incidente in cascata

Alpinismo sulle Alpi ed extraeuropeo, ghiaccio, cascate ecc.

incidente in cascata

Messaggioda Gian » dom feb 01, 2004 13:12 pm

si sà chi erano quelli dell'incidente in cascata di ieri???????
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Messaggioda ubirou » dom feb 01, 2004 15:13 pm

cosa è successo ?

dove ?
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Messaggioda BAT » dom feb 01, 2004 16:33 pm

Val Fontana (Ponte Valtellina - Sondrio)
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Messaggioda simo il 4 CG » lun feb 02, 2004 13:44 pm

Ponte in valtellina Guido Mastrostefano nato a Bolzano e residente a Verona e Francesco Masnovo di Soave sono morti ieri in Val Fontana. I due alpinisti avevano percorso centinaia di chilometri per raggiungere la località nel comune di Ponte. L?obiettivo era quello di sfidare la ?Giazzusa? (?ghiacciosa? in italiano), una cascata di ghiaccio di oltre 200 metri, una sorta di mecca per gli appassionati dello sport estremo dell?arrampicata. Nel primo pomeriggio i due amici hanno affrontato il pendio legati in cordata, raggiungendo un buon livello sulla parete. Improvvisamente si è verificata la tragedia, con ramponi, piccozze e moschettoni che hanno perso la presa sul ghiaccio, facendo precipitare i due alpinisti fino a terra. Il primo a cadere è stato l?uomo che guidava la cordata, trascinando il compagno. Entrambi sono morti sul colpo. Mastrostefano era un farmacista di 35 anni, mentre Masnovo era un impiegato di 41 anni. Alle 14.30 è stato dato l?allarme alla centrale operativa del 118. I soccorritori, tra cui la dottoressa Isabella Nitti rianimatore a bordo dell?elicottero, sono riusciti a raggiungere i due alpinisti trovandoli privi di vita. Al personale medico aiutato dagli uomini del soccorso alpino coordinati da Valerio Rebai non è rimasto altro che caricare i corpi sul velivolo per trasportarli alla base di Caiolo. Le salme sono state portate nella camera mortuaria dell?ospedale di Sondrio, dove sono state sottoposte agli accertamenti del caso




Sondrio A casa di Mario non hanno chiamato. Né hanno cercato di mettersi in contatto con la guida alpina che risiede a Ponte in Valtellina, e che è nota anche in ?rete? per essere uno dei maggiori conoscitori della ?Giazzusa?, la cascata di ghiaccio situata sopra casa sua, a 1400 metri, sul versante Ovest del monte Combolo, che la alimenta costantemente con un ruscelletto sempre attivo. Una lingua di ghiaccio di medie dimensioni, assai ?panciuta? e proprio per questo considerata una ?classica?, perché non presenta notevoli difficoltà. Almeno a detta di chi ci va spesso. «Mario Sertori in questi giorni non è a casa - spiega la moglie - ma qui non ha chiamato nessuno per avere informazioni sulla cascata e nemmeno al sito internet ci hanno contattato... Solitamente è prassi che chi si avventura in questi luoghi chiami sempre una guida alpina che sia del posto e che pertanto sia a conoscenza delle caratteristiche della via o dell?ascensione che si ha intenzione di compiere... A volte chiamano per telefono, a volte, invece, ci contattano con un clic, sul nostro sito internet. Mi spiace, non posso aiutarvi, provate a chiedete a Popi Miotti, oppure al ?rampichino?». Nomi noti nell?ambiente dell?alpinismo valtellinese. Luca Maspes - rampichino, appunto, per gli amici - in valle è un?istituzione. Sin da giovanissimo ha compiuto imprese notevoli, ma più che le vie aperte e i sesti gradi dominati senza fatica, di lui la cronaca si ricorda soprattutto per quell?irriverente intitolazione a Totò Riina, di una via alquanto difficile in Valmasino, sul Badile, se la memoria non ci inganna. «Non so proprio cosa sia potuto capitare - dice rispondendoci al cellulare mentre è sulla strada per Monaco -. E? una cascata tutto sommato tranquilla, con diversi punti in cui sostare in sicurezza e soprattutto non presenta accumuli in testa, per intenderci non ci dovrebbero essere dei depositi di neve pronti a trasformarsi in slavina e quindi a travolgere chi sta facendo l?ascensione... Ripeto, non riesco a capire che cosa sia potuto succedere... Quando mi hanno detto dell?incidente ho subito pensato a due giovani valtellinesi, poi, invece, mi hanno detto che vengono da fuori, ma spiace sempre quando accadono queste tragedie». Anche Popi Miotti, accademico del Cai, guida alpina molto conosciuta, quel posto lo ha visitato più volte. «Lì di cascate ce ne sono parecchie... la ?Giazzusa? è la più nota ed è di media difficoltà. La si incontra praticamente sulla strada che sale in Valfontana. Lasciato Sant?Antonio, si prende per le baite di Campello e la colata di ghiaccio è proprio lì, con la sua ?pancia? e con i suoi tratti ripidi... Non solo è facilmente accessibile - prosegue Miotti - ma si presenta sempre in buone condizioni. E? lunga circa 250 metri e ha una pendenza massima di 85 gradi, ma non ovunque. Solo alcuni tratti sono quasi in verticale, nel complesso la si potrebbe definire sicura poiché non si fa fatica a conficcare i chiodi da ghiaccio, né a trovare luoghi per la sosta... Insomma, ti impegna poco dal punto di vista tecnico». Nessuno degli esperti locali, però, se la sente di azzardare ipotesi su quello che è accaduto ieri. Forse si è accumulata neve in alto ed è scesa improvvisamente, facendo perdere l?appiglio ai due alpinisti veronesi, di 31 e 41 anni, legati tra loro e precipitati insieme a valle. O forse si è staccata una placca di ghiaccio, travolgendoli entrambi. Chi può dirlo. Solo il sopralluogo di oggi consentirà di accertare le cause o concause che hanno provocato questa terribile tragedia. Certo, non è la prima che avviene su quella cascata. Nel dicembre ?98, un giovane lecchese perse la vita precipitando da quella enorme lastra di ghiaccio.
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Messaggioda simo il 4 CG » lun feb 02, 2004 13:45 pm

Il concetto non è di immediata comprensione, eppure è di una logicità ferrea: non ci sono sport estremi in montagna, perché la montagna non è una palestra. Ci sono invece attività che possono essere fatte in sicurezza a patto che con l?ambiente circostante venga allacciata una relazione continua e che si sia disponibili di volta in volta a rimettere in discussione tutto, sino al punto di abbandonare ?l?impresa?. Lorenzo Merlo, guida alpina milanese, responsabile della comunicazione del collegio lombardo delle guide, accetta di parlare di quello che è successo a patto di non entrare «in dettagli di cronaca che non conosco e a condizione che non mi facciate dire le solite cose...». Prego. «Quello che intendo dire è che occorre compiere un salto culturale e capire che la montagna è un territorio che ci comunica ogni istante delle notizie, delle informazioni che siamo in grado di captare solo se ci ?avventuriamo? in un posto tenendo le orecchie ben aperte e dritte. Se invece ci andiamo considerando la zona alla pari di un campo di calcio in cui giocare una partita ecco che il rischio di farci del male aumenta vertiginosamente». Quindi? «Solo frequentando la montagna in modo esplorativo saremo in grado di relazionare con l?ambiente e valutare i segnali che ci vengono ?trasmessi?, in modo da poter adattare i nostri comportamenti e prendere le decisioni più giuste per la nostra sopravvivenza e per quella di chi magari ci accompagna. Questa è la regola numero uno. Poi viene il discorso delle attrezzature adeguate, dell?equipaggiamento e dell?abbigliamento che bisogna avere Qualcos?altro? «Naturalmente la tecnica. Quando si parla di ascensioni su ghiaccio non si può essere degli sprovveduti. Ci si avvicina per gradi e soprattutto con persone esperte, guide alpine che ci possono accompagnare in tutta sicurezza, scegliendo luoghi idonei in base al grado di preparazione che ognuno di noi ha. L?importante - ripeto - è avvicinarsi a qualsiasi attività dell?alpinismo non come se fosse una disciplina sportiva, altrimenti il rischio aumenta. Parliamo di ascensioni su ghiaccio. «Prima ancora di recarsi sul luogo prescelto, c?è un lavoro da fare a tavolino per assumere informazioni dalla ?rete?, da chi risiede sul luogo, dalle guide del posto. Ma questo ?bagaglio? di informazioni deve essere considerato sempre in relazione a quello che si troverà sul posto. Alla temperatura, all?esposizione, ad eventuali scenari diversi rispetto a quelli considerati. La ?relazione? con la cascata ci dirà se proseguire oppure se - invece - è il caso di fermarsi e rientrare».
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Messaggioda davide76 » lun feb 02, 2004 15:11 pm

simo:
li becchi sempre tu questi articoli ben fatti. li trovi su un sito in particolare o giri di volta in volta??

da
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Messaggioda simo il 4 CG » lun feb 02, 2004 16:04 pm

davide76 ha scritto:simo:
li becchi sempre tu questi articoli ben fatti. li trovi su un sito in particolare o giri di volta in volta??

da


cerco sui giornali on line della zona
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Messaggioda Fokozzone » lun feb 02, 2004 19:47 pm

Mi chiedo se non fossero di conserva su un tratto facile...
Si cerca di riflettere, di imparare, di evitare gli errori.
La verità è che un qualche rischio lo si deve accettare.
Il più basso possibile, ma un rischio c' è.

Le cascate sono strane: è tutto perfetto fino a un attimo prima...

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Messaggioda Booo » lun feb 02, 2004 21:09 pm

Fokozzone ha scritto:Le cascate sono strane: è tutto perfetto fino a un attimo prima...
Fokozzone


Se ci pensi può essere un corretta definizione della morte. :cry:

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Messaggioda ubirou » lun feb 02, 2004 21:21 pm

Booo ha scritto:
Fokozzone ha scritto:Le cascate sono strane: è tutto perfetto fino a un attimo prima...
Fokozzone


Se ci pensi può essere un corretta definizione della morte. :cry:

Alex


...già, misteriosa e affascinante....

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Messaggioda BAT » lun feb 02, 2004 21:24 pm

Sì, in effetti è vero!
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Messaggioda simo il 4 CG » mar feb 03, 2004 10:38 am

Potrebbe avere un nome il colpevole della tragedia della Val Fontana. L?imputato numero uno è il caldo o, per essere più precisi, l?improvviso innalzamento delle temperature di sabato. Forse è per questo che il ghiaccio della cascata Giazzusa ha perso la consistenza necessaria per sorreggere i due alpinisti impegnati nell?ascensione. Il sospetto è degli esperti del soccorso alpino, i primi a intervenire in aiuto di Francesco Masnovo e Guido Mastrostefano, morti sul colpo dopo essere precipitati al suolo da parecchie decine di metri. Ai due alpinisti non mancava certo l?esperienza, come testimonia, tra l?altro, l?attrezzatura completa e aggiornata di cui disponevano. Ma l?aumento della temperatura si è verificato in poche ore cogliendo di sorpresa le vittime. Oltretutto, al momento dell?incidente (nel primo pomeriggio di sabato) la cascata di ghiaccio che Guido e Francesco stavano scalando era stata raggiunta dai raggi del sole. E la loro azione, unita alla corrente di aria più calda che stava prendendo il posto del gelo dei giorni precedenti, potrebbe aver contribuito a sgretolare la superficie del ghiaccio facendo perdere la presa all?uomo che guidava la cordata. Che ha trascinato con sé nella caduta anche il compagno. Quando gli uomini del soccorso alpino e del 118 sono riusciti a raggiungerli li hanno trovati già privi di vita, a causa dei numerosi traumi riportati, e a nulla sono valsi i disperati sforzi dei soccorritori. L?allarme alla centrale operativa del 118 è arrivato alle 14,30, ma individuare i corpi non è stato facile e soltanto molti minuti più tardi la dottoressa Isabella Nitti, il rianimatore a bordo dell?elicottero, ha potuto raggiungere i due sfortunati alpinisti e constatarne il decesso. A quel punto, al personale medico, aiutato dagli uomini del soccorso alpino, non è rimasto altro da fare che caricare i corpi sul velivolo per il trasporto alla base di Caiolo. Da qui le vittime sono state trasportate alla camera mortuaria dell?ospedale di Sondrio dove i loro corpi sono stati sottoposti agli accertamenti del caso. Delle indagini si stanno occupando i carabinieri della stazione di Ponte che hanno avvisato anche il pubblico ministero di turno, Stefano Latorre. Che ieri ha dato il nullaosta alla sepultura. I militari, intanto, hanno fatto un sopralluogo per cercare di capire di più. Difficilmente ci si potrà avvalere della testimonianza delle persone che erano nella zona e che hanno dato l?allarme quando hanno visto i cadere i due alpinisti. Dalla posizione nella quale si trovavano, infatti, non hanno potuto vedere quello che è successo.
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Messaggioda J&J » mar feb 03, 2004 10:58 am

Fokozzone ha scritto:La verità è che un qualche rischio lo si deve accettare.
Il più basso possibile, ma un rischio c' è.



Chiunque pratica "sport" di montagna deve accettare una certa percentuale di rischio....si può diminuirla ma non azzerarla.
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