo a tutti, quelli che arrampicano e si sono posti un paio di domande sul perchè e sul come...
impossibile che non sia venuto il dubbio che la forma più pura del gesto,
più vera, più semplice... non sia quella di Preuss.

E' l'ideale al quale è difficile avvicinarsi, o a cui solo a pochi è concesso farlo.
E' la forma pura, archetipa, dell'arrampicata.

E' il punto di riferimento al quale, più ci si avvicina e più senti che i discorsi sull'Etica vanno a posto.

Impossibile non prenderla in considerazione.
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Messaggioda bummi » mar gen 31, 2006 14:33 pm

Buzz ha scritto:Oggi Huber a distanza di quasi 100 anni, pensa alla Hasse-Brander in free solo e il suo punto di riferimento è Paul Preuss

Che faro di luce potente:
illumina una delle realizzazioni d'eccellenza del nuovo millennio a distanza di 100 anni!!


Aspetta. Huber ha salito in free solo la Hasse Brandler dopo averla provata prima per mesi con grosso dispendio di corde fisse lungo la via. Direi che stilisticamente siamo proprio agli antipodi rispetto ai principi di Preuss.

Buzz ha scritto:Forse la massa degli arrampicatori non ha avuto la forza di seguire Paul Press nella sua visione.

Ma a tutti, credo a tutti, quelli che arrampicano e si sono posti un paio di domande sul perchè e sul come...
impossibile che non sia venuto il dubbio che la forma più pura del gesto,
più vera, più semplice... non sia quella di Preuss.
...


Non è una questione di maggioranza, nessuno ha più scalato come Preuss. Tutto l'alpinismo è andato in un'altra direzione.

Facendo un discorso più generico e non limitato al solo chiodo, possiamo anche constatare come nessuno da Preuss in poi abbia avuto il coraggio della rinuncia. L'introduzione del chiodo nell'alpinismo è stato un elemento che ha legittimato successivamente l'utilizzo di ogni ritrovato della tecnica, dalle scarpette agli imbaghi, dalle corde in nylon ai chiodi in alluminio, ecc.. E' stato un vero cavallo di troia. Pensa per un attimo se il chiodo fosse stato bandito dall'alpinismo. Secondo te oggi arrampicare con le moderne scarpette dalla mescola ultrappiccicosa sarebbe ancora considerato alpinsimo? Si potrebbe andare in montagna col telefonino?
Alla luce di quello che ho detto, non credi che è un po' ipocrita chi dichiara di vedere nelle idee di Preuss un ideale da perseguire?
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Messaggioda marinoroma » mar gen 31, 2006 14:50 pm

per aggiungere a quanto detto sopra, leggendo il titolo del topic o semplicemente pensando al termine "influenza in una disciplina" penso sostanzialmente a due elementi:

la qualità del messaggio: il mio stile, la mia visione o il mio messaggio (nel caso di alpinisti + evoluti che hanno messo bianco su nero il loro stile) diventano dei riferimenti per le aspirazioni di chi mi sta intorno e di chi mi seguirà. Poco importa in questo senso se quello che faccio o che dico viene seguito da tutti. Coloro che hanno proposto o condensato con il loro stile elementi chiave dell'etica della disciplina, hanno proposto un messaggio di qualità, influente e di riferimento, anche se discusso, rifiutato, respinto dai piu'.

Il numero di discepoli diretti non conta qui


impatto delle azioni (rimangono fuori i teoretici dell'alpinismo....).
visto che comunque si tratta alla fin fine di alpinismo e non di (solo...) di meditazione zen ....
non é il numero degli imitatori che determina l'impatto, sono quindi d'accordo con vedisopra in questo senso,
ma sicuramente il numero di persone che si trovano a prendere come riferimento le sue azioni.
Ad ex, Y. Chouinard che inventa, tra le altre cose, i friend a seguito della sua esperienza alpinistica, beh, ha avuto un impatto enorme sul modo che abbiamo adesso di arrampicare. Le conseguenze delle sue azioni (invenzione in questo caso) influenzano quotidianamente l'agire di alpinisti e ha permesso ad altri di elaborare nuove "visione" (vedi ad ex Piola che citavo tra i miei 3)

Il numero di discepoli diretti qui conta eccome !
....no, non ora, non qui, questa pingue immane frana....
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Messaggioda Maurizio » mar gen 31, 2006 15:06 pm

Caro Cialtrone,

anche io penso che il suicidio di Motti non abbia decretato il fallimento delle sue idee, mi sembra un ipotesi un po' troppo sbrigativa (e vorrei dire moralista ma mi azzardo :roll: ). Sono scettico anche sul fatto, all'opposto, che l'atto del suicidio abbia posto Motti su un piano in qualche modo superiore (che qui si chiamava "risplendere in divergenza"). Io sono tra quelli che avrei preferito averlo qui a dire la sua, al posto di una serie di persone (me compreso) che si ergono a critici dei suoi scritti.
Sono convinto che oggi ci sia molta speculazione sulla figura di questo alpinista. La stessa cosa non c'è, ad esempio, per un Casarotto. Io ho provato a scrivere e a dire quel che ne pensavo, altri che ne hanno condiviso l'amicizia hanno detto la loro da un punto di vista più accreditato del mio (ma, secondo me, solo sulla carta). Andare ad arrampicare con lui non voleva certo dire condividerne le idee rivoluzionarie che, come dici giustamente tu, erano per lo più non comprese.
Io ho sempre asserito che i grandi alpinisti lo sono soprattutto nelle idee, non solo nei fatti. Ma è una visione certamente soggettiva. Come hanno fatto notare molti, Motti era alpinisticamente un mediocre. Ma, rimanendo al Piemonte, ha mosso la mano di Galante, di Kostelitz e di tutti gli altri...influenzando anche il pensiero di quelli che si sono mossi "contro", cercando di superare la portata delle sue idee. Hanno dovuto partire da lui per superarlo! Io non vorrei dire, ma per me fino a Berhault non abbiamo trovato più qualcosa di veramente innovativo sulle Alpi...nelle idee, naturalmente. Certo, uno mi può citare una sfilza di nomi che hanno fatto grandi cose...ma in realtà non hanno fatto che ripercorre la traccia di chi è venuto prima..

ciao

Maurizio
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Messaggioda cialtrone » mar gen 31, 2006 15:26 pm

Maurizio ha scritto:Certo, uno mi può citare una sfilza di nomi che hanno fatto grandi cose...ma in realtà non hanno fatto che ripercorre la traccia di chi è venuto prima..

ciao

Maurizio
Eccome faccio a non essere in totale accordo con te? :-)
(anche perchè non vorrei finire in una pentola da pecora bollita, la volta che vengo in Sardegna :mrgreen:)

Ti dirò di più: leggendo e rileggendo gli scritti di Motti, ho sempre maggiormente l'impressione di un uomo che ha fatto del suo rapporto con il verticale "la" questione della sua vita. Ed ho scritto "rapporto" e non frequentazione. Da questo punto di vista, intendevo assolutamente personale il parere mio, secondo cui il suo suicidio era "la" via di divergenza.
Mi sentirei però di spingere oltreconfine sabaudo l'influenza di Motti, ed in assoluto. Banalmente, ed in maniera inesatta, pure, se oggi scaliamo senza calzoni alla zuava, sta proprio per merito suo... :-)
Ciau!
cialtrone
 

Messaggioda Buzz » mar gen 31, 2006 16:01 pm

bummi ha scritto:
Buzz ha scritto:Oggi Huber a distanza di quasi 100 anni, pensa alla Hasse-Brander in free solo e il suo punto di riferimento è Paul Preuss

Che faro di luce potente:
illumina una delle realizzazioni d'eccellenza del nuovo millennio a distanza di 100 anni!!


Aspetta. Huber ha salito in free solo la Hasse Brandler dopo averla provata prima per mesi con grosso dispendio di corde fisse lungo la via. Direi che stilisticamente siamo proprio agli antipodi rispetto ai principi di Preuss.

Buzz ha scritto:Forse la massa degli arrampicatori non ha avuto la forza di seguire Paul Press nella sua visione.

Ma a tutti, credo a tutti, quelli che arrampicano e si sono posti un paio di domande sul perchè e sul come...
impossibile che non sia venuto il dubbio che la forma più pura del gesto,
più vera, più semplice... non sia quella di Preuss.
...


Non è una questione di maggioranza, nessuno ha più scalato come Preuss. Tutto l'alpinismo è andato in un'altra direzione.

Facendo un discorso più generico e non limitato al solo chiodo, possiamo anche constatare come nessuno da Preuss in poi abbia avuto il coraggio della rinuncia. L'introduzione del chiodo nell'alpinismo è stato un elemento che ha legittimato successivamente l'utilizzo di ogni ritrovato della tecnica, dalle scarpette agli imbaghi, dalle corde in nylon ai chiodi in alluminio, ecc.. E' stato un vero cavallo di troia. Pensa per un attimo se il chiodo fosse stato bandito dall'alpinismo. Secondo te oggi arrampicare con le moderne scarpette dalla mescola ultrappiccicosa sarebbe ancora considerato alpinsimo? Si potrebbe andare in montagna col telefonino?
Alla luce di quello che ho detto, non credi che è un po' ipocrita chi dichiara di vedere nelle idee di Preuss un ideale da perseguire?
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a parte che non sono d'accordo sugli "antipodi stilistici" perchè huber ha provato la via
mi sembra più rilevante il fatto che fosse slegato, senza nemmeno un cordino per appendersi ad un chiodo e che la via dopo 120 metri presentasse un "punto di non ritorno"
queste diversità stanno casomai a segnare il passo dell'evoluzione del gesto e non l'antinomia fra huber e preuss
ma
a parte questo... se anche fosse vero che huber fosse agli antipodi

è un dato di fatto che huber (secondo te male interpretandolo) si riferisca, prenda come riferimento Preuss.

Questo, a distanza di 100 anni, vuol dire essere influenzati.

Il discorso che fai successivamente, continua a confondere influenza e rappresantitività.

visto che ho provato a spiegare più volte questa differenza ma non riesco a farmi capire, prendo in prestito quello che ha scritto (che mi piace molto) maurizio sopra, relativamente a motti:

...influenzando anche il pensiero di quelli che si sono mossi "contro", cercando di superare la portata delle sue idee. Hanno dovuto partire da lui per superarlo!


utilizzandolo anche per preuss.
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Messaggioda Maurizio » mar gen 31, 2006 16:51 pm

cialtrone ha scritto:
Maurizio ha scritto:Certo, uno mi può citare una sfilza di nomi che hanno fatto grandi cose...ma in realtà non hanno fatto che ripercorre la traccia di chi è venuto prima..

ciao

Maurizio
Eccome faccio a non essere in totale accordo con te? :-)
(anche perchè non vorrei finire in una pentola da pecora bollita, la volta che vengo in Sardegna :mrgreen:)

Ti dirò di più: leggendo e rileggendo gli scritti di Motti, ho sempre maggiormente l'impressione di un uomo che ha fatto del suo rapporto con il verticale "la" questione della sua vita. Ed ho scritto "rapporto" e non frequentazione. Da questo punto di vista, intendevo assolutamente personale il parere mio, secondo cui il suo suicidio era "la" via di divergenza.
Mi sentirei però di spingere oltreconfine sabaudo l'influenza di Motti, ed in assoluto. Banalmente, ed in maniera inesatta, pure, se oggi scaliamo senza calzoni alla zuava, sta proprio per merito suo... :-)
Ciau!


...io direi che è un'intera generazione che ha fatto della scalata una questione esistenziale, e questo anche in zone (Yosemite) dove Motti non è certo arrivato. Però ricordo che lui si mosse soprattutto sull'esempio di scritti di Robbins, Cordier, etc, che fu il primo a tradurre, evidentemente perchè riteneva fondamentali. Non so voi, ma io è da quando avevo 9 anni che leggo la Rivista Mensile, vale a dire nel 1972 e non so se avete presente gli articoli che erano allora su quelle pagine. Era veramente un cambiamento rivoluzionario, ma questo soprattutto nella cultura. Certamente se per me l'arrampicata continua ad essere un fatto soprattutto culturale, più che sportivo, lo devo agli scritti di Motti, non di Bonatti e di Messner . Come dicevo (anche nel topic su Cassarà), ed ha sottolineato Buzz, la contro-rivoluzione dell'arrampicata sportiva ha dovuto in qualche modo demolire gli orizzonti che aveva aperto Motti e non a caso il suo suicidio corrisponde a tale periodo. Tutto è naturalmente legato.

Ma a proposito dell'influenza degli alpinisti sulla storia è interessante notare, e me lo faceva notare soprattutto il direttore di Vertical Claude Gardien, come spesso i giovani citino a sproposito Bonatti e Cassin. In un'intervista che stavo facendo per UP e che commentavo con Gardien, uno di questi giovani sosteneva che che Bonatti e Cassin dovrebbero secondo lui essere molto seccati nel vedere come è ridotto oggi il Monte Bianco, pieno di luccicanti spit (per merito) di Piola. Secondo Gardien proprio Bonatti e Cassin non proprio...ma bisognerebbe chiederglielo naturalmente, non so se siano già stati interpellati a riguardo...

Ritornando a Motti vorrei rispondere a Cialtrone sull'influenza extra-sabauda del suo messaggio. Se chiedi a Manolo ed i dolomitisti di allora, ti risponderanno che manco erano al corrente che esistesse uno di nome Motti. Manolo poi dice di aver sentito di Guerini solo quando lui asserì di aver fatto il primo VII grado delle Alpi. Evidentemente non esisteva una vera comunicazione...ma degli endemismi che poi hanno trovato un loro filo rosso. Io avrei voluto intervistare Mariacher su queste cose, perchè secondo me sugli anni settanta ci sono ancora parecchie cose da dire (e da scoprire)...al di là del Nuovo Mattino

:roll: :roll:

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Messaggioda gug » mar gen 31, 2006 18:40 pm

Tre nomi. A mio parere, allora:

Bonatti (per la sua immensa forza, per la popolarità e per i suoi scritti)
Royal Robbins (per la ricerca di un'etica purissima e per avere contribuito a creare il sogno californiano)
Beat Kammerlander (per avere aperto la strada alla rivalutazione dello spit in Alpinismo)
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda biemme » mar gen 31, 2006 20:04 pm

Maurizio ha scritto:...io direi che è un'intera generazione che ha fatto della scalata una questione esistenziale, e questo anche in zone (Yosemite) dove Motti non è certo arrivato. Però ricordo che lui si mosse soprattutto sull'esempio di scritti di Robbins, Cordier, etc, che fu il primo a tradurre, evidentemente perchè riteneva fondamentali. Non so voi, ma io è da quando avevo 9 anni che leggo la Rivista Mensile, vale a dire nel 1972 e non so se avete presente gli articoli che erano allora su quelle pagine. Era veramente un cambiamento rivoluzionario, ma questo soprattutto nella cultura. Certamente se per me l'arrampicata continua ad essere un fatto soprattutto culturale, più che sportivo, lo devo agli scritti di Motti, non di Bonatti e di Messner . Come dicevo (anche nel topic su Cassarà), ed ha sottolineato Buzz, la contro-rivoluzione dell'arrampicata sportiva ha dovuto in qualche modo demolire gli orizzonti che aveva aperto Motti e non a caso il suo suicidio corrisponde a tale periodo. Tutto è naturalmente legato.
Ma a proposito dell'influenza degli alpinisti sulla storia è interessante notare, e me lo faceva notare soprattutto il direttore di Vertical Claude Gardien, come spesso i giovani citino a sproposito Bonatti e Cassin. In un'intervista che stavo facendo per UP e che commentavo con Gardien, uno di questi giovani sosteneva che che Bonatti e Cassin dovrebbero secondo lui essere molto seccati nel vedere come è ridotto oggi il Monte Bianco, pieno di luccicanti spit (per merito) di Piola. Secondo Gardien proprio Bonatti e Cassin non proprio...ma bisognerebbe chiederglielo naturalmente, non so se siano già stati interpellati a riguardo...


ciao maurizio,
condivido in pieno questi tuoi giudizi, forse anche per motivi generazionali (1962) :wink: .

Maurizio ha scritto:......Ritornando a Motti vorrei rispondere a Cialtrone sull'influenza extra-sabauda del suo messaggio. Se chiedi a Manolo ed i dolomitisti di allora, ti risponderanno che manco erano al corrente che esistesse uno di nome Motti. Manolo poi dice di aver sentito di Guerini solo quando lui asserì di aver fatto il primo VII grado delle Alpi. Evidentemente non esisteva una vera comunicazione...ma degli endemismi che poi hanno trovato un loro filo rosso. Io avrei voluto intervistare Mariacher su queste cose, perchè secondo me sugli anni settanta ci sono ancora parecchie cose da dire (e da scoprire)...al di là del Nuovo Mattino
:roll: :roll:
Maurizio


su questo mi sento di confermarti, avendo vissuto in dolomiti diversi anni, che la cultura dominante dei locali (lungi ovviamente dal poter generalizzare) è quella del ?fai e taci?, per cui, e questo in trentino come in alto adige, personaggi che altrove sarebbero letteralmente osannati come veri fenomeni (cristoph hainz per tutti), vivono sommessamente, alternando la quiete familiare a serate di balle con gli amici + stretti, mentre un giorno sì e uno no realizzano cose straordinarie in montagna o in falesia, notiziandone magari solo la loro ristretta cerchia di amici. Non mi meraviglia affatto, perciò, che 30 anni fa l?influsso di motti e del nuovo mattino non sia neanche arrivato in quelle valli?.o più facilmente sarà stato anche per un fatto endemico, come tu dici?.anche perchè vedere un alpinista trentino in piemonte o in val d?aosta (e viceversa!) è molto, ma molto raro a tutt?oggi, salvo rari illuminati, più aperti al viaggio e al confronto.

Dove invece non sarei così sicuro, è sul fatto che manolo & c. manco fossero al corrente di chi era motti : ti posso assicurare che proprio alcuni tra i suoi compagni di cordata delle prime imprese in dolomiti (77/78), mi hanno raccontato delle loro ?scorrazzate? in valle dell?orco, trascinati da personaggi del calibro e del temperamento ?rivoluzionario? di ben laritti ? che, non a caso, non era trentino -, e che si trovarono sotto la fessura kosterlitz proprio in un giorno in cui tale roberto bonelli la salì (non so se proprio per la prima ripetizione)?immagino siano storie e luoghi che conosci mooolto meglio di me, e parliamo del 1977, per cui non direi che, almeno nel regno del manolo (il primiero), si potesse affermare che motti e il nuovo mattino non erano neanche conosciuti?.è più probabile che qualcuno possa aver fatto finta di ignorarli?


Detto questo, su gian piero motti desidero aggiungere un?altra mia riflessione personale, partendo da questa biografia :
?????C'è stato in Italia un uomo politico-impolitico che ha avuto il coraggio di guardare alla presenza umana sulla terra e alla convivenza fra persone e genti diverse con una intelligenza profonda e una generosità di sentimenti che i tempi stretti e la selezione al ribasso della politica di norma escludono.
E' stato Alexander Langer, che ha fatto tesoro di una formazione famigliare e regionale incline all'uso di più lingue, al confronto di più popolazioni e tradizioni, all'ingombro e all'invito dei confini. Quando ha deciso di uccidersi - a Firenze, in un giorno d'estate del 1995 - Langer era parlamentare europeo, e in quel ruolo si era prodigato nei luoghi in cui la vecchia storia del mondo tornava a mettere in scena l'odio, l'insofferenza, la brutalità delle superbie nazionaliste, delle guerre di sopraffazione e delle pulizie etniche; come nei luoghi in cui la storia umana arriva sull'orlo della distruzione del mondo stesso, delle sue risorse naturali e della sua bellezza. La Bosnia e il Kossovo, l'Amazzonia o il Messico: l'intero mondo minacciato è stato la patria di questo campione delle piccole patrie, a partire da quel suo Sudtirolo in cui riconosceva la ricchezza della convivenza e la meschinità della misconoscenza reciproca. ?????
dalla copertina del libro: "Il viaggiatore leggero" - Sellerio editore


questo è stato, in estrema e molto riduttiva sintesi, alex langer.

Ora, chiedendo venia per l'OT, confesso che ho sempre accomunato la storia e il pensare di questo altoatesino, padre dell?ecopacifismo italiano (tra l?altro, e non penso sia un caso, grande amante della montagna, dello scialpinismo e di tante battaglie ambientaliste), alla figura e al pensiero ?rivoluzionario? di gian piero motti (che al contrario, la politica la detestava) : il primo per la sua sensibilità e il suo impegno per i problemi politico-sociali di ogni dove; il secondo, per il suo rapporto con la montagna e con la storia, l?evoluzione e il perché dell?alpinismo ..?.ciò che mi sconvolse in entrambi questi personaggi straordinari, che hanno accompagnato la mia crescita politico-culturale e alpinistica, più del medesimo anno di nascita (1946), fu la loro comune, straordinaria fine, la quale, pur ponendoli (come prima, maurizio, hai acutamente osservato) inconsapevolmente - e a torto, se fosse solo per questo - su un piano superiore, rendendoli perciò vittime di forme di speculazione nel bene e nel male, ha però contribuito definitivamente a farmi cambiare posizione e giudizio nei confronti di chiunque si trovi mai a compiere o semplicemente a pensare a questo atto estremo, o divergenza, o chiamiamolocomevogliamo.

Di certo, politici ed alpinisti, nella storia, se ne sono visti a palate, di pessimo (miliardi), mediocre (milioni) e buon (decine) livello, ma al di sopra di ogni livello, alex langer è stato ed è un Politico dentro, esattamente come gian piero motti (alla pari, secondo me, del Maestro bruno detassis, altro grande personaggio ?rivoluzionario?) può definirsi un Alpinista dentro.

concludendo, la mia top five è
Preuss
Gervasutti
Detassis
Motti
Messner

ciao a tutti
biemme
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Messaggioda gug » mer feb 01, 2006 9:53 am

gug ha scritto:Tre nomi. A mio parere, allora:

Bonatti (per la sua immensa forza, per la popolarità e per i suoi scritti)
Royal Robbins (per la ricerca di un'etica purissima e per avere contribuito a creare il sogno californiano)
Beat Kammerlander (per avere aperto la strada alla rivalutazione dello spit in Alpinismo)


...comunque tre nomi sono pochi in una inchiesta del genere: riproponiamo la classica "top five" alla Nick Hornby.
La mia allora, oltre ai tre detti sopra, comprende senz'altro:

Paul Preuss (sono d'accordo con Buzz)
Rehynold Messner (per il superamento dei limiti del VI grado e dello stile hymaliano)
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda anti-cialtrone » mer feb 01, 2006 16:38 pm

bummi ha scritto:
cialtrone ha scritto:Come già fatto notare dall'esimio ed onnivoro Buzz, l'influsso non si deve tradurre per forza in azioni. E per questo motivo riporto esattamente cosa il Buzzo diceva:
il sapido Buzz ha scritto:Per dire che Preuss abbia influenzato l'alpinismo, non è necessario contare il numero di quelli che sono morti scalando senza corda. (CUT) ...


Non sei assolutamente borioso, anzi.
Però continuate a non entrare nel merito su Preuss. La sua etica chi e come avrebbe influenzato gli altri? Il suo rigido principio che propugnava il rifiuto completo e totale verso il chiodo anche come mezzo di assicurazione cosa ha prodotto dopo di lui? (CUT)
bummi


La domanda mi ha incuriosito, bummi.
Cosa ha prodotto la meteora di Preuss nell'alpinismo?
Giammai per sostenere la mia nemesi originale (Cialtrone) :) :) :) ma mi permetto di intervenire per dire che, IMHO, Preuss ci ha straordinariamente (e biecamente) lasciato una COSCIENZA che, a dire il vero, prima non c'era (o era ben poco diffusa).

Come per il biblico peccato originale, da Preuss sono dipese per esempio - nella storia dell'arrampicata e dell'alpinismo - tutte le più grandi questioni "morali". Ti dicono niente oltre 50 anni di polemiche, di libri, di forum e di articoli del tipo "chiodo per sicurezza SI, chiodo progressione NO", oppure "spit SI, spit NO" o anche "dragonne SI, dragonne NO"...
Da Preuss, molto semplicemente, dipendiamo tutti noi quando guardiamo la relazione di una via e contiamo il numero di chiodi, guardiamo la sua difficoltà e la rapportiamo alle nostre capacità... per domandarci se saremo capaci di passare oppure no.

E visto che in questo sport vanno tanto le misure e i gradi...
Prendiamo l'arrampicata a mo' di righello: si parte dallo "0", ossia la libera "più pura", per arrivare alla tacca del 10, ossia l'artificiale "da muratore". Tanti sono gli alpinisti - eccellenti e eccezionali - che si sono posti tra questi due estremi, nella storia dell'alpinismo, ma lo "0" è indubbiamente lui.

Cosa ci ha lasciato Preuss?
La prima tacca del righello. Quella da cui tutti (TUTTI) partono per prendere le misure (e poi, spesso, per litigare su questioni di millemetri).

Cosa c'è stato dopo Preuss?
Forse arrampicatori e alpinisti con una coscienza (chi più, chi meno... come per tutte le cose).

M
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Messaggioda gug » mer feb 01, 2006 16:42 pm

gug ha scritto:
gug ha scritto:Tre nomi. A mio parere, allora:

Bonatti (per la sua immensa forza, per la popolarità e per i suoi scritti)
Royal Robbins (per la ricerca di un'etica purissima e per avere contribuito a creare il sogno californiano)
Beat Kammerlander (per avere aperto la strada alla rivalutazione dello spit in Alpinismo)


...comunque tre nomi sono pochi in una inchiesta del genere: riproponiamo la classica "top five" alla Nick Hornby.
La mia allora, oltre ai tre detti sopra, comprende senz'altro:

Paul Preuss (sono d'accordo con Buzz)
Rehynold Messner (per il superamento dei limiti del VI grado e dello stile hymaliano)


Ho riletto il topic e, in effetti, probabilmente, al posto di kammerlander avrei anche potuto indicare Piola che è arrivato prima in quel filone.
Fra questi due comunque sarei indeciso, ma sono certo che la ricerca della libera estrema, e l'utilizzo dello spit secondo questa etica, siano una vera linea di grande sviluppo dell'Alpinismo moderno.
Questo, tra l'altro, viene proprio da Preuss, che, a parte il rifiuto del chiodo e della corda (come modello a cui tendere) ha comunque avuto il grande merito (e in questo l'Alpinismo moderno lo dta seguendo) di puntare soprattutto sull'arrampicata libera.
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Messaggioda Buzz » mer feb 01, 2006 17:00 pm

nel forum ci saranno anche un mare di cazzate

ma si leggono anche tante belle cose

ricordi, maurizio, il discorso sul "villaggio globale" e il superamento dei media tradizionali, operato nella circolazione delle notizie e nelle idee, dalla rete ?

prendi questa discussione, (ma anche altre)

ci sono tante idee...
la loro forza è di essere presentate alla rinfusa,
alcune intuizioni sono bellissime, altre più banali
eppure tutte concorrono a formare conoscenza

non ci sarà, alla fine di questo topic, una posizione definitiva,
ma, credo, ognuno uscirà arricchito dalle idee degli altri

e questo, ovvero alla fin fine la capacità collettiva di pensare
è qualcosa di veramente fantastico.
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