espo ha scritto:il tuo problema essenzialmente è che vai sulla plastica.
la plastica e il tuo modo di amare l'arrampicata, e per arrampicata intendo tutto quello che ci gira attorno, quindi sarebbe + giusto dire nel tuo caso l'alpinismo, sono in totale disaccordo. anzi è mcontroproducente. in questo tu sei il vero presidente pippon. vai a investire per regredire.
la falesia con approccio non sportivo potrebbe darti molte gratificazioni e anche farti alzare il grado. ma ti servirebbe appunto un altro approccio, difficile da trovare fra chi climbereggia oggi in certe zone. per l'approccio sportivo vedi comma 2.
tu sai perchè vai sulla plastica. quindi IMHO da uno che non capisce un c***o, ha fatto poco e male e si tiene ancora di meno, visto che ci DEVI andare, vai per giocare senza pensare a quello che fai ne a cosa riesci a fare. magari qualcosa migliori.
per quello che vuoi tu da questa attività la strada è un'altra. poi nella vita spesso si seguono le strade che si possono seguire e non quelle che si vorrebbero seguire.
l'arrampicata, quella che si segue per lo + ora, termina in una catena. nella vita per vivere appieno le catene bisogna spezzarle.
ps: conosco gente che ha fatto centinaia di vie anche interessanti su difficoltà classiche (quindi col famoso VI per non dire di +) che non è praticamente mai andata in falesia. conosco gente che faceva l 8a quando l 8a era un grado duro non come oggi che sulla castiglioni alla pala ha bivaccato e poi è stata portata fuori dal soccorso
segui di + quello che senti dentro...... anche se è un compromesso diffiicle

Il Maestro come sempre coglie il punto
Ti dirò, ormai tendo a vedere la plastica come qualcosa di sostanzialmente svincolato dalla montagna. Già in tanti mi hanno detto che assatanarsi a migliorare mezzo grado in palestra serve molto poco, ai fini delle cose che mi piacerebbe fare "in ambiente".
Oramai è diventata, come si diceva, una questione di principio fra me e i miei "demoni".
Mentre quando sono in montagna, a camminare, fare fondo, arrampicare sulle mie amate "viette", o anche (scusa drugo

) a fare ferrate, mi sento a mio agio e mi sembra di essere nel mio ambiente naturale, quando sono in palestra e mi lego sotto 'sti muri strapiombanti mi sento abbastanza un pesce fuor d'acqua.
Ricordo un bel po' di anni fa, quando ho visto per la prima volta la palestra della NEI a Monza, ho pensato "ecco una cosa che non potrei mai fare". Mi veniva il mal di mare solo a guardare le vie.
In quel periodo, frequentavo la NEI (che, detto en passant, ricordo sempre con piacere) per i corsi di nuoto: la paura dell'acqua è un'altra cosa che mi ha sempre accompagnato fin da piccolo. Poi, dopo i trent'anni, già sposato con prole, ho deciso di affrontare questa cosa e alla fine ho imparato a nuotare in modo accettabile.
Allora mi sono detto, superato questo ostacolo vediamo se si riesce a superare quest'altro. Ho fatto un primo corso, con risultati orribili, poi via via a forza di microscopici passi avanti sono arrivato a combinare quel poco che faccio adesso.
Un allenatore di calcio che segue i ragazzi mi ha detto che si vede subito se un bambino è dotato o se è scarso: quello portato farà progressi velocissimi, quello scarso potrà comunque migliorare, ma ci metterà molto più tempo e fatica, e non potrà mai raggiungere certi livelli.
Nell'arrampicata, credo, questo vale ancora di più: perché la paura e i blocchi mentali sono un ostacolo particolarmente rognoso da superare, e ogni tanto sembra di ritornare al punto di partenza.
Probabilmente, l'importante è ricordare da dove si è partiti, apprezzare i miglioramenti anche piccoli (se paragonati a quelli del climber quadratico medio) e pensare che "evitare l'evitamento" è già da considerare un successo.
Ci consoliamo cosi
Sempre pipponeschi saluti
TSdG