da matitrial » lun nov 03, 2008 15:21 pm
Colgo l'occasione per riportare una mia "stupidaggine" scritta qualche tempo fa, legata a sensazioni suscitate dal camminare per sentieri.
Si ormai ci siamo, è autunno, sole dolce e non fastidioso. Vuoi mettere i colori dell?autunno? Quelle tinte giallo-rosse del bosco, quel senso di lieve aspettativa, mentre passeggiando per sentieri, vedi cadere velatamente le foglie senza più linfa. Quello stato di preparazione all?inverno, al freddo. Quello spogliarsi dai fronzoli, delle cose inutili per potere affrontare il gelo liberi.
I ricci che rotolano per liberare castagne dal guscio liscio e lucido quasi fossero create da una macchina tecnologica, perfette nella loro linearità ed armonia. Pronte anch?esse a farsi macerare dalla pioggia e dalla neve. Ed il silenzio, particolare, non quello abituale del bosco, non quello primaverile o estivo che è pieno di ronzii e cinguettii.
In autunno il silenzio nel bosco è diverso ed unico, senti stanche foglie secche strusciare lievi fra i rami mentre svolazzano senza ribellarsi verso il terreno, senti i frutti del castagno cadere improvvisamente e rovinosamente con clamore, il ruscello anche lui stanco delle copiose acque di temporali estivi che si asciuga lentamente quasi a chiudersi in se stesso ammutolendo ogni castatella e riducendola ad un piscino, e senti poco altro, perché il bosco si sta preparando, sa che deve iniziare a coprirsi con tante foglie quasi fossero una calda coperta che preserverà i bulbi e le radici durante il gelo, proteggendoli forse meglio di una madre amorevole.
Quanto è incredibile la natura, quanto posso arrivare ad invidiare quel piccolo bulbo, che incontrerò in primavera, si accinge a spuntare dalla castagna ben nascosta tra le foglie ormai fatte tappeto uniforme. Quale tenerezza riesco a cogliere in quel naturale evento, ripetuto, infinito, pieno di calore ed unione. Un rametto biancastro, che, come un bimbo curioso e coccolato, alza la testa fuori dalle foglie ed attende, consumando lentamente la madre castagna ed i succhi della terra, guardando con rispetto quegli alti fusti suoi parenti, che un giorno, con un po? di fortuna potrà forse raggiungere e superare.
La suola in vibram del mio scarpone lo preme inesorabilmente a terra, seppellendo con lui ogni sua speranza futura.
Ed il sentiero continua lungo e dolce con quel ripetersi di sali scendi, con alcuni passaggi esposti e altri larghi e comodi.
Sto meglio ora, so che qualcosa di me resterà anche qui, sento la natura che mi guarda ed odiandomi mi riconosce come vivo, esistente, pulsante. Ora non sono solo un entità passeggera ed invisibile, ho lasciato la mia impronta cambiando tutto. Quel castagno che avrebbe dimostrato la sua imponenza fra qualche decina d?anni, lascia spazio ad una semplice impronta umana, presto lavata dalla prima pioggia.
In effetti è bella anche la primavera .....
per una cima ci sono infinite vie