Immigrazione, questione colossale.
Non so se la dott.ssa Kyenge sia la persona giusta per la posizione che occupa.
Di sicuro porta avanti la battaglia della cittadinanza agli stranieri per jus soli (e non per jus sanguinis, com'è ora).
Questione complessa.
Il diritto di cittadinanza per nascita sul suolo italiano regolarizzerebbe molte posizioni e indurrebbe le istituzioni a fare passi concreti per rendere più facile l'integrazione degli stranieri nella nostra società.
Tuttavia aumenterebbe i flussi migratori, accelerando un processo che - secondo me - va gestito con calma e ragionandoci sopra.
A Brescia, dove abito, la popolazione straniera è al 20% della popolazione totale.
Molti degli stranieri di I generazione non parlano l'italiano e hanno difficoltà a relazionarsi con le istituzioni italiane, quando necessario (ospedali, scuole, questura, lavoro, ecc.).
In alcune scuole della provincia gli alunni stranieri sono il 30%, in altre l'80/90% [sic].
Il grado di dispersione scolastica di questi ragazzi alle superiori si aggira sul 50%: il 50% dei ragazzi è fermato prima di conseguire un diploma.
E lo Stato, in una situazione così caotica, fa poco: 6 ore di corso di educazione civica per i neo-arrivati; obbligo di licenza media o equiparata e di corso di lingua per trovare lavoro; una procedura paradossale per la richiesta del permesso di soggiorno; uffici sottodimensionati.
Sperare di risolvere problemi di questa portata semplicemente tramite l'attribuzione della cittadinanza per jus soli è secondo me superficiale.
È, secondo me, indispensabile rafforzare le proposte di corsi di italiano, pensati in un'ottica non solo di educazione civica, ma di insegnamento a come relazionarsi con la società italiana e le sue istituzioni.
Così come aumentare i percorsi di alfabetizzazione e alfabetizzazione avanzata nelle scuole: un approccio che abbiamo sperimentato in questi anni sta portando la riduzione della dispersione scolastica dal 50% al 10%. Questo significa un bel po' di problemi sociali in meno, di qui a 20 anni.
È un approccio troppo assimilazionista?
Non so che dire.
A me pare improponibile l'idea che le istituzioni - rigide come sono - italiane - pes amò - debbano negoziare procedure operative e lessici validi per i sistemi di abitudini e di comunicazione e con gli immaginari di qualcosa come 190 etnie (tante ve ne sono a Brescia) o più.
E poi, come dice Kinobi, se vado in Uganda, o in Australia è molto meglio se seguo le regole dell'Uganda, o dell'Australia (e gli ugandesi e gli australiani lo pretendono). Là siamo in casa d'altri, qui siamo a casa nostra.
In ogni caso non ci sono soluzioni semplici a problemi complessi.
E giusto per dare una botta di ottimismo - come da mio consueto stile alla schiattamuorte - a Bs, mentre la disoccupazione generale è solo al 6,8%, quella degli stranieri è al 17%, aumentata di 3 punti in un anno.
Come si fa a creare lavoro in breve tempo per tutte queste persone?
Non so com'è...
Ma è come se sentissi una bomba a orologeria innescata.
Spero che chi di dovere si dia una mossa.
Passo e chiudo, chiedendo scusa per la mia prolissità.
Non cesseremo di esplorare - E alla fine dell'esplorazione - Saremo al punto di partenza - Sapremo il luogo per la prima volta. T.S. Eliot