Davide62 ha scritto:Io quando non riesco a passare, praticamente ovunque, me ne infischio.
Indifferente ai predecessori non esito un solo istante a mitragliare la roccia per proteggermi.
Me ne infischio se a 50 cm c'è una bella fessura per i dadi o i friend, tanto più che questi ultimi sono buoni solo per trascorrere una serata i birreria.
ma infatti, che poi se gli amici stanno in fessura poi va a finire che in birreria ti trovi solo

giorgiolx ha scritto:VECCHIO ha scritto: ha scritto:
retro-etici quelli allineati da M. Dell'Agnola, che mette in conto con pacatezza cavalleresca, velatamente romantica, il "diritto al rischio" e pseudo-etici quelli che si allineano a Fabio Palma, che sostanzialmente ritiene, con "solo quattro spit al Wenden" , che il rischio sia adattabile alle capacità geo-tecniche della salita.
Ho l'impressione che l'ideologia degli infissi a distanza obbligata, per il fatto di promuovere regole selettive basate esclusivamente su mezzi tecnici "innaturali" sia la testimonianza di un'antietica paradossale, per il fatto che non è possibile realizzare una "difficoltà obbligata" se questa è già insita nello stato di compattezza della natura verticale. SI può solo inventare una difficoltà alterata che, disancorata dal confronto con l'ordine naturale, si riveli illusoria rispetto alle possibilità effettive d'ognuno. L'arrampicata geotecnica ad infissi distanziati a cui oggi molti guardano come etica definita, è retaggio della trasformazione del fatalismo d'un dogma, che invita ad accettare conseguenze inevitabili, in fanatismo d'un culto, che spinge ad obbedire ciecamente alle conseguenze. Ecco perchè la dipendenza dal culto della sicurezza geotecnica, che assolve dalla responsabilità di rischiare, diventa un ottavo elemento configurativo del rischio.




