Non credo che si vada in montagna per provare paura, e nessuno l'ha mai detto, in questa discussione.
Al limite ci si potrebbe interrogare sui meccanismi inconsci, che ci spingono a cercare situazioni di rischio in cui la paura diventa una componente del piacere che ricaviamo da queste attività.
Chi non ha certe pulsioni continua tranquillamente a vivere la montagna nel modo più rilassante possibile, e secondo me è bellissima anche così, con le semplici escursioni o arrampicate facili e tutto sommato sicure.
Conosco amici che vivono la montagna in questo modo da molti più anni di me, e non sentono il desiderio di andare "oltre", invece, parlando della mia esperienza personale, dopo aevr camminato ho sentito il desiderio di arrampicare, poi di provare a fare ghiaccio, e guardare una cima mi fa venire subito una gran voglia di salirci, e di mettermi quindi nelle condizioni di poterlo fare.
C'è un che di infantile, in questo che facciamo, nel senso migliore: è un'essere continamente a caccia di nuovi sogni, di nuovi giochi, e l'inseguire i nostri sogni anche su pareti ghiacciate ci permette di considerare le sofferenze come un piccolo pegno che dobbiamo pagare, e che fa parte del gioco ma non ne costituisce l'obbiettivo.
D'altra parte, i sogni per definizione non sono mai realizzabili, altrimenti smetterebbero di essere tali, e di affascinarci per questo, quindi la ricerca è interminabile, e si ritorna di nuovo nel discorso dell'insoddisfazione "esistenziale", cioè non legata ad una situazione contingente, ma piuttosto facente parte del modo di essere di chi fa alpinismo (ahimè, allora mi devo escludere dalla lista

).
Ecco, comunque credo che il divertimento, il godimento sia in questo, nell'inseguire i propri desideri, nell'idea, più che negli atti che compiamo, non nello stare al freddo e all'ombra a spicozzare, ma nell'illusione della conquista, nel piacere di raggiungere l'obbiettivo che, visto dal basso, sembrava inarrivabile, nell'inseguire un sogno, piccolo o grande, e nel sentirsi in questo superiori a ciò che si è (non noi come singoli individui, ma piuttosto come specie, il discorso vale in generale).
E' la lotta prometeica dell'uomo che vuole assomigliare a un dio, in fondo.