PIEDENERO ha scritto:ncianca ha scritto:In un articolo del numero di marzo di Climb si parla del "rischio" nascosto dell'arrampicata sportiva. Riassumo qualche riga citando e traducendo.
Ho passato tantissime giornate splendide facendo trad ed arrampicando malissimo. Basta invece che non mi riesca un singolo movimento su una via sportiva e la giornata diventa una merda. Ecco il vero rischio dell'arrampicata sportiva. Un'ossessione per i gradi e la prestazione può rovinare la vita. Ti rende competitivo, geloso. Ti fa ignorare gli amici e la famiglia. Ti porta ad abbandonare il resto della tua vita. La casa va a pezzi, il lavoro ne soffre, la biancheria sporca si accumula, la tua compagna è un ricordo. Ogni dedicato arrampicatore si è trovato ad un certo punto a pianificare la propria esistenza attorno all'arrampicata. Per esempio rinunciando a vedere gli amici perché le condizioni in falesia erano ottimali. Persino cose che dovrebbero essere fonte di gioia, come la nascita di un figlio, sono viste come una distrazione dall'arrampicata. È giusto? È salutare?
Ci sarebbero da fare dei distinguo, culturali, personali, ma penso che ci sia, purtroppo, del vero in questo quadretto di Stuart Littlefair.
eri tu che mi parlavi di: "First world problem"?![]()
comunque stiamo parlando di una passione che come tale è totalizzante, sta a noi trovare la quadra per far convivere la passione con la vita di tutti i giorni......ma così è troppo facile..... la realtà, la psiche, il nostro essere animali sociali è molto complesso e in due righe non è facile approfondire.
in sintesi: la "normalità" come la "trasgressione" sono due facce della stessa medaglia:una noia pazzesca.
Che si tratti di un first world problem non c'è dubbio. Ad averne di first world problems... Il punto è che la linea che separa una passione da un ossessione è sottile. Vale sempre, ma per l'arrampicata è particolarmente sottile. Proprio per la sua natura di attività individuale, tutta incentrata sul successo personale etc. È proprio la nostra natura sociale, imho, ad essere messa in giuoco quando arrampichiamo in modo "compulsivo". Il bello è che lo riconosciamo anche. Ti ricordo che dopo neanche 5 minuti che ci siamo conosciuti a Croveo, bebè a bordo, abbiamo definito l'arrampicata una "droga compulsiva". E via a drogarci

Detto ciò, non tiro una zanca da 48 ore. Sto uscendo matto. Questa sera mi sbatto in sala boulder e se qualcuno mi parla lo mando a cagare
