Vabè gente, ho chiuso il conto!
O meglio, ho chiuso il tiro! (quello di cui parlo nel primo post)
Di seguito racconto questa storia, per chi ha voglia di leggere ovviamente...

(o meglio... di leggere tanto!!!

)
Per alcuni mesi si scala a fatica in questa falesia essendo molto calda. In questi ultimi tempi l'aria è più fresca e sto riiniziando a frequentarla, e così ho pensato di togliermi questo... sassolino dalla scarpa!
Beh, ero convinto di poterlo fare come tiro, tecnicamente e come forza intendo, ma non mi vergogno a dire che quel passaggio dove sono caduto mi provocava una paura irrazionale. Quando ci pensavo non riuscivo a scacciare l'immagine di una caduta su quella pancia di concrezioni taglienti...
Avrei affrontato molti altri tiri di quella falesia di grado simile o superiore con molta meno paura...
Ho deciso che avrei dovuto affrontarlo con il cuore, ovvero con la passione e il gusto per la sfida, ma anche con il cervello, per capire "come" farlo nel miglior modo possibile e perciò renderlo meno pauroso, con la sola forza si fa ben poco...
Come diceva quella pubblicità di quella marca di pneumatici?
Il primo giro che ho fatto è stato un incubo. Sono partito con tantissima paura, penso la peggiore paura (a livello si paura anticipatoria) mai provata da quando scalo. Cercavo di concentrarmi sui singoli passaggi, anche su quelli più facili per risparmiare energie per quelli più difficili, ma ero troppo teso, continuavo a pensare quasi esclusivamente a quando sarei arrivato a "quel passaggio"! Mi sono appeso un sacco di volte...
Più volte mi sono chiesto perchè mi intestardivo con quel tiro. Con tutti gli altri tiri che ci sono in quella falesia, chi me lo faceva fare... non è che mi pagavano...
Ma dentro di me sapevo che se avessi vinto quella sfida avrei fatto un passo importante per me stesso, un passo che altri tiri, anche di grado più alto, non avrebbero potuto farmi fare. E non parlo solo di arrampicata...
Forse che noi scalatori in fondo altro non siamo che cacciatori di forza?
Perciò sono andato avanti.
Quella volta non è andata bene, ma sono arrivato in catena, e mi sono studiato il passaggio incriminato... Era meno lungo di come me lo ricordavo, la paura me lo aveva ingigantito da quel punto di vista, ma la stessa cosa non valeva per le concrezioni, molto taglienti...
Quel tiro incominciava a diventare un'ossessione, ci pensavo diverse volte durante la giornata, alla sera, le notti precedenti ai tentativi ho dormito male. Ogni volta che ci pensavo mi ri-immaginavo i passaggi, sentivo le mani sudate, il cuore accellerare, mi sembrava di sentire la roccia sotto alle mani... quasi non riuscivo a pensare ad altro.
Il terzo giorno di tentativi mi sono fatto un giro su un quinto per riscaldarmi, scalando da cani!
Ho fatto un primo giro sul "mio tiro", continuando a scalare da cani, ma... mi è servito per capire ancora meglio come fare quel passaggio sulla pancia di concrezioni e quello sottostante piuttosto faticoso.
Dopo il turno su altri tiri dei due miei soci (eravamo in tre) toccava di nuovo a me.
Ero fiducioso, e la paura era stata in buona parte accantonata dalla conoscenza dei singoli passaggi, ma... era sempre un bel ingaggio!!!
Mi sono fatto il nodo, ho messo le scarpette curando di non metterle sulla terra, ho stretto il casco, allargato bene il sacchetto della magnesite...
Poi ho appoggiato le mani sulla roccia, ho chiuso gli occhi...
Mi sono concentrato sulle sensazioni che mi dava la roccia sotto alle mani, ho iniziato a concentrarmi sul mio respiro, poi sul mio corpo, sulle mie braccia. Esistevo solo io e la roccia...
A quel punto ho aperto gli occhi e ho guardato verso l'alto. Ho fatto un respiro profondo, con l'addome, poi ho detto al mio socio "vado".
I movimenti erano perfetti, curavo di scaricare la maggior parte della fatica sulle gambe, stringevo le prese non un grammo di più di quanto serviva, il ritmo del mio respiro era regolare, stando volontariamente ad un ritmo leggermente superiore a quanto richiesto dal mio organismo, la concentrazione massima...
Al primo passo chiave una piccola sbavatura, ho mancato al primo colpo una pinzata in una posizione tecnica ma molto faticosa, non avrei avuto le energie per altri due tentativi, lo sapevo, perciò me ne rimaneva uno. Mi sono concentrato sulla posizione dei piedi e ho preso la pinzata... Ho spostato un piede e cambiato posizione, ho preso una cosa buona e via verso l'alto, verso un buon punto di riposo intermedio.
Tornando sul facile ho ripreso il giusto ritmo nei movimenti e non ho sbagliato più ne una presa ne un appoggio.
Sul punto di riposo ho continuato a respirare rumorosamente per ossigenare bene il mio sangue, però con respiri molto profondi e addominali. Ho chiuso gli occhi, mi sono distolto per un attimo dal contesto in cui ero e ho rivolto l'attenzione dentro di me. Ho sghisato bene gli avambracci.
Quando li ho sentiti abbastanza riposati ed efficienti ho deciso di ripartire, il tempo di riposo deve essere abbastanza lungo per recuperare forza, ma non troppo per non rischiare di perdere lo stato di concentrazione ottimale.
Mi sono ripassato mentalmente la parte successiva, mi sono riconcentrato sul mio respiro, ho aperto gli occhi e ho detto al mio socio "riparto".
A quel punto o andavo o cadevo, ma... ero determinato, e alla caduta non ci pensavo proprio. Non per paura, ma perchè ero convinto di farcela, perchè "ci credevo", credevo in me stesso...
La prima rinviata è stata facile. Il passo successivo poteva essere molto faticoso, perciò l'ho fatto dinamicamente, senza tentennamenti.
Penultima rinviata e poi... il "mio passo"!
Un movimento tecnico su quelle concrezioni mi ha scaricato tantissima fatica e mi ha permesso di prendere una buona presa nella sua parte migliore. Ho riposizionato i piedi per scaricare il più possibile e rinviare.
Una volta rinviato ho avuto un attimo di esitazione. Sono rimasto in quella posizione, su quella pancia, per un numero di secondi interminabili. Il braccio era sempre più stanco, ero quasi in catena, la guardavo e non riuscivo a capire come salire da quella posizione, e perchè non riuscivo più a capire come muovermi, l'ipotesi della caduta si faceva sempre più largo nella mia mente, ma non era la paura a... farmi paura, ma l'insuccesso... con la catena ad un passo...
Poi ho capito che non dovevo pensare alla catena, ma al passaggio, e anche se era più facile dei precedenti dovevo tenere la stessa concentrazione che avevo avuto sino a quel momento, perchè ero stanco e teso dalla "paura del successo"!
A quel punto sono ripartito. Al primo giro avevo lasciato un rinvio in catena per il fatto che il moschettone non mi dava una grande fiducia, potevo rendere più agevole la cosa passando la corda nel rinvio ma... sono salito al moschettone e lì ho passato la corda!
Poi ho gridato al mio compagno "blocca", un bel "alè" gridato e... ho baciato la roccia!

(beh, non pensate male, anche perchè le concrezioni taglienti con mi ispiravano altre cose al di là del bacio!!!

)
Per me è stata un'esperienza psicofisica unica. Adesso sto chiudendo un sacco di "conti in sospeso in quella falesia", e mi sto buttando anche su gradi superiori.
Ho vinto una battaglia importante, ma non con la roccia, con me stesso.
Quando capiterà ripeterò quel tiro, gustandomelo, perchè è anche un gran bel tiro, ma senza ansie, aspettative e paure. L'ho scalato per vincere i miei fantasmi, ora lo scalo per il solo e meraviglioso gusto di scalarlo!
Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi sino a qui e ha condiviso queste mie emozioni.
Gigi.