Salve Signor Mandelli,
anche se indirettamente è un piacere incontrarla!
Prima che malauguratemente si inneschi una polemica tra noi la rassicuro: in un anno abbiamo piazzato un solo spit (a mano per giunta), e lo abbiamo fatto su una sosta a chiodi della Paredi dopo aver chiesto il permesso al buon Pietro, che ne è l'apritore.
Per quanto riguarda la Piacco posso dirle che non l'ho mai vista così "brutta" in vita mia: pensavo davvero che quel giorno sarebbe finita male. Siamo stati respinti dai tetti, dalle corde bloccate e dalla roccia marcia dell'ultimo tratto. Ho dovuto recuperare il mio socio dall'alto e lasciare tutto il nostro materiale in parete. Non avevamo più nulla: rinvii, fettucce, moschettoni, nat, friend, chiodi, tutto appeso alla roccia nella luce del tramonto! Avevamo tentato tutto ma quegli ultimi metri ci hanno spazzato.
Il giorno dopo siamo tornati con l'equipaggiamento speleo (tutto ciò che ci era rimasto), abbiamo rinforzato la sosta d'uscita e piazzato qualche frazionamento per poter recuperare il nostro materiale. Senza interferire sulla via abbiamo lasciato fix e dadi (no piastrina) perchè possano servire a chi dovessere ritrovarsi nelle nostre stesse difficoltà. Dove la roccia è davvero pericolosa abbiamo attaccato ad un vecchio chiodo un nastrino perchè sia da monito.
(non hai idea di quanta roba grossa e precaria ci sia all'uscita del diedro. niente ai corni si è dimostrato tanto pericoloso come quel passaggio)
Spero che questo possa rassicurarla sullo spirito e sul rispetto che ha animato le nostre salite.
Detto questo devo assolutamente contraddirla: la via è del 1967 ed è stato proprio Lei, nella sua pubblicazione del 1979, ad aver scritto "Via molto bella, con tratti in artificiale, manchevole di parecchi chiodi , conta una sola ripetizione". Io ho persino abbondato.
Forse la varriante Tessari è "relativamente" più frequentata, ma l'ultimo tratto di roccia friabile è davvero spaventoso e tutt'altro che consigliabile.
Io, confesso, ho voluto arrampicare ai Corni perchè mi sembrava assurdo andare altrove prima di aver conosciuto e di essermi confrontato con le montagne di casa. Non per vanto o per sfida ma perchè mi sembrava la cosa più giusta da fare. Con molta umiltà posso anche confessarle che arrampicare ai Corni sarà probabilmente il massimo alpinistico che potrò raggiungere. Magari migliorerò il mio grado ma per tanti aspetti non saranno mai vie come queste. (Per me sono una grandissima soddisfazione personale)
Sulla chiodatura ha ragione. All'inzio, specie quando ero in difficoltà, sacramentavo non poco perchè un bel fix ogni tanto avrebbe fatto comodo alla salute. Ora, dopo aver maturato un po' più di esperienza, ho imparato ad apprezzare la natura di quelle vie e, dopo averle fatte, comprendo la gelosia ed il valore di conservarle in questo stato. Forse solo le soste andrebbero sistemate, quello che è certo è che occorre essere estremamente chiari con chi pensa di ripeterle.
Lei, come molti della sua generazione, spesso non tiene conto dell'altissimo livello e dell'esperienza che vi contraddistingue: ciò che per voi è "consigliabile" per molti, sopratutto per gli standard moderni, è "ragguardevole".
Spesso nelle sue relazioni l'ha fatta fin troppo facile e
questo è molto pericoloso. Mi hanno insegnato che "conviene venir rossi prima che bianchi dopo".
Inoltre trovo sciocco ed insensato affermare "impara ad arrampicare su tutto l'arco alpino e poi (forse) torna ai Corni". Pierino e Darvino, due figure straordinarie, negli anni '30 affrontarono neppure ventenni il diedro che oggi porta il loro nome, lo fecero dando fondo ad ogni loro risorsa ed al meglio delle loro possibilità. Noi, con le dovute differenze, abbiamo provato a fare lo stesso. Perchè sente il bisogno di sminuire quanto fatto?
Con rispetto parlando: forse voi "vecchie ed eroiche cariatidi" avete troppe medaglie per ricordare cosa voglia dire essere giovani e lanciarsi nell'ignoto. Ringrazio quindi tutti quei "veterani", magari meno blasonati di lei, che con pazienza ed affetto ci hanno aiutato, consigliato ed incoraggiato.
Io ho cercato di condividere quel poco che siamo riusciti a scoprire e nel farlo ho avuto il piacere di incontrare e conoscere molte persone, persone che hanno condiviso o che condividono la passione per i Corni. La mia più grande soddisfazione è stato vedere ragazzi più giovani di me, animati dallo stesso spirito e rispetto, che spinti dalle relazioni hanno recentemente ripetuto la stella Alpina, la Corvara e la Longoni-Corti. Sono sicuro diventaranno molto più forti di me ma è stato magnifico incontrarli e confrontarsi, alla pari, su queste vie.
Detto questo voglio essere chiaro: lei può abbaiare, darmi del bugiardo (così come ha fatto), fare il polemico o il cattedratico quanto le pare se le da soddisfazione. La pelle sulla roccia dei Corni è la mia e del mio socio: non credo di avere alcunchè di cui eticamente rimproverarmi o di cui rendere conto. Spero che chi salirà dopo di me abbia la stessa fortuna (perchè ai Corni ne serve un po') e provi le stesse emozioni, spero anche voglia condividerle perchè io possa riviverle.
Concludo portandole i saluti di uno dei dei due fratelli che nel 1976 tracciarono la via a destra della "Barbara" (dovrebbe capire chi sia senza coinvolgerlo in questo nostro confronto pubblico). Proprio pochi giorni fa, dopo aver trovato i miei racconti, mi ha scritto entusiasta: "Se ti capita di sentire Gianni Mandelli, Romano Corti, Franco Tessari, Giuliano Fabbrica, Gianni Rusconi salutali se si ricordano ancora di noi". Poi, ovviamente, si è raccomandato perchè la loro via la aprirono con i pochi chiodi artigianali che riuscirono a recuperare.
A presto Signor Mandelli, spero di incontrarla ai Corni e spero che la nostra conversazione non sia ruvida così come mi è parso esserlo il suo commento.
Davide "Birillo" Valsecchi