Falco5x ha scritto:Quello che non riesco a digerire è che la sofferenza debba per forza essere considerata addirittura utile e desiderabile, come se fosse un valore in sé.
E' questo il punto.
da Ricard » ven ago 24, 2007 0:53 am
Falco5x ha scritto:Quello che non riesco a digerire è che la sofferenza debba per forza essere considerata addirittura utile e desiderabile, come se fosse un valore in sé.
da najaru » ven ago 24, 2007 9:17 am
Falco5x ha scritto:"Grazie montagna, per avermi dato lezioni di vita, perché faticando ho imparato a gustare il riposo, perché sudando ho imparato ad apprezzare un sorso di acqua fresca, ......, perché solo, immerso nel tuo silenzio, mi sono visto allo specchio e spaventato ho ammesso il mio bisogno di verità ed amore, perché soffrendo ho assaporato il sapore della vetta percependo che le cose vere, quelle che portano la felicità, si ottengono solo con la fatica. E chi non sa soffrire mai potrà capire".
Il pistolotto di cui sopra faceva bella mostra di sé appeso all'interno di un bivacco.
Dopo averlo letto mi sono chiesto come percepisco io la presunta sofferenza che la montagna richiederebbe. Ma questa sofferenza confesso che non l'ho trovata, e me ne sono ampiamente compiacuto.
Io quando vado in montagna e riesco a fare poca fatica sono più contento, infatti mi alleno proprio per farne il meno possibile, e quindi godere di più.
Il mio godimento, dunque, non sta nel privarmi di un bene per poterlo meglio gustare, il mio piacere di salire, ad esempio, non risiede nel riposo che ne conseguirà, ma consiste invece nel gesto in sé, nel procedere con minor fatica possibile sentendo che la mia macchina corporea risponde al meglio, nel sudare il meno possibile per aver meno necessità di bere e quindi di fermarmi e di consumare la provvista, non per poter meglio gustare una bevuta!
La solitudine dei monti, poi, mi piace un sacco di per sé, non me la creo soltanto per amplificare un presunto bisogno d'amore o di verità che al momento percepisco superflui (ovviamente entro i limiti del fisiologico).
Insomma, questa pedagogia della fatica, della privazione, della sofferenza non la condivido proprio, nemmeno come metafora della vita, perché anche se volessi credere in questa simbiosi tra fatica e felicità, la realtà di tutti i giorni sarebbe sempre lì pronta a smentirmi.
Credo che la montagna sia bellissima e godibile di per sé, non perché induca pedagogiche sofferenze, e in genere credo che affermare di saper soffrire non abbia senso. La sofferenza infatti è qualcosa che, quando viene, capita purtroppo nostro malgrado, e non c'è verso che si riesca mai a impararla.
Insomma, mi chiedo, si tratta forse del solito masochismo di stampo clericale-ottocentesco che sopravvive ancora in certa cultura alpina e del quale mi hanno riempito la scatole fin dalla scuola elementare, oppure sono invece io che sto diventando acido e intollerante oltre misura?
da Andrea Orlini » ven ago 24, 2007 9:58 am
Falco5x ha scritto:Andrea, questa tua risposta un po' controcorrente mi induce a una meditazione ulteriore.
Obiettivamente questo pistolotto appare un po' stomachevole, non puoi negarlo, anche se per certi versi concordo con te che, all'atto pratico, oggi la cultura del "tutto subito e facile" produce danni forse maggiori del masochismo impegnato quale traspare dalle alate parole di questo epitaffio.
Quello che non riesco a digerire è che la sofferenza debba per forza essere considerata addirittura utile e desiderabile, come se fosse un valore in sé. Se mi dici che la fatica è connaturata con varie attività umane e montane posso anche essere d'accordo, però non per questo credo che dobbiamo elevare a sistema la sofferenza come una maestra di vita. Continuo a credere che se potessimo evitare la sofferenza faremmo ben volentieri a meno di tale arcigna maestra (anche se è ben vero, come dice Roberto tra il serio e il faceto, che gli alpinisti un po' in odore di masochismo lo sono!). Vedo un po' troppo compiacimento in quelle parole, insomma. A leggerle pare che il bello dell'andare in montagna sia privarsi del bene per poi goderne più intensamente. Io dico invece che il bello dovrebbe trovarsi esattamente in ciò che si fa, passo dopo passo, appiglio dopo appiglio.
Il bello del camminare è il cammino stesso, non la meta, il bello dell'arrampicata è l'arrampicare, non la vetta. Se uno non godesse di questi gesti ma li facesse in vista d'altro, se per procurarsi un minuto di paradiso nel dissetarsi si sottoponesse scientemente a una sete terribile per ore, se per riposare paradisiacamente un'ora si sobbarcasse una pena disumana per dodici ore, avrebbe cannato di brutto il bilancio costi/benefici. Non vedrei niente di educativo in ciò.
Credo che l'ideale sia riuscire ad assaporare ogni minuto della nostra vita, senza finalizzarlo necessariamente a un bene successivo.
da Falco5x » ven ago 24, 2007 11:10 am
Andrea Orlini ha scritto:Magari però mi infastidisco un poco se ne vengo deriso e mi/ci si attacca con etichette "stampo clericale-ottocentesco"
.......
Non è il brivido del rischio che mi porta a affrontare i disagi, né la mistica della montagna, che lascio volentieri ai poeti e agli esperti E' piuttosto la possibilità di rivalutare quello che ho e con troppa disinvoltura do per scontato. Beni preziosi come la salute, l'affetto delle persone care e, perché no, la possibilità di godermi un comune bicchiere d'acqua come se fosse il miglior vino del mondo.
da Roberto » ven ago 24, 2007 11:30 am
da Falco5x » ven ago 24, 2007 11:43 am
Roberto ha scritto:Dove sta il confine tra il piacere della salita e lo sconforto per la fatica ed il rischio che si corre?
Perchè ci sottomettiamo a tali "autoflagellazioni"?
Sono le solite domande che ci facciamo, che si sono fatti e, forse si faranno gli alpinisti del futuro.
Io stesso me lo chiedo e non trovo una risposta convincente, definitiva.
Quante salite ho fatto e non rifarei mai? Eppure sono stato contento di aver fatto, o meglio, sono stato soddisfatto.
Come mai, mentre una cosa che ci appassiona e diverte, siamo disposti a ripeterla, nell' alpinisno raramente ci ricaschiamo, dopo essereci passati?
O meglio, continuiamo a ricaderci, ma solo in casi particolari ripetiamo la stessa salita (parlo di alpinismo serio, dove fatica e rischio hanno un peso concreto)?
Insomma, almeno io sono consapevole che quando faccio una salita del genere mi espongo a fatiche inenarrabili (almeno per il mio livello di forma), con la sola soddisfazione di poter dire "ce l' ho fatta" e neppure sempre, visti gli insuccessi che ho avuto, anche dopo attese frustrate dal mal tempo o dalla difficoltà.
Ma poi, col tempo che passa, con le fatiche che si accumulano e le soddisfazioni che ti gratificano, che accade?
Piano, piano, inesorabilmente, la determinazione comincia a vacillare, la voglia di mettersi in gioco, di maltrattarsi ancora una volta per una via o una cima, diminuisce.
Allora iniziamo a farci delle domande, a chiederci se vale la pena, se non è meglio una via plasir da raggiungere con la seggiovia, e certe frasi retoriche, che stanno appese a monito nei bivacchi, le notiamo, mentre prima le avremmo lette distrattamente
da Andrea Orlini » ven ago 24, 2007 11:57 am
Falco5x ha scritto:Andrea, lungi da me l'idea di applicare proprio a te l'etichetta clericale-ottocentesca o di deriderti.
La applico invece a un certo modo di vedere la sofferenza e la fatica. E non sto tracciando un giudizio sommario da becero anticlericale, te lo assicuro, perché io vado a messa, sono cresciuto in ambiente parrocchiale, ho frequentato gli scout, e quindi so bene quello che dico (aggiungo che secondo tale concezione espiatoria della vita, accanto all'esaltazione della sofferenza spesso procede di conserva anche una certa considerazione sospettosa del piacere, il raggiungimento del quale deve essere in qualche modo sempre scontato e pagato mediante equipollente quantità di pena...)
E non credo di dover aggiungere altro a quello che ho già detto, se non ribadire ancora una volta il concetto che secondo me si deve tentare di apprezzare quello che si ha e che si fa giorno per giorno mentre lo si fa, ringraziando Dio se si è credenti o la fortuna se non lo si è, senza bisogno di privarcene ad arte per sentirne la mancanza.
E' troppo facile ricordare la battuta di quello che gode quando sbaglia la martellata!
da Falco5x » ven ago 24, 2007 11:59 am
Andrea Orlini ha scritto:Falco5x ha scritto:Andrea, lungi da me l'idea di applicare proprio a te l'etichetta clericale-ottocentesca o di deriderti.
La applico invece a un certo modo di vedere la sofferenza e la fatica. E non sto tracciando un giudizio sommario da becero anticlericale, te lo assicuro, perché io vado a messa, sono cresciuto in ambiente parrocchiale, ho frequentato gli scout, e quindi so bene quello che dico (aggiungo che secondo tale concezione espiatoria della vita, accanto all'esaltazione della sofferenza spesso procede di conserva anche una certa considerazione sospettosa del piacere, il raggiungimento del quale deve essere in qualche modo sempre scontato e pagato mediante equipollente quantità di pena...)
E non credo di dover aggiungere altro a quello che ho già detto, se non ribadire ancora una volta il concetto che secondo me si deve tentare di apprezzare quello che si ha e che si fa giorno per giorno mentre lo si fa, ringraziando Dio se si è credenti o la fortuna se non lo si è, senza bisogno di privarcene ad arte per sentirne la mancanza.
E' troppo facile ricordare la battuta di quello che gode quando sbaglia la martellata!
No, tranquillo, non era riferito a te.
E sono anche d'accordo con te su certi aspetti religiosi. Anch'io provengo da una famiglia praticante e so di cosa parli.
Ma, parlo per me, la fatica (voluta) non la vedo come sofferenza ma (diversamente, forse, da te) fonte anche di soddisfazione e insegnamento.
La fatica per un impegno che si desidera portare a termine o raggiungere l'ho (l'avrai anche tu certamente) provata in tutti gli aspetti della vita, dallo sport giovanile, al costrursi una vita sociale, alla montagna o nella speleologia o altro. E per quanto mi riguarda, seppure in campi diversi, gli insegnamenti erano gli stessi.
Non per questo (o forse proprio per questo), come dici, non posso che apprezzare quello che si ha, giorno per giorno, e ringraziare chi noi vogliamo per la fortuna che abbiamo.
stammi bene
andrea
da davi » ven ago 24, 2007 15:09 pm
Ricard ha scritto:Falco5x ha scritto:Quello che non riesco a digerire è che la sofferenza debba per forza essere considerata addirittura utile e desiderabile, come se fosse un valore in sé.
E' questo il punto.
da Andrea Orlini » ven ago 24, 2007 15:36 pm
davi ha scritto:certo: la religione cattolica, ben lontana dal voler risolvere le cause strutturali e sociali del malessere delle classi sociali più basse ha creato una filosofia di accettazione e valorizzazione del deleterio status quo. E per questo che la destra si è sempre alleata alla chiesa
da davi » ven ago 24, 2007 15:45 pm
da Ricard » ven ago 24, 2007 15:54 pm
da davi » ven ago 24, 2007 16:06 pm
da genk » ven ago 24, 2007 19:04 pm
da davi » ven ago 24, 2007 19:42 pm
genk ha scritto:io questa fatica la faccio per trovarmi bene quando sono su una cima, dove mi sento bene e "realizzato".
da genk » ven ago 24, 2007 19:54 pm
davi ha scritto:genk ha scritto:io questa fatica la faccio per trovarmi bene quando sono su una cima, dove mi sento bene e "realizzato".
ma la vetta non è l'obiettivo: l'obiettivo è il viaggio. E' nel viaggio che si deve provare piacere
da sergio-ex63-ora36 » ven ago 24, 2007 21:56 pm
davi ha scritto:Falco5x ha scritto: si tratta forse del solito masochismo di stampo clericale-ottocentesco che sopravvive ancora in certa cultura alpina e del quale mi hanno riempito la scatole fin dalla scuola elementare, oppure sono invece io che sto diventando acido e intollerante oltre misura?
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la prima che hai detto. Non è un caso che nei campeggi parrocchiali la gita in montagna sia un ingrediente fondamentale quanto temuto dai poveri educandi . Non è un caso che la cultura clericale abbia un rapporto privilegiato con la montagna.
Non è un caso che MONTAGNA - CHIESA - DESTRA siano storicamente molto amiche fra loro.
da Roberto » sab ago 25, 2007 19:19 pm
da Davide62 » sab ago 25, 2007 19:34 pm
Roberto ha scritto:Oggi, tanto per non smentirmi, mi sono fatto un colo tanto per fare una via, al ritorno quasi mi trascinavo a causa del dolore alle mie vecchia ginocchia .... però lo rifarei
da Roberto » sab ago 25, 2007 19:39 pm
Davide62 ha scritto:Roberto ha scritto:Oggi, tanto per non smentirmi, mi sono fatto un culo tanto per fare una via, al ritorno quasi mi trascinavo a causa del dolore alle mie vecchie ginocchia .... però lo rifarei
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