Ma per dare un po' di sale alla cosa decidiamo di evitare per quanto possibile sentieri troppo scontati e di fare invece la traversata integrale (o quasi) per cresta.
Nell'infondato timore di trovare una ressa d'auto già parcheggiate al termine della stradina asfaltata che porta all'attacco del sentiero (sai com'è... questa è la classica domenicale dei bellunesi...), lasciamo la macchina 200 metri più in basso, ovvero al Bar Roanza, e da lì partiamo a piedi. Per poi accorgerci che avremmo parcheggiato benissimo anche dove sarebbe stato più logico arrivare. Che i bellunesi si siano tutti improvvisamente impigriti? Mah, non è dato saperlo; fatto sta che questi 200 metri in più porteranno la nostra salita a 1300 complessivi (anzi qualcosa in più), giusto quelli che ci servono per sgranchirci un po' dopo gli ozi invernali.

Il bar Roanza, punto di partenza a piedi
Imbocchiamo dunque il sentiero e ci inerpichiamo subito nel verde canalone che punta alla cima, che, notiamo, appare ben provato dalle slavine nel corso del singolare inverno gravido di neve appena trascorso. Nel punto in cui il sentiero piega a gomito verso destra ed entra nel bosco, noi invece proseguiamo diritti in direzione della Boca de Rosp, un caratteristico roccione che appare in alto a sinistra.

Il verde vallone che punta alla vetta. A sinistra il roccione Boca de Rosp

Fiori belli belli
Con qualche pena nel dover calpestare una fetida linguaccia di neve che pare sopravvissuta alle attenzioni di un carbonaio, raggiungiamo prati ripidi e scivolosi, ripigliamo una traccia che avevamo perso e rimontiamo la forcella nei pressi della Boca de Rosp. Dall'altro versante ci salutano Schiara e Pelf, pezzati di bianco.

Lungo la salita verso la sella della Boca de Rosp. In mezzo al vallone si vede la sporca melma bianconera che abbiamo dovuto pestare

Verso la Boca de Rosp

La lunga cresta che ci attende

La Schiara fa capolino
Prendiamo poi un'esile traccia lungo il filo di cresta in direzione della lontana cima, che raggiungiamo infine dopo circa 2h40m, dalla partenza.

Sempre lei, la Boca ormai bassa

All'inizio della cresta finale

La via è ancora lunga

In cima

Grande ungulato femmina, laccato a puntino: la classe non è acqua nemmeno in vetta al Serva.
Dopo un breve spuntino scendiamo per cresta Est alla sella che separa la cima principale dalla Ponta dei Tre Mas'ci. La neve c'è ma non ci ostacola troppo.

La Ponta dei Tre Mas'ci dove siamo diretti

La vetta principale da cui proveniamo
Risalita quest'ultima Ponta, che riscontriamo assai più bucolicamente accogliente della vetta principale, scendiamo dalla cresta opposta e dopo un largo giro per verdi e ameni prati pieghiamo verso la Casera Pian dei Fioc.

Si divalla allegramente

La Casera a Pian dei Fioc

I paroni de casa
Altra breve sosta e poi giù per la via comune (o meglio giù di corsa tagliando per il verde). Un'ultima deviazione ci alletta verso oriente, e dopo qualche fangosa svolta tra i faggi raggiungiamo la mulattiera che traversando verso ovest ci riporta alle macchine (tutte tranne la nostra che ci aspetta più in basso) e alla stradina asfaltata che ci riconduce a Roanza, dove mettiamo i piedi sotto un buon tavolo per una Radler (lui... io solo analcolici, visto che guido).

Si scende

Il presepio di sassi
Per concludere, in piazza a Belluno troviamo una bella manifestazione popolare per famiglie che ancora una volta mi conduce a riflettere tristemente sulla differenza abissale tra la qualità di vita del capoluogo dolomitico e la consueta mestrina malinconia.

Corsa con carriole a Piazza Martiri (BL)
Un discreto gelato, infine, solo parzialmente pone rimedio allo sconforto evocato da quest'ultima mesta considerazione.