ales ha scritto:la persona in questione era assunta come "creativa" pubblicitaria, il titolare non aveva la benché minima nozione a riguardo, quindi i tempi biblici della tizia non lo allarmavano, dal canto mio ti posso assicurare che lei si approfittava in maniera schifosa della fiducia che le veniva data.
Come dovrebbe essere "messo in condizione" di lavorare uno che cerca di fare il meno possibile? E perché mai un dirigente d'azienda dovrebbe occupare il proprio tempo a "mettere in condizione" di produrre chi cerca di non farlo, invece di lavorare?
A parte il fatto che quando sento pronunciare il termine "creativo pubblicitario" metto istintivamente mano alla pistola, mi chiedo con quale logica quel titolare abbia assunto (a tempo indeterminato, parrebbe) una figura professionale (?) del genere senza sapere esattamente che tipo di prestazione pretendere e in che tempi.
Il lavoro del dirigente (capo, titolare, manager, responsabile, direttore, quadro o come lo vuoi chiamare) è , guardacaso, dirigere e quindi, tra le altre cose, controllare (direttamente o tramite figure preposte) se e come una determinata mansione venga svolta.
Detto questo, come giustamente rileva Piedenero, è davvero difficile trarre conclusioni basandosi sulle singole esperienze personali; in ogni caso, al di là della specifica polemica sull'Art.18, non ho ancora sentito una sola teoria minimamente convincente che dimostri che oggi, in Italia, per crescere occora poter licenziare senza vincoli. Chi lo sostiene o non conosce la realtà o è in malafede.