nicola_r ha scritto:Grazie
EvaK per questo bella ed espressiva testimonianza della tua esperienza.
Mi piacerebbe molto se anche qualcun altro raccontasse la sua esperienza.
Voglio specificare anche una cosa. Vedo che molti rifiutano il concetto di "spiritualità", tuttavia bisognerebbe capire cosa significa questo concetto nella testa di ognuno e quindi capire nello specifico cos'è che si rifiuta di questo concetto. Infatti, come ogni parola si colora delle esperienze e delle idee personali. Magari molti qui pensano alla spiritualità come ad un mondo di "molle" lirismo poetico fatto di sospiri vezzosi e fantasie. Ma, per esempio, alcune pratiche ascetiche sono di una durezza fisica ed una concretezza estrema.
Quando mi racconti che:
Una delle cose che mi piace dello scalare è questo, ritrovare il mio essere animale, come se fosse un tornare alle origini. Un "divertimento" come "uscita dal sè", complesso e costruito, per ritrovare un "sè" più semplice e arcaico.
questo per me rientra in una definizione ampia di spiritualità, per cui forse dovremmo trovare un nuovo termine e qualche interpretazione più calzante. Tutte le tecniche spirituali e religiose si propongono una
trasformazione di sé che solitamente va nella direzione dell'incorporeità, ma che può ben andare in direzione opposta, verso l'animalità. Tendenzialmente infatti, la spiritualità cerca il contatto con
l'origine: se credi in Dio, la trovi in Dio, ma se hai una visione della natura umana più terrena, puoi ben trovare l'origine nell'animalità che si nasconde in sé. Per fare un esempio nel campo spirituale, una delle meditazioni proposte da Osho passano per la liberazione della spontaneità interiore (urla, salti, grida privi di qualunque inibizione).
Forse quanto ho scritto potrebbe in qualche modo fare dell'arrampicata che ho descritto una possibile pratica meditativa. Però questo è molto legato alla contingenza: su una via affollata per esempio non è possibile che si verifichi quanto ho scritto (almeno per me), immagino la situazione in cui sei pigiato in sosta con un'altra cordata e ti pesti i piedi (già doloranti) o senti le urla blocca mollatutto recupera ecc....
quando torni giù sei sempre il povero cristo che va al lavoro, ha le sue gioie e dolori quotidiani, la vita vera, insomma.
Dici che l'esperienza che fai in montagna non ti lascia qualcosa che porti dentro anche nella vita quotidiana?
Potrebbe essere un esercizio spirituale interessante...ma al tempo stesso pericoloso. Bisognerebbe passare per un processo di mediazione di quello che si può e quello che non si può riportare "qui".
Per ora ti dico che no, anche perchè negli ultimi tempi ho cercato proprio di separare dentro di me le due vite, altrimenti non ne venivo più fuori.
Potrei definirmi una romantica illuminista, credo nella ragione e la mia formazione è molto lontana da pratiche spirituali di qualunque genere. SOlo negli ultimi tempi ho iniziato a valutare la possibilità di pratiche e pensiero che vadano al di là della costruzione di concetti, categorie e ricerca filosofica cui sono sempre stata abituata... è come se avessi aperto un po' la porta, ma devo ancora capire se è una strada che desidero percorrere e in cui credo, oppure no.