arrampicata come arte marziale?

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 11:54 am

bradipo ha scritto:Però pensate che fico se tutti i climber andassero solo a vista...al massimo due tentativi su una via e poi giù...si cambia perchè non si passa...ci si riproverà ma non subito!!! E' come ammetere i propri limiti (magari solo momentanei!).


:?:

perchè dovrebbe essere fico? non è nel lavorato che penso ci sia il problema a cui alludi, è come lo intende l'arrampicatore e soprattutto in che misura lo fa. Certo che se al 90% lavora e lascia solo il 10% delle vie che fa al "a vista" possono esserci i problemi che denunci


comunque ritornando in topic, il lavorato mi sembra molto importante anche per il discorso "kata" che si faceva sopra
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Messaggioda pietrodp » mer gen 12, 2005 11:58 am

Maurizio ha scritto:Ciao Pietro,

ma vedi, qui il problema non è il fatto che ci sia posto o meno per tutti. per me questo non è mai stato in discussione. E' ovvio.
Il problema è un altro, meno superficiale, a mio avviso. E' una questione culturale, di vedute di una certa attività, in questo caso l'arrampicata in falesia. Pur rimanendo ovvio, lo ripeto, che ognuno fa ciò che vuole, è giusto denunciare (con i mezzi che ho a disposizione, peraltro non usando nessun finto nick, dunque assumendomi la responsabilità di ciò che dico) ciò che a me personalmente pare un passo indietro....


Ho capito benissimo quello che vuoi dire, ma anche se hai ragione, penso che tu debba fartene una ragione :D : non credo di andare distante dal vero se dico che oggi la meta' dei frequentatori delle falesie si avvicinano all'arrampicata non come te (e me) leggendo Bonatti, ma perche' hanno visto un manifestino affisso alla locale palestra che proponeva il friclaimbin quale alternativa alle lezioni di nuoto o di judo.
Insomma, bisogna farsi una ragione che l'arrampicata sportiva e' (anche!) uno sport. Andare in falesia e' come la partita di calcetto con gli amici, ogni catena un gol. La competitivita', la ricerca grado, fanno probabilmente parte di questa visione sportiva e ricreativa dell'arrampicata. Che addirittura, in quanto sport, diventa a volte non il fine ma il mezzo per fare dell'attivita' fisica, divertendosi, stando all'aria aperta. Ecco allora che la componente mentale viene un po' meno.. laddove arrampico per farmi venire un bel fisico, non mi interessa piu' di farlo con eleganza e 5 metri sopra il chiodo.
Lo vedo nelle palestre che frequento, la maggior parte delle nuove leve non sanno chi siano Comici, Bridwell o Bernardi o Gullich. Hanno presente forse che c'e' un forte jap di nome Hirayama perche' c'e' un poster nel locale negozio di scarpette e hanno visto un video su internet.

Che dire? Che secondo me non v'e' nulla di male, a ognuno il suo.
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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 12:31 pm

pietrodp ha scritto:Ho capito benissimo quello che vuoi dire, ma anche se hai ragione, penso che tu debba fartene una ragione :D : non credo di andare distante dal vero se dico che oggi la meta' dei frequentatori delle falesie si avvicinano all'arrampicata non come te (e me) leggendo Bonatti, ma perche' hanno visto un manifestino affisso alla locale palestra che proponeva il friclaimbin quale alternativa alle lezioni di nuoto o di judo.
Insomma, bisogna farsi una ragione che l'arrampicata sportiva e' (anche!) uno sport. Andare in falesia e' come la partita di calcetto con gli amici, ogni catena un gol. La competitivita', la ricerca grado, fanno probabilmente parte di questa visione sportiva e ricreativa dell'arrampicata. Che addirittura, in quanto sport, diventa a volte non il fine ma il mezzo per fare dell'attivita' fisica, divertendosi, stando all'aria aperta. Ecco allora che la componente mentale viene un po' meno.. laddove arrampico per farmi venire un bel fisico, non mi interessa piu' di farlo con eleganza e 5 metri sopra il chiodo.
Lo vedo nelle palestre che frequento, la maggior parte delle nuove leve non sanno chi siano Comici, Bridwell o Bernardi o Gullich. Hanno presente forse che c'e' un forte jap di nome Hirayama perche' c'e' un poster nel locale negozio di scarpette e hanno visto un video su internet.

Che dire? Che secondo me non v'e' nulla di male, a ognuno il suo.


però la "componente culturale" come dice maurizio può fare molto: come uno che va a fare jeet kun doo per imparare a menare per strada e poi rimane coinvolto dagli aspetti filosofici delle arti marziali trasformando il suo intento materialista in ricerca personale
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Messaggioda bradipo » mer gen 12, 2005 12:35 pm

yinyang ha scritto:
bradipo ha scritto:Però pensate che fico se tutti i climber andassero solo a vista...al massimo due tentativi su una via e poi giù...si cambia perchè non si passa...ci si riproverà ma non subito!!! E' come ammetere i propri limiti (magari solo momentanei!).


:?:

perchè dovrebbe essere fico? non è nel lavorato che penso ci sia il problema a cui alludi, è come lo intende l'arrampicatore e soprattutto in che misura lo fa. Certo che se al 90% lavora e lascia solo il 10% delle vie che fa al "a vista" possono esserci i problemi che denunci


comunque ritornando in topic, il lavorato mi sembra molto importante anche per il discorso "kata" che si faceva sopra


E no!!! Invece secondo me è proprio il concetto di lavorato che porta a seguire schemi e a vedere solo un obiettivo: riuscire nella via, superarla! Per lo meno per me è così: lavoro una via quando è il mio limite! E invece forse sarebbe meglio arrampicare un pochino sottoil proprio limite e pensare a farlo bene, con il giusto approccio; poi provare sul proprio limite sempre con lo stesso giusto approccio con il quale hai arrampicato prima. Dico questo perchè si sente molto in giro imputare l'insuccesso a mancanza di forza mentre si trascura TUTTO il resto. E il resto è a mio avviso il 90% del tutto. Nessuno parla di tranquillità, di respirazione, di strategia di salita, ne tanto meno di approccio marziale.
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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 12:50 pm

bradipo ha scritto:Dico questo perchè si sente molto in giro imputare l'insuccesso a mancanza di forza mentre si trascura TUTTO il resto. E il resto è a mio avviso il 90% del tutto. Nessuno parla di tranquillità, di respirazione, di strategia di salita, ne tanto meno di approccio marziale.


sono d'accordo con quello che dici ma penso che si possa applicare anche al lavorato...diciamo come forma iniziale di "meditazione"...su una via in cui ho assimilato i movimenti, posso tentare di sganciare la presa cosciente e far fluire i movimenti :idea:
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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 12:53 pm

poi con l'esperienza posso tentare di trasportare questo assetto mentale al "a vista" e diventare un gran maestro di arrampicata :D
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Messaggioda pf » mer gen 12, 2005 12:55 pm

Il nessuno è generico.
I fortissimi queste cose le sanno, le applicano, le studiano. Ho scalato con Simone Pedeferri, per lui ( che è fortissimo fisicamente ) il senso del ritmo è fondamentale. La respirazione è un punto chiave, loro sanno che andare oltre un certo battito o in apnea è possibile solo per breve tempo ed in certi punti. E qualcuno di loro ( Hirayama, per esempio ), usa lo yoga per aumentare la concentrazione. Ho visto Dal Pra e Manolo scalare, non sono fortissimi fisicamente ma sulle qualità che dici hanno sviluppato moltissimo. Ho visto Brenna, è molto forte ma meno di tantissimi ragazzini in circolazione. Ma è essenziale, superconcentrato, l'ho visto provare un boulder molto alto e l'ha affrontato con uno sguardo, una determinazione, un approccio che hanno impressionato proprio mia moglie, che pure ha visto cose da fantascienza in arti marziali.

Sull'a vista e sul lavorato ho una mia opinione: si migliora solo col lavorato, ma quando si cade spesso due gradi sotto quel lavorato c'è qualcosa che non va. Soprattutto, si può poi scalare soltanto su pochi tiri all'anno, cosa che torturerebbe. Certo che bilanciare le due scelte è sempre difficile.
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Messaggioda bradipo » mer gen 12, 2005 13:06 pm

yinyang ha scritto:poi con l'esperienza posso tentare di trasportare questo assetto mentale al "a vista" e diventare un gran maestro di arrampicata :D


Si potrebbe anche funzionare su una via lavorata. Però non credi che il sapere già come si passa non influenzi negativamente la ricerca di altro nell'arrampicata? Non è proprio quando si va al di là delle prese e degli appoggi che si sta meglio? Si arriva alla fine e neanche ce ne siamo accorti, abbiamo assaporato tutto il resto. Chiaro che questo lo fai sul "facile" mi dirai tu.... :wink: e io infatti ti dico...ma chi te lo dice di cercare difficoltà enormi? Tanto poi ci arrivi da solo, la tua esperienza ti ci porta: oggi 6a poi 6a+ poi 6b etc. ma solo come indice di esperienza non come record!
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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 13:18 pm

bradipo ha scritto:
yinyang ha scritto:poi con l'esperienza posso tentare di trasportare questo assetto mentale al "a vista" e diventare un gran maestro di arrampicata :D


Si potrebbe anche funzionare su una via lavorata. Però non credi che il sapere già come si passa non influenzi negativamente la ricerca di altro nell'arrampicata? Non è proprio quando si va al di là delle prese e degli appoggi che si sta meglio? Si arriva alla fine e neanche ce ne siamo accorti, abbiamo assaporato tutto il resto. Chiaro che questo lo fai sul "facile" mi dirai tu.... :wink: e io infatti ti dico...ma chi te lo dice di cercare difficoltà enormi? Tanto poi ci arrivi da solo, la tua esperienza ti ci porta: oggi 6a poi 6a+ poi 6b etc. ma solo come indice di esperienza non come record!


infatti non penso che ci sia bisogno necessariamente della difficoltà (domenica scorsa ho fatto una bella "meditazione" su un quinto 8) )
tuttavia almeno per un principiante come me, l'a vista è ancora troppo... troppo...tropppo spezzetata e ragionata per potermi avvicinare ad un "lento fluire";

per cui come via verso l'illuminazione ( :D ) userei il lavorato per poi faticosamente passare con gli anni e l'esercizio a trasportarlo sull'a vista

tu che dici?
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Messaggioda bradipo » mer gen 12, 2005 14:28 pm

ma io dico che già parlare se applicare un approccio di buono stile sulle vie lavorate o a vista....non ha senso; lo devi fare sempre! lo devi fare come stile di vita e non si deve aver paura di non essere fluidi...la fluidità arriverà. E' come dire se vado sulla moto a 40 all'ora posso portarla anche male tanto sto a 40...ma se vado a 120 all'ora devo stare attento e portarla meglio. Forse vengo proprio da un modo di vedere "diverso". Nel tai chi la prima cosa che insegnano è proprio il movimento lento; il far si che il tuo corpo e la tua mente apprendano un pezzettino per volta, e pezzo dopo pezzo si costruisce qualcosa; nel ci kung addirittura sviluppi la tua sensibilità sia interiore che esteriore stando immobile; penso che sia applicabile anche all'arrampicata e nella vita di tutti i giorni. Certo se vogliamo risultati più tempestivi bisogna seguire altre strade. Ha ragione Maurizio che si rifà le vie perchè le vuol fare bene mi trova mooollto daccordo.
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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 15:03 pm

vi riporto un post che ho trovato su un forum di arti marziali (in particolare la sezione di aikido), ditemi voi se non sembra che stia parlando dell'arrampicata :D

Aggiungo col dire che vi sono molti racconti e scritti (come quello di Plee' ) in cui viene raccontato che la potenza fisica non che la grandezza fisica degli occidentali rendeva di netto superiore gli orientali in un confronto diretto.
Questa storia e' verissima e non la si puo' negare. Pero' ricordiamoci che nel caso descritto da Plee' si era in un campo da guerra durante la Seconda Guerra Mondiale, e mentre i commando americani erano supportati (per nostra fortuna) dalla C-ration, i giapponesi morivano di fame. i Giapponesi erano dei soldati coscritti mentre gli americani, truppe volontarie allenate per il confronto..etc etc etc.
Cmq in Asia si dice questo: le donne sono di natura piu' fragile e "debole" (debole? se pensiamo al parto, il dolore che sentono loro non e' comparabile a qualsiasi altro dolore che sentiamo noi...quindi e' da dire che si chiama debole ma in realta' sono fortissime!) compensano la mancanza di forza fisica con la tecnica piu' limpida e pulita.
Ricordo di un tempo in cui una mia Kiodai pur essendo molto piu' gracilina di me, riusci' a proiettarmi come se nulla fosse con una tecnica spaventosamente pulita e perfetta. Riflettei su questo e capii una realta': spesso la prestanza fisica cerca di "compensare" la mancanza fisica senza manco che ci accorgiamo di questo. Pero' sotto immenso stress o sotto fatica altissima, le forze fisiche ci abbandonano e solo la tecnica comprenetrata in noi risulta quella vincente. Perche' quando siamo sotto immenso stress (esame, duello, sparring..) o sotto fortissima fatica fisica, i muscoli del corpo non riescono a "compensare" la tecnica e cio' che facciamo risulta spesso opaco e senza efficacia: questo se noi non ci siamo migliorati tecnicamente. Alle donne nella stessa fatica o stress capita che spesso riescano a fare le stesse tecniche con meno fatica. Questo e' da riflettere.
Per questo io dico sempre ai miei Kohai: non e' importante se si e' alti, grassi (pesanti), magri, bassi o di nazionalita' diversa. Cio' che conta realmente e' la preparazione tecnica.
Vero e' che ad altissimi livelli la tecnica puo' essere quasi pari e li prevale la forza fisica(o la struttura fisica). Vero e' che nello sport molte arti hanno diviso il randori in classifiche di peso. Ma e' anche vero che spesso tali arti si sono trasformate dallo studio antico (nel bene o nel male? non saprei dire ma qualsiasi via esse hanno intrapreso si deve solo rispettarne le scelte). Nello studio antico non si vinceva una gara, ma la vita stessa colta in ogni respiro. E per cogliere quell'attimo di verita' ci si allenava intensamente la tecnica, lo spirito (il mushin) al punto tale che il raggiungimento della perfezione ci si avvicinava sempre di piu'.
Oggi tale perfezione non la si cerca piu' mentre si cerca la potenza necessaria per vincere una gara cosa assai differente (la gara si puo' vincere e perdere, si comprende cmq moltissimo. La vita invece se e' persa, e' persa...).
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Messaggioda Enzolino » mer gen 12, 2005 17:03 pm

bradipo ha scritto: Però pensate che fico se tutti i climber andassero solo a vista...al massimo due tentativi su una via e poi giù...si cambia perchè non si passa...ci si riproverà ma non subito!!! E' come ammetere i propri limiti (magari solo momentanei!).
Io faccio esattamente come dici tu. Fondamentalmente arrampico a vista, ma questo e' possibile anche perche' intorno ad Atene ci sono cosi' tante falesie che si possono provare a vista vie progressivamente piu' difficili.
A questo proposito cito un aneddoto significativo.
Il livello mio e di Giorgio un anno fa era piu' o meno lo stesso (anche se ho piu' anni di esperienza). Lui ha deciso di dedicarsi alle vie dure mentre allenandosi piu' intensamente e frequentemente di me mentre io ho continuato nella mia strada sull'arrampicata a vista scegliendo anche di salire su vie facili quando la bellezza della linea meritava.
Rincontrandoci da poco in una nuova falesia ho scoperto che lui e' piu' forte fisicamente di me, ma a vista sono leggermente piu' bravo di lui.
Come mai?
A mio avviso a lui manca di strategia, la gestione dei riposi, la lettura della roccia, la creativita' del movimento, il ritmo, la concentrazione, eccetera, ma d'altra parte ha una forza fisica e di dita ed una resistenza leggermente superiore alla mia.
Al contrario, sul lavorato, credo che lui sia decisamente superiore a me, nel senso che lo stesso giorno puo' ripetere una stessa via sino a cinque volte e riuscire. Io invece non riesco a ripetere una stessa via lo stesso giorno soprattutto perche' la motivazione cala.
Ho inoltre notato che spesso il primo tentativo di una via per me estrema mi riesce meglio rispetto ai secondi tentativi. E' come se la freschezza mentale del primo approccio migliora anche la prestazione.

In conclusione, son del parere che, se esistono le condizioni, ovvero la disponibilita' di vie nuove progressivamente piu' difficili, l'arrampicata a vista e' migliore rispetto al lavorato.
Scusate ... ma che c'entrano le arti marziali? :wink:
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Messaggioda maxx » mer gen 12, 2005 17:08 pm

Si e' parlato a lungo di rispetto, umilta', eleganza, stile. A questo punto io mi chiedo: siamo sicuri che queste qualita' siano presenti in maggior misura nelle discipline orientali che nell'arrampicata? Io credo sia vero l'esatto contrario. Tutta questa disciplina imposta, questo senso di "mistero che intimorisce", questo esotismo tanto alla moda oggi, per non parlare delle coreografie eleganti quanto fine a se stesse dei kata... ma per piacere, ridatemi la mia parete di roccia, che li' almeno non ho tempo di compiacermi del mio stile e della mia "spiritualita'", bisogna rimboccarsi le maniche e salire, altro che storie...

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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 17:48 pm

maxx ha scritto:Si e' parlato a lungo di rispetto, umilta', eleganza, stile. A questo punto io mi chiedo: siamo sicuri che queste qualita' siano presenti in maggior misura nelle discipline orientali che nell'arrampicata? Io credo sia vero l'esatto contrario. Tutta questa disciplina imposta, questo senso di "mistero che intimorisce", questo esotismo tanto alla moda oggi, per non parlare delle coreografie eleganti quanto fine a se stesse dei kata... ma per piacere, ridatemi la mia parete di roccia, che li' almeno non ho tempo di compiacermi del mio stile e della mia "spiritualita'", bisogna rimboccarsi le maniche e salire, altro che storie...

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vedo che hai capito in pieno lo spirito del 3D! :roll: :lol:
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Messaggioda Maurizio » mer gen 12, 2005 18:48 pm

Bene, mi sembra che l'argomento è così vasto che ognuno divaga qui e là...per cui riesco solo a dare alcune risposte sparse:

a Cuorpiccino: sono andato a scalare abbastanza a lungo con Marco Mola, dunque credo di conoscerlo bene. Penso però che lui fece slegato i Nani Verdi (7a) e non Strenous (7c+). Potrei sbagliare, ma comunque a quei tempi lì non c'era nessuno che osava fare quelle vie slegato. Poi fece anche il Diedro del Mistero in Valle dell'Orco.

a yy, mi pare: efficacia per me è un'altra cosa, non è sinonimo di eleganza o di buono stile. Efficace è un arrampicatore che arrampica senza fronzoli e riesce a finalizzare bene le sue forze al risultato. Dunque non è che il bello stile sia sinonimo di efficacia, a volte ne è l'opposto. Io volevo dire che se 20 anni fa era importante avere un buono stile, oggi è più importante essere efficaci, e si è portati a considerare bravi arrampicatori coloro che lo riescono ad essere al massimo, spesso a discapito dello stile

a pf: io ho avuto modo di vedere all'opera molti forti arrampicatori. Da buon bastian cuntrari come sono, stavo attento alle piccole cose dei loro gesti, piuttosto che a ciò che stavano facendo. Ad esempio Legrand, in una finale di Serre Chevalier, riuscì a trovare un riposo impossibile e un movimento di ribaltamento che nessun altro concorrente immaginò. Vinse o no, non me lo ricordo. Ma questo la diceva lunga sulla sua classe.
Oltre al già citato Bernardi, di Edlinger mi impressionò la mobilità delle anche, che gli permetteva di aderire alla roccia quasi completamente. Di Berhault l'immenso repertorio gestuale. Manolo ha una scalata molto particolare. Sicuramente alcuni aspetti che normalmente non si colgono sono la sua incredibile forza nelle dita dei piedi (riuscì a fare un 7c di placca su buchetti con le ballerine sfondate, quelle che sembrano calze, non le cobra o le venom) e nelle dita delle mani. Lui ha un particolare modo di stringere le tacchette ed ha sicuramente sviluppato una sensibilità tattile superiore. Questa era completamente sconosciuta ai climber dell'ultima generazione, finchè non ritornò in auge il boulder. L'austriaco Kubista tratta una via come se fosse un rebus. Al primo giro lo vedi e sembra un handicappato, e pensi che non la farà mai, neanche al milionesimo tentativo, ma al secondo l'ha già fatta. Questo vuol dire che ha una capacità di memorizzazione e ottimizzazione dei movimenti eccezionale. Poi altra cosa particolare è che non si accontenta di fare un passaggio, vuole a tutti costi trovare il modo più facile di farlo! Altri climber francesi, tipo Yann Guesquiers, invece hanno una scalata senza fronzoli, ma terribilmente efficace. Sono scalatori che hanno chilometri di vie, per cui hanno un senso del ritmo (quello che diceva Fabio) estremamente sviluppato. Poi ho visto Calibani fare massi, e penso che tutti immaginino quale è la sua forza.
Insomma, tutto questo per dire che ogni climber è un caso a parte e che dire "si tiene" o "non si tiene" è sicuramente riduttivo.
Ci sono arrampicatori che solo con la grinta e la voglia di riuscire fanno cose incredibili.

a cuorpiccino nuovamente: lavorato e on sight sono due mondi completamente diversi. Credo che sia come parlare di Slalom Speciale e slalom gigante, magari ho detto una stronzata, però credo che in futuro si arriverà ad una specializzazione. Parlare di livello a vista e lavorato è un altro capitolo ancora, il classico ginepraio :D

ciao

Maurizio
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Messaggioda yinyang » mer gen 12, 2005 19:03 pm

Maurizio ha scritto:a yy, mi pare: efficacia per me è un'altra cosa, non è sinonimo di eleganza o di buono stile.


penso di no perchè sono d'accordo che generalmente è un'altra cosa

certo che quando all'eleganza e il buono stile si aggiunge l'efficacia (e l'ordine delle parole è fondamentale) allora siamo di fronte ad un maestro davvero
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Messaggioda bradipo » gio gen 13, 2005 10:31 am

yinyang ha scritto:
Maurizio ha scritto:a yy, mi pare: efficacia per me è un'altra cosa, non è sinonimo di eleganza o di buono stile.


penso di no perchè sono d'accordo che generalmente è un'altra cosa

certo che quando all'eleganza e il buono stile si aggiunge l'efficacia (e l'ordine delle parole è fondamentale) allora siamo di fronte ad un maestro davvero


Io credo che la maggior parte di noi sul prorpio limite perdono un po di "stile" a favore dell'efficacia, soprattutto quando subentra la stanchezza; ecco perchè secondo me è bene si tentare per oltrepassare i propri limiti ma anche consolidare quello che si è ottenuto e quindi andare a vista su gradi poco al di sotto dei propri limiti. Secondo me è come costruire una piramide:

8a
7c 7c
7b 7b 7b
7a 7a 7a 7a
6c 6c 6c 6c 6c
6b 6b 6b 6b 6b 6b
6a 6a 6a 6a 6a 6a 6a

Prova a cancellare i primi due 6a a sinistra o destra e la piramide comincia a essere meno stabile: in poche parole se il mio limite è 7a ne farò pochi e in confronto avrò fatto in passato molti più 6a ma continuo a fare molti 6c e tenterò di farli in maniera impeccabile (azzeccando tutto: riposi, linea di via, a vista). Un albero secolare si tiene su per le sue radici secolari e non per la sua folta e bellissima chioma. Io queste radici le sto cercando e non voglio smettere di farlo e sono contento che anche altri hanno questa sensibilità.
E ora posso anche cancellare l'8a i 7c i 7b e fermarmi così al 7a, non avrò una bella chioma...ma che radici :wink:
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Messaggioda bradipo » gio gen 13, 2005 11:11 am

Scusate ma la piramide era stata fatta tanto bene ma evidentemente nell'invio si è riallineata a sinistra. Il concetto è comunque lo stesso basta togliere i 6a a destra.... E' un concetto abbastanza matematico provate a pensarlo un po' "elastico".
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Messaggioda pf » gio gen 13, 2005 11:29 am

Ciao Bradipo.
Suggestiva parabola, ma non del tutto veritiera. Come ben sai, se non hai una folta chioma anche le radici soffrono. E' verissimo e sotto gli occhi di tutti che moltissimi climbers che si dedicano esclusivamente ai tiri al proprio limite ( magari scaldandosi poco, e in definitiva scalando pochi metri di roccia diversa ogni anno) sono magari perfetti su ciò che provano ma clamorosamente a disagio su roccia sconosciuta, ma è anche vero che salendo di grado si imparano cose ( come accarezzare o stringere prese inconsuete, piccole a piacere; come riposare; come respirare, etc...) che sul facile non sono necessarie e quindi si trascurano.
Così c'è il paradosso di vedere un arrampicatore che scala meglio sul 7a di gente che fa l'8b ma che improvvisamente diventa brutto a vedersi appena un grado e mezzo sopra, impreparato a nuovi gesti o a prese mai trovate. Ho esempi di questo.
Alla fine, molto pragmaticamente, è una questione di tempo!! Sai perchè? Perchè io vado in falesia, e cerco sempre di scalare almeno tre tiri molto al di sotto del mio livello massimo. Poi cerco di fare un tentativo a vista, infine dò un'occhiata a qualcosa di difficile. Il risultato, spesso, è che alla fine della giornata non ho "combinato" niente ma parecchi metri di roccia nuova l'ho toccata. Non so se serve, ma attualmente me la sto proprio godendo. Il problema è che c'è ormai una marea di tiri che vorrei andare a fare, già provati una volta o due, ben lontani l'uno dall'altro.
Certamente, insomma, c'è a volte insoddisfazione perchè se non arrivi in catena senza resting sei incompleto, e dall'altra parte si accumulano esperienze visive diverse che ti permettono di venirne fuori in situazioni diverse. E forse anche di migliorare in eleganza e gesto anche se, ahimè, personalmente penso di arrampicare molto meglio rispetto a tre anni fa, ma se uno non ha talento alla base non diventerà mai un "bello a vedersi".
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Messaggioda yinyang » gio gen 13, 2005 11:43 am

bradipo ha scritto:Io credo che la maggior parte di noi sul prorpio limite perdono un po di "stile" a favore dell'efficacia, soprattutto quando subentra la stanchezza; ecco perchè secondo me è bene si tentare per oltrepassare i propri limiti ma anche consolidare quello che si è ottenuto e quindi andare a vista su gradi poco al di sotto dei propri limiti. Secondo me è come costruire una piramide:

8a
7c 7c
7b 7b 7b
7a 7a 7a 7a
6c 6c 6c 6c 6c
6b 6b 6b 6b 6b 6b
6a 6a 6a 6a 6a 6a 6a

Prova a cancellare i primi due 6a a sinistra o destra e la piramide comincia a essere meno stabile: in poche parole se il mio limite è 7a ne farò pochi e in confronto avrò fatto in passato molti più 6a ma continuo a fare molti 6c e tenterò di farli in maniera impeccabile (azzeccando tutto: riposi, linea di via, a vista). Un albero secolare si tiene su per le sue radici secolari e non per la sua folta e bellissima chioma. Io queste radici le sto cercando e non voglio smettere di farlo e sono contento che anche altri hanno questa sensibilità.
E ora posso anche cancellare l'8a i 7c i 7b e fermarmi così al 7a, non avrò una bella chioma...ma che radici :wink:


bella la metafora dell'albero :wink:

comunque penso che quello che giustamente dici sia di tutte le attività umane; a meno di essere particolarmente dotati (diciamo dei geni) ognuno di noi deve esercitarsi tantissimo per raggiungere dei risultati sia che si tratti di una disciplina intellettuale sia che si tratti di una disciplina fisica -> quando questo non avviene (cioè si "bruciano le tappe") penso che lo "stile" venga meno, anche se ci può essere una buona efficacia, semplicemente per il fatto che non si ha avuto il tempo di assimilare il gesto

invece vorrei sottoporti una domanda che ora mi sembra fondamentale rispetto a quello che scrivi: tu dici...

Io credo che la maggior parte di noi sul prorpio limite perdono un po di "stile" a favore dell'efficacia


eppure sopra io riportavo uno scritto che indica come uno degli obiettivi dell'aikido quello di avere il controllo anche al limite

quindi per te quando si è al limite si perde stile...

ma come definisci il limite?
non è che tu definisci il limite PROPRIO in funzione della perdita di stile???
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yinyang
 
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