Vabbò, a Paolino non è entrata la nebbia nella testa.
L'ho aizzato io, ahimè.
Ma vedo che quello che dice è a tratti leggermente travisato.
Aldino ad esempio, nonostante la precisione e cautela che lo contraddistingue in positivo :"E se le fessure si rovinano, pazienza, ne troveremo delle altre". Che, sinceramente, non mi pare entri a titolo nel discorso proposto da Paolo "nel rispetto della montagna", oltre ad assumere una sinistra connotazione utilitaristica della roccia e della montagna...
Oltre a commettere delle imprecisioni tecniche tra spit e fix, e sulla loro applicabilità e durata nel tempo.
Noto che molti degli interventi si sono basati su presupposti di
falsa sicurezza, di
retorico rispetto per il passato (come se nel passato i chiodi piantati fossero vecchi ed i cordini bisunti e rotti...),
falsi preconcetti sulle emozioni alpinistiche deturpate dagli spit (in evidente contraddizione con quello detto da tutti, ovvero che gli spit NON migliorano di molto la sicurezza),
pindariche metafore con autovetture in cui il contributo tecnologico è schiacciante e, di fatto, realmente innovativo in se e relativamente ad un componente aggiunto e non di base (caro Morty, eventualmente non paragonare iniezione diretta con carburatore. Paragona bulloni in molibdeno con bulloni in ferro...

),
falsi ragionamenti come quello, tanto per cambiare, di Quilo che paragona una via con 100 chiodi alla stessa con 500 spit (ma dì, Quilo, ma fai uno sforzo, di tanto in tanto: ti pare che Paolo abbia suggerito di tappezzare le vie classiche con fix anche dove non ci sono? oppure ti rendi vagamente conto che il tuo è un discorso di demagogia di serie Z?).
Quindi.
Leggendo i commenti, e non facendomi carico di esprimere le MIE IDEE in proposito, mi pare di intuire che il 98% degli interventi parli di un alpinismo che sta nelle teste di ciascuno di noi, e NON REALE. Un alpismo a tratti eroico, a tratti esplorativo, a tratti di sofferenza, a tratti di soddisfazione. Insomma, UN ALPINISMO DI CULTURA, quella dei libri, quella del passato.
Ma nessuno, e dico NESSUNO, che parta da un esempio pratico di una di queste famigerate VIE CLASSICHE ALPINISTICHE. Nessuno. Nessuno che parli dello stato in cui versano queste vie (visto che di classiche si sta parlando, no?)
Allora lo faccio io.
Domenica, sulla MELLANO-PEREGO al Becco di Valsoera, Piantonetto. Via di 500 metri circa, TD/TD+, sesto grado sesto, più qualcosa in artificiale e/o libera, con settimo grado settimo.
7 cordate.
L'itinerario è tappezzato di chiodi di ogni tipo, in via, fuori via, in mezzo alla via. Cunei marci, cordini inutilizzabili.
I due tiri in artificiale (per un totale di 55 metri circa) sono interessati da circa 35 chiodi di ogni tipologia, rotti, fuori, dentro, nuovi, vecchi, del signor Mellano, inutilizzabili, piegati, fresati, ribattuti. In questi due tiri campeggiano catene di cordini, stringhe di scarpe, bindelle di tapparelle, e quanto altro, per alleggerire gli A0 più ostili. Ruggine che cola addobba l'estetica fessura.
Le soste occhieggiano ovunque sulla via, tanto che in alcuni tratti è difficile capire dove conviene sostare, se conviene sostare, se si tratta di un punto di rinforzo ad un chiodo di via, oppure di un oggetto di pura creatività.
Tutto assolutamente orrendo ed inutile.
Ma la cosa che mi ha fatto morire dal ridere è che tutte le cordate (e mi ci metto pure io che però non ho problemi in questo senso) sono ritornate alla base della montagna utilizzando le doppie della via "Nel corso del tempo", una stupenda linea moderna attrezzata da quel santo uomo di Manlio Motto.
Nessuno, e dico, nessuno, che abbia scelto di:
arrivare in cima al Becco, prendere il canale massacrato a sinistra di sassi e frane, scendere comodamente per sentiero mortale.
Tutti in doppia sui fix di Manlio Motto.
Di rientro, alla base, ho aperto lo zaino, estratto un sacchetto, ed in esso ci ho messo una diecina di cordini che ho strappato alla montagna, più quelli che campeggiavano beati alla base del Becco.
Io.
Bene.
Paolo ha proposto una SOLUZIONE MINIMALE DI SALVAGUARDIA ESTETICA E MATERIALE delle nostre amate vie.
HA SCRITTO: SULLE CLASSICHE IL PROBLEMA È LA MERDA CHE SI TROVA.
Centinaia di chiodi INUTILIZZABILI.
KILI di cordini inutili.
MOLTISSIME soste inutili fuori percorso che non rispettano ASSOLUTAMENTE NE' MINIMAMENTE il tracciato originario.
FESSURE massacrate da ferro di ogni qualità.
BUCHETTI intasati da qualsiasi cosa, dal legno alla plastica.
RUGGINE.
BENE.
Paolino ha detto: PERCHE' INVECE DI QUESTA MERDA, 2 oggetti, e 2 solo, e basta?
Ora.
A me pare che dal punto di vista conservativo e di protezione nei confronti della roccia, questo è un passo avanti EPOCALE.
Un passo perchè finalmente ammettiamo che:
- sono cambiate le condizioni al contorno
- sono cambiati i frequentatori
- sono cambiati i materiali
- sono cambiate le vie stesse di frequentazione
- le Alpi non sono più solo un luogo unico di avventura, anzi.
Le Alpi stanno scomparendo.
E lo stimolo alpinistico è cambiato. Le Montagne da esplorare sono finite. Le creste sono state salite tutte. Le normali pure. Le Pareti anche. I problemi sono stati esauriti. Le linee più difficili quasi tutte domate.
Gli eventi più eclatanti degli ultimi anni, nelle Alpi, sono le ripetizioni, oppure qualche rara apertura di difficoltà estrema ma a fix.
Da quello che ricordo io, ovvero quello che ha impressionato me, ma sono un cretino, le ultime aperture di una certa impressione, sulle Alpi, fatte in stile tradizionale senza utilizzo di materiale ad espansione (sino a prova contraria), e con una etica fuori dal comune, sono state "Steps across the border", di Ingo Knapp e compagni, in Marmolada, Nuvole Barocche del Verri e socio, dove sapete tutti.
Non c'è più nulla che faccia assomigliare, alpinisticamente parlando, il 1930 con il 2006.
E noi, invece di preoccuparci di tenerci ben stretti tutte quelle meraviglie di itinerari che il passato ci ha consegnato, ci occupiamo solo del nostro egoismo, del nostro bel giardino privato di giuochi, dove ognuno di noi ci riversa dentro le proprie aspettative oniriche ma, ahimè, non accorgendosi che di questi sogni, il 90% è vincolato alla cultura da cui proveniamo, e quindi, MANCO PER IL c***o CHE È LIBERO E GENUINA ESPRESSIONE DELLA PROPRIA COSCIENZA.
Ora smetto.
Senza prima notare che:
in Austria, Francia, Svizzera, StatiUniti, ed altri paesucoli del cacchio, esistono associazioni che fanno esattamente quello che ha suggerito Paolo.
Schiodano la merda, e ripristinano la FUNZIONALITÀ ORIGINARIA di quello che c'era, con materiali concettualmente identici, ma MODERNI. Di ferro si tratta, di infissioni pure, e non di smaterializzatori fotonici.
Amen.
