da tacchinosfavillantdgloria » mer mag 07, 2014 6:42 am
Riporto una recensione del suo libro:
"4 mag. ? Per gli economisti, e non solo, Il Capitale nel XXI secolo è il libro del momento. Perché nonostante le sue 700 pagine sta vendendo tantissimo dall?altra parte dell?Atlantico, e infatti Amazon ha esaurito tutte le scorte negli Stati Uniti. E poi perché fa paura alla destra americana, abituata da almeno 20 anni ad un?egemonia culturale pressoché assoluta. Ora le cose potrebbero cambiare. ?Se questo libro non sarà contrastato ? urla un falco iperliberista come James Pethokoukis dell?American Enterprise Institute ? si diffonderà tra gli intellettuali e ridisegnerà il pensiero politico-economico su cui si giocheranno le prossime battaglie?.
Scritto da un ricercatore francese poco più che 40enne, Thomas Piketty, il Il Capitale nel XXI secolo (per il momento niente edizione italiana) traccia lo sviluppo del capitalismo dal 1700 ad oggi, e dimostra come la dinamica naturale del sistema sia quella di creare una sempre maggiore diseguaglianza tra ricchi e poveri, con la ricchezza che si concentra sempre più nelle mani di questi ultimi. A sostegno della sua tesi, Piketty porta i risultati di un lavoro di ricerca che dura ormai da 15 anni, e che si basa su serie storiche provenienti da Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi emergenti.
Cosa dicono i numeri di Piketty? Che il rendimento di finanza e patrimonio immobiliare è sempre e comunque più alto di quello che può essere generato dal lavoro e dalla produzione. Il che vuol dire, considerando che le ricchezze si concentrano gradualmente nella mani dei più ricchi, che per chi non nasce ?con la camicia? sarà sempre più difficile invertire la tendenza e salire la scala sociale. La ricchezza, dice Piketty, si crea non dal lavoro, ma con quello che si ha già: case, conti in banca e azioni. ?In termini di concentrazioni di ricchezze stiamo tornando piano piano alla Belle Époque?, ha detto l?economista a France Info. Non una prospettiva allettante se si pensa all?oligarchia ereditaria che deteneva potere e ricchezza tra fine 800 e primo decennio del secolo successivo. ?Il Capitale di Piketty ? scrive Paul Krugman sul New York Times ? demolisce il più prezioso dei miti conservatori, quello che ci racconta che viviamo in una meritocrazia dove la ricchezza è qualcosa di guadagnato e meritato?.
Il Capitale di Piketty mette anche una pietra tombale su quelle interpretazioni che vedevano il capitalismo, una volta arrivato in una fase di maturità, dirigersi verso un livellamento dei redditi e una diminuzione graduale delle diseguaglianze generate agli inizi del ciclo. E? questa la tesi, ad esempio, dei sostenitori della famosa curva di Kuznet, ideata (per stessa affermazione dell?autore, premio nobel nel 1971) senza solide basi empiriche. Piketty dice che quel che Kuznets e altri come lui vedevano negli anni ?70 era solo un?eccezione alla regola, e per giunta dovuto all?immensa distruzione di ricchezze che fu causata dalla prima e dalla seconda guerra mondiale. L?abbassamento costante delle diseguaglianze negli anni 60 e 70 è per l?economista francese solo un momento specifico e difficilmente ripetibile, mentre di per sé il capitale si basa su un naturale (e lo dicono i dati) incremento della diseguaglianza. Senza interventi straordinari quell?1% di super ricchi tanto inviso al movimento Occupy Wall Street diventerà sempre più ricco. Gli altri, tutti coloro che non dispongono di rendite finanziarie o immobiliari, perderanno sempre più terreno. La crescita, spiega Piketty, da sola non basta per garantire la redistribuzione. Per garantire equità bisogna allora ?affamare la bestia? (ribaltando il senso del vecchio detto ?starve the beast? di Ronald Reagan), prelevando ricchezza lì dove tende ad accumularsi di più."
Salud
TSdG