Mi delude Buzz, con il quale difficilmente sono d'accordo, ma al quale in genere non posso non riconoscere una certa lucidità.
Al massimo si può dire che la modifica della legge elettorale è inopportuna, non che è illegittima. Il cambio delle "regole del gioco" (espressione a me odiosa, cosa fanno i politici, giocano a Monopoli o legiferano e governano per il bene di tutti?) è legittimo nel momento in cui si stanno rispettando (al di là di tutte le dichiarazioni faziose) le uniche regole esistenti e condivise, cioè le leggi dello stato e il regolamento parlamentare, altrimenti ognuno si inventa le sue regole con la scusa di poter accusare l'altro di ciò che vuole, ed allora sì che la democrazia va a farsi benedire.
Prova ne è che al termine della scorsa legislatura nella situazione speculare, irrealizzata per poca coesione della sinistra, le accuse che si scambiavano le due parti erano le stesse, ma a parti invertite. Vi riporto a proposito un articolo di qualche giorno fa comparso sul Corriere, che non lascia scampo a nessuno dei due schieramenti.
martedì, 4 ottobre, 2005
ELEZIONI
006
«Avanti da soli? Mai. Anzi, sempre»: le giravolte dei poli
L' Ulivo di 5 anni fa: nuova legge elettorale anche senza opposizione. E la Cdl: golpe legalizzato
IPOCRISIA POLITICA
«Sulla legge elettorale la maggioranza ha non solo il diritto ma il dovere di andare avanti, anche da sola!», tuona Gavino Angius. «Guai! Sarebbe un colpo di mano!», strilla Silvio Berlusconi. «Non si cambiano le regole a partita in corso!», ammonisce Pier Ferdinando Casini. «A questo punto, abbiamo il dovere di andare avanti da soli», tronca Clemente Mastella. Se non ci capite niente, tranquilli: è solo un collage di sentenze dette senza arrossire dai protagonisti dello scontro di oggi a parti rovesciate, quando le norme del voto voleva cambiarle la sinistra. Prova provata che da noi è ormai incontenibile, anche sui temi più seri, un' ipocrisia indecente e a tassametro. Che sfocia nella pura e cristallina malafede. Sia chiaro: è legittimo cambiare idea. Di più: è un segno di libertà. Un termometro della democrazia. Ma ci sono dei limiti di buon gusto. Per la delizia dei nostri lettori, di sinistra e di destra, vale la pena di ricordare cosa dicevano gli uni e gli altri (salvo eccezioni come Giuliano Amato) nell' autunno del 2000 quando, a pochi mesi dal voto che pareva già vinto dalla destra, la riforma elettorale voleva farla l' Ulivo. «Da parte nostra c' è la volontà di far votare gli italiani con una nuova legge elettorale e questa legge vogliamo farla con le opposizioni. Ma se verificassimo che da parte loro non c' è la volontà, dovremo decidere che fare e io credo che dovremo andare avanti da soli», diceva Dario Franceschini, oggi teorico che «la legge elettorale è una regola base della democrazia e va modificata solo con un' intesa bipartisan». Ed Enrico Boselli, che oggi denuncia come «una prepotenza» la voglia della destra di cambiare il Mattarellum parlando di «un tentativo tanto disperato quanto grave per le nostre istituzioni democratiche», spiegava al contrario: «Se il Polo continuerà a fare catenaccio dovremo scegliere tra far finta di nulla e prenderci la responsabilità di andare al voto con una legge che ha fallito o andare avanti da soli. E io credo che sarebbe un segnale di responsabilità». Idea condivisa (allora) da un sacco di alleati. Da Pietro Folena («Il centrosinistra può benissimo andar avanti da solo») ai Verdi con Grazia Francescato («Possiamo benissimo andare avanti da soli») e Maurizio Pieroni («A malincuore, ma a questo punto dobbiamo andare avanti da soli») e altri ancora. Dice oggi la sinistra: ma noi ci siamo fermati! Dice la destra: vi abbiamo fermati noi! Certo è che non meno stupefacente è il voltafaccia nella Cdl. Esattamente il 4 ottobre 2000 (buon compleanno alla coerenza!) i quattro leader del Polo arrivarono a firmare addirittura un comunicato congiunto: «Non esistono più le condizioni tecniche e politiche che consentano di proseguire nel confronto. Sarebbe quindi inaccettabile se in questa situazione la sinistra pensasse di potersi fare da sola la sua legge elettorale». Il già citato Casini, leader di quell' Udc che chiede oggi di cambiare le regole del voto, ironizzava: «E' comprensibile che Rutelli voglia vincere le elezioni e proponga di cambiare la legge ma nel mezzo della partita non si cambiano le regole». «Senza l' opposizione una nuova legge elettorale non si può fare», rincarava Fini. «Le regole della vita di un Paese non devono esser imposte dalla sopraffazione parlamentare», s' inveleniva Schifani. «Ci opponiamo a questo tentativo di golpe legalizzato! E' l' ennesima dimostrazione dell' incapacità di Veltroni e soci di accettare le regole di un confronto democratico!», ruggiva Maroni. «Se l' Ulivo dovesse provarci la nostra opposizione sarebbe durissima, in Parlamento e nel Paese», avvertiva Pisanu. «Non si cambia la legge elettorale a colpi di maggioranza», ammoniva Tremonti. «Questo è un profondo segnale di degrado istituzionale», discettava Urso. «Non si azzardino a tentare di approvare da soli la legge elettorale. Mobiliteremo i gruppi parlamentari e gli faremo vedere i sorci verdi», azzannava Selva. «Per noi è assolutamente inaccettabile, si va allo scontro», strepitava La Loggia. Quanto a Berlusconi, quel tentativo della sinistra lo indignava. «E' una legge per il suo bene e per il male del Paese!». «Siamo fuori tempo massimo e in campagna elettorale non si cambiano le regole!». Per non dire della reazione di Bossi, cui va riconosciuto d' essere oggi forse il più prudente tra i soci. Ringhiava allora: «Non si è mai visto che chi comanda possa cambiare la legge elettorale a campagna elettorale avviata. Rischia di spaccare in due il Paese». E cosa dimostrava, questa idea ulivista? Quello che lui diceva da sempre: «Hanno la mentalità nazista. Ora possono dimostrarlo. Vediamo se avranno il coraggio di approvarsi da soli la legge». Cinque anni dopo, in perfetta coerenza col capo, Roberto Calderoli sbraita: «Noi andiamo avanti!». Di più: il forzista Antonio Leone si spinge senza capogiri a dire addirittura che è l' opposizione «con un ostruzionismo cieco e la minaccia della piazza» a infliggere «un grave vulnus» alla democrazia. E mai nessuno che provi un brivido di imbarazzo. Gian Antonio Stella Franceschini nel 2000 Sulla legge elettorale dovremo andare avanti anche da soli Fini nel 2000 Non si può fare una nuova legge elettorale senza l' opposizione Folena nel 2000 Il centrosinistra può benissimo andar avanti da solo
Stella Gian Antonio
Per quanto riguarda il sistema elettorale, io sono favorevole al proporzionale, da prima che uscisse questa proposta, per i seguenti motivi:
- evita che chi prende meno voti popolari possa avere la maggioranza dei seggi in Parlamento, come avvenuto ad esempio nel 1996 (quindi dire che la nuova legge farebbe sì che chi ha meno voti vince è una
castroneria colossale, anzi);
- con il premio di maggioranza garantisce la governabilità, infatti nella sostanza il metodo proposto è simile a quello in vigore attualmente nelle regioni, che si è dimostrato funzionare bene;
- garantisce delle corrette proporzioni tra i seggi assegnati alle diverse componenti di uno schieramento: attualmente le coalizioni devono decidere a tavolino chi candidare in ogni collegio (e dove sta la democrazia in questo?) e il potere ricattatorio dei piccoli partiti è tale da far sì che i piccoli partiti si trovino, in proporzione ai voti ricevuti, con molti più eletti rispetto ai partiti grossi (fate ad esempio un confronto tra il numero di deputati di FI e quelli dell'UDC), aumentandone il potere ricattatorio anche in Parlamento; con un sistema proporzionale, se uno prende il 25% e un altro il 5% il primo avrà comunque il quintuplo dei rappresentanti del secondo;
- con l'uninominale attualmente in uso la scelta dei candidati nei singoli collegi è totalmente in mano ai partiti, magari uno è di RC e non vorrebbe votare uno dell'UDEUR, ma si trova quello lì nel suo collegio; con il proporzionale almeno si riuscirebbe a scegliere quale partito votare.
Nella proposta di legge attualmente in discussione ci siano alcune cose che non mi convincono:
- il meccanismo delgi sbarramenti (
1? 2?
3? 
) appare molto complicato, e una legge elettorale più trasparente è meglio è;
- non sono previste le preferenze, ma listini bloccati, con elezione in base al numero progressivo in lista, e questo lascia nelle mani dei partiti (e delle oligarchie che gli stanno dietro) la scelta dei rappresentanti del popolo; se pure più dispendioso per i candidati, io sono per le preferenze, così il popolo si sceglie lui chi eleggere all'interno della rosa proposta dalle diverse forze politiche.
Vi invito a discutere e riflettere sul tema non soltanto facendo vostri i titoli dei giornali, ma cercando di ragionare e far due conti sul merito dei diversi meccanismi di voto.