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Messaggioda PIEDENERO » mer dic 04, 2013 20:40 pm

EasyMan ha scritto:Immagine


Questo, caro EasyMan, me lo metto in firma é troppo bello!

Un MrmonkyGreen!!! Spettacolare!!
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Messaggioda PIEDENERO » mer dic 04, 2013 20:44 pm

coniglio ha scritto:
tacchinosfavillantdgloria ha scritto:Dice il saggio: "Come è difficile controllare la mente. È stata giustamente paragonata a una scimmia impazzita."

I praticanti di arti marziali dicono di perseguire uno stadio chiamato "non-mente" (mu shin) in cui non si pensa, ma le azioni scaturiscono spontaneamente. Una condizione che mi sentirei di paragonare alla situazione di "flusso" (flow) concettualizzata da csikszentmihalyi (c'è anche un bell'articolo sul solito sito che ho in firma).

Nella pratica meditativa si tende proprio a mettere sotto controllo la scimmia (un famoso libro sull'argomento si intitola "domare la tigre").

Pensierosi saluti
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PIEDENERO è LA MIA MENTE 8O


Puoi meditare/arrampicare fin quando vuoi. Non mi controllerai mai!! 8)
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Messaggioda coniglio » gio dic 05, 2013 9:55 am

OGNUNO HA UN PIEDENERO DENTRO DI SE'!



...SCATENALO!!!


:twisted: :twisted: :twisted: :twisted:
La libertà è tutto ciò che dobbiamo a noi stessi
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Messaggioda Persephone84 » gio dic 05, 2013 10:21 am

EvaK ha scritto:pensare è una cosa
farsi le seghe mentali è un'altra.

spesso non si pensa troppo ma ci si fanno troppe seghe mentali.


non posso che quotare... purtroppo ... :roll:
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Messaggioda tacchinosfavillantdgloria » gio dic 05, 2013 10:34 am

Domare la tigre

Akong Tulku Rinpoche

La mente è alla radice dell?esperienza che facciamo sia di noi stessi sia degli altri. Se non siamo in grado di percepire il mondo chiaramente, ne deriverà sicuramente confusione e sofferenza. Saremo come qualcuno con un difetto alla vista che gli fa vedere il mondo capovolto, o come una persona paurosa che si spaventa di qualsiasi cosa. Potremmo anche essere in gran parte inconsapevoli della nostra ignoranza e delle nostre percezioni distorte, ma allo stato attuale la nostra mente può essere paragonata ad una tigre selvaggia che sconvolge la nostra vita quotidiana. Motivata dal desiderio, dall?odio e dalla confusione, questa mente non domata persegue ciecamente ciò che desidera e fa a pezzi tutto quanto le si oppone, con poca o spesso nessuna reale comprensione di come stanno realmente le cose.

La violenza con la quale abbiamo a che fare non è semplicemente quella della rabbia e della collera, ma è molto più profonda. La tendenza a lasciarci guidare dall?ignoranza, dall?odio e dall?illusione ci rende schiavi e permette alla confusione e alle emozioni negative di prevalere. Perciò la mente diviene aggressiva e incontrollabile e la nostra libertà viene distrutta. Solitamente siamo così ciechi da non renderci nemmeno conto di quanto aggressiva sia diventata in realtà la nostra mente. Quando le cose vanno male, abbiamo la tendenza ad incolpare gli altri o le circostanze esteriori anziché cercare in noi stessi le cause della sofferenza. Ma se vogliamo davvero trovare un giorno la vera pace e la vera felicità, è proprio quella mente non addomesticata che dobbiamo affrontare. Solo allora riusciremo ad usare la nostra energia in maniera più positiva ed equilibrata, in modo da non fare del male a noi stessi e agli altri.

Per riuscire a domare la tigre dobbiamo prima catturarla. Sono entrambi obiettivi difficili da raggiungere, ma si tratta di difficoltà e pericoli che proprio non possiamo evitare. Se un bambino è debole e gracile non serve a niente permettergli di fare quello che vuole. E? responsabilità dei genitori incoraggiare il bambino a camminare affinché cresca adeguatamente e il corpo si rafforzi. Perciò la fermezza dei genitori può essere considerata una manifestazione della vera compassione. Alla stessa maniera, sebbene domare la mente possa essere difficile, addirittura doloroso all?inizio, è necessario impegnarsi a farlo.

Vi possono essere differenze fra asiatici e occidentali nei tratti somatici, nell?abbigliamento, nei costumi e nel modo di parlare, ma la natura umana è universale e scorre più in profondità rispetto alle semplici caratteristiche razziali o al colore della pelle. La gentilezza, ovunque si manifesti, generalmente provoca una reazione positiva, mentre il suo opposto causa rabbia, dispiacere o dolore. Quando consideriamo la gioia e la sofferenza in maniera molto pratica e diretta, è evidente che la mente, che sta all?origine di tutto ciò che facciamo o diciamo, è essenzialmente la stessa. Ad oriente come ad occidente. E tuttavia, dov?è la mente? Dobbiamo solo osservare le situazioni quotidiane ed esaminare il nostro comportamento, i nostri desideri e la nostra sofferenza nella vita di ogni giorno per scoprirne la presenza.

Poiché siamo esseri umani, la nostra vita è fortemente caratterizzata dal desiderio e dall?attaccamento e ciò può essere causa di grandi sofferenze, sia per noi stessi sia per gli altri. Se il nostro desiderio resta insoddisfatto diventiamo infelici. Anche quando otteniamo ciò che vogliamo la felicità che ne ricaviamo è solo temporanea, poiché invariabilmente ad essa subentra un nuovo desiderio. Di giorno in giorno tutto ciò che facciamo è tentare di soddisfare sempre nuovi desideri, infiniti e senza forma, vasti come il cielo. Tale processo si ripete per tutta la durata della vita. Da bambini vogliamo un sacco di giocattoli, uno non ci basta, e a turno ci stanchiamo presto di ciascuno. In seguito possiamo avere aspirazioni accademiche, o desiderare molti amici. Il desiderio ci spinge ad accumulare beni materiali; a possedere un sacco di vestiti diversi, a comprare cibi raffinati, a comprare case, automobili, radio e televisioni. Forse più comprensibilmente, desideriamo anche essere attraenti, o evitare le malattie per tutta la vita. Oppure possiamo perfino ammalarci con lo scopo di attrarre attenzione, solidarietà, gentilezza; però, una volta ammalati, vogliamo guarire subito!

Allo stesso modo, il nostro rapporto con il cibo può essere influenzato: quando abbiamo lo stomaco pieno, vorremmo che fosse vuoto; quando è vuoto, vorremmo che fosse pieno. In tutte queste circostanze sogniamo e siamo costantemente alla ricerca di ciò che non abbiamo, e non siamo mai veramente soddisfatti. A dispetto di tutti i nostri sforzi, della fatica e delle spese, non riusciamo mai a realizzare i nostri desideri.

L?errore è che non cerchiamo la felicità dentro di noi, non ci rendiamo conto che la vera felicità risiede unicamente in noi stessi. Se ammiriamo un determinato fiore e lo cogliamo, in pochi giorni perderà la sua bellezza. Ma mentre sfiorisce e muore, il nostro desiderio rimane e vogliamo un altro fiore. Chiaramente il nostro desiderio non potrà mai essere soddisfatto per sempre da un singolo fiore, ci sarà sempre il bisogno di un rifornimento continuo. Quindi ciò che serve è cambiare la maniera in cui percepiamo il mondo. Dobbiamo imparare ad accettare il desiderio senza tuttavia esserne soggiogati, solo allora saremo soddisfatti di ciò che già abbiamo anziché continuare a desiderare sempre di più. Il desiderio è senza limiti. Poiché si ritiene che la mente non abbia né forma né termine, allora nella stessa maniera il desiderio è privo di forma e termine e si perpetua all?infinito. Soltanto domando la mente, dunque, possiamo appagare l?infinita ricerca di gratificazione e sviluppare la comprensione. Allora diventiamo un po? più maturi, un po? più adulti.

Naturalmente, in una certa misura la nostra mente è già addestrata. Da bambini ci limitiamo semplicemente ad agire, muoverci, fare rumori, basandoci sull?impulso. Crescendo impariamo una certa misura di controllo e di indipendenza. I rapporti con le persone e le prove da superare quotidianamente ci fanno sviluppare un certo livello di comprensione e di maturità in maniera naturale e, dunque, possiamo dire di aver già in parte domato la tigre, col semplice vivere e crescere quotidiano. Tuttavia, ancora non riusciamo a cavalcarla.

Gurdjief esprime l?addestramento mentale nei termini di un cavallo selvaggio e del suo domatore. Non è possibile domare un cavallo selvaggio né lasciandolo completamente a se stesso, né picchiandolo in continuazione. Metodi così estremi falliranno inevitabilmente. E? necessario trovare una via di mezzo. Da una parte, niente si ricaverà dall?atteggiamento negativo per il quale non vale la pena cercare di addomesticare il cavallo. Dall?altra parte, dobbiamo accettare il fatto che il cavallo è selvaggio e dobbiamo adottare un approccio compassionevole nel suo addestramento. E forse, cosa ancora più importante, anche il cavallo deve accettarci nel ruolo di domatori.

La maturità è possibile solo nel momento in cui accettiamo chi siamo. Non serve giustificare la nostra aggressività incolpando la società, la famiglia o i nostri nemici. Dobbiamo in qualche modo trovare un accordo con noi stessi su come siamo e accettare i nostri pensieri, buoni o cattivi che siano. Qualsiasi pensiero nasca, qualsiasi emozione sorga, lasciamo che faccia il suo corso, senza seguirla impulsivamente, senza cercare di sopprimerla, senza cercare di farla prigioniera.

Ad esempio, se separiamo i pensieri cattivi e le nostre emozioni negative, e invece di accettarle cerchiamo di nasconderle nel sacco della spazzatura, prima o poi il sacco sarà talmente pieno da esplodere. Ciò potrebbe portare a disturbi mentali e, proprio come una tigre non addestrata, potremmo causare un sacco di problemi e di sofferenza. E? invece possibile lavorare con ciò che è negativo e trasformarlo: il potere della tigre può essere impiegato per scopi positivi.

L?approccio migliore è quello che consente di domare la tigre con dignità e senso di accettazione. Accettiamo la tigre anche quando non la possiamo vedere direttamente. La cosa importante è affrontare la situazione così com?è. Indipendentemente dal fatto di essere o meno religiosi, uomini o donne, giovani o vecchi, tutti condividiamo sofferenze assai simili, solo le cause di tali sofferenze sono sostanzialmente diverse. Se siamo già in età avanzata, ad esempio, sperimentiamo la sofferenza che accompagna l?anzianità; se di mezz?età, quella che deriva dall?ambiente lavorativo e dai rapporti interpersonali; se giovani, la sofferenza dell?educazione e della crescita. Durante tutto il corso della vita dobbiamo affrontare tipi diversi di sofferenza, soggetti allo sviluppo e ai cambiamenti del corpo.

Benché possa esserci una grande varietà di sofferenza, di intensità e gradazione variabile, esiste un'unica maniera efficace per liberarci dal dolore dell?esistenza, e cioè accettarlo. Affronteremo ancora le stesse circostanze quotidiane, ma la smetteremo di costringere il mondo intero ad adattarsi ai nostri desideri e alle nostre proiezioni. Se siamo invecchiati, accetteremo di essere vecchi; se siamo giovani, lo accetteremo a prescindere dalle situazioni in cui ci troveremo, semplicemente lo accetteremo. Una volta realizzata questa capacità di accettazione, saremo in gran misura liberi dalla sofferenza; quando saremo pronti a lasciare andare la sofferenza, sarà lei a lasciarci in maniera naturale, spontaneamente.

Tutto questo non significa che la soluzione sta nello sviluppare una totale inerzia e passività nei confronti del mondo. Né dobbiamo combattere perennemente per rendere la nostra vita perfetta. Cercheremo, invece, di seguire una via di mezzo fra i due estremi. Accettati i limiti dell?esistenza umana, saremo felici di fare quanto di meglio possiamo in ogni circostanza e di comportarci in maniera elastica basandoci sul nostro grado di comprensione, consapevoli sia del nostro sviluppo sia della situazione che ci si presenta. Il nostro scopo ultimo è liberarci completamente dalle cause di afflizione e cessare di provocare sofferenza a noi stessi e agli altri.

Innanzitutto, cerchiamo il rimedio alla nostra sofferenza. La maniera per riuscirci è, a grande linee, la stessa ovunque. Una volta compreso che le cause della sofferenza risiedono principalmente nell?incapacità della mente di appagare i propri desideri, cominciamo a renderci conto che queste cause sono interiori e non semplicemente prodotti dell?ambiente esterno. Qualsiasi sia la società dalla quale proveniamo, che siamo o meno persone religiose, la comprensione che il desiderio nasce nella nostra mente ci permette di cominciare il nostro progresso. Ci renderemo conto che anche gli altri soffrono come noi e la compassione sorgerà spontanea. Oltre a questo capiremo che anche gli altri, proprio come noi, desiderano solo essere felici.

Compassione è il desiderio di essere di beneficio a tutti gli esseri e liberarli dalle cause della sofferenza. Tuttavia, quando ?incolpiamo? noi stessi per le difficoltà che sorgono nella mente, può sembrare che dimostriamo poca compassione nei nostri stessi confronti. E se non abbiamo compassione per noi stessi, come possiamo coltivarla nei confronti degli altri? In realtà non si tratta di parlare di ?colpa?, né di cercare di torturarci o punirci. Riconosciamo semplicemente che il desiderio nasce nella nostra mente e non altrove. Questa comprensione e la sua accettazione risvegliano dentro di noi fiducia e saggezza e cominciamo a capire che il desiderio nasce nella mente delle persone esattamente come nasce nella nostra. A quel punto saremo capaci di correlarci agli altri, e la compassione nei loro confronti crescerà. Sarà allora il tempo della vera amicizia.

Capire come domare la mente è utile per tutti, non solo per i principianti. Possiamo pensare di essere molto colti e di saperla lunga sui fatti della vita, ma per tutti noi la cosa importante, quella essenziale, la principale è domare la mente. In questo modo possiamo sviluppare compassione e essere amici di noi stessi e degli altri, invece di essere nemici. Un detto tibetano afferma che è molto facile farsi dei nemici, ma per sviluppare l?amicizia serve molto, molto tempo. La strada per superare la sofferenza passa attraverso lo sviluppo dell?amicizia all?interno delle famiglie, della società e fra le nazioni in tutto il mondo. Cerchiamo di essere gentili gli uni con gli altri, sempre.

?Una mente domata conduce alla felicità?.

Buddha Sakyamuni

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Messaggioda funkazzista » gio dic 05, 2013 10:39 am

tacchinosfavillantdgloria ha scritto:I praticanti di arti marziali dicono di perseguire uno stadio chiamato "non-mente" (mu shin) in cui non si pensa, ma le azioni scaturiscono spontaneamente.

Anche i climber.
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Messaggioda Danilo » gio dic 05, 2013 10:48 am

Persephone84 ha scritto:
EvaK ha scritto:pensare è una cosa
farsi le seghe mentali è un'altra.

spesso non si pensa troppo ma ci si fanno troppe seghe mentali.


non posso che quotare... purtroppo ... :roll:

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Messaggioda EasyMan » gio dic 05, 2013 10:51 am

tacchinosfavillantdgloria ha scritto:Domare la tigre

Akong Tulku Rinpoche
...


truuuuuuuoooooopppppoooooooo lungo da leggere :mrgreen:
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Messaggioda Sbob » gio dic 05, 2013 11:14 am

Domare la tigre o schiaffeggiare la scimmia? Questo e' il problema.
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Messaggioda EasyMan » gio dic 05, 2013 11:37 am

Sbob ha scritto:Domare la tigre o schiaffeggiare la scimmia? Questo e' il problema.


Dare la scimmia in pasto alla tigre :D
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Messaggioda Persephone84 » gio dic 05, 2013 12:24 pm

Danilo ha scritto:
Persephone84 ha scritto:
EvaK ha scritto:pensare è una cosa
farsi le seghe mentali è un'altra.

spesso non si pensa troppo ma ci si fanno troppe seghe mentali.


non posso che quotare... purtroppo ... :roll:

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più di così?????????? 8O


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