E' buio sul nevaio del Passo delle Scalette. Dormono le cime del Gran Sasso e la Farfalla del Paretone sonnecchia con le ali intorpidite. Solo le stelle tremule illuminano la cresta dell' Arapietra. Più in basso, due corpi tremano come foglie nella notte.
Un grido lontano squarcia le tenebre: "ARIANAAAAAAAAAAAAAA!!!"
E' l'epilogo di un'avventura e di una tenera storia nata fra le ultime nevi del Corno Piccolo.
In mattinata una cordata si è portata incespicando nella neve ai piedi del Campanile Livia per attaccare la via Valeria. E' un gruppo di tre persone, due maschi e una tenera fanciulla dagli occhi di foglia, che tiene ben nascosti da un paio di occhiali futuribili, quasi avesse paura di ferire coi suoi strali qualche nobile cuore.
Ma si sa, l'amore nasce anche nel gelo della neve e basta un raggio di sole a scaldare gli animi. Con la cordata è salito un nobil cavaliere di nome Paraflù. Accompagna gli alpinisti fin sotto il Campanile cercando requie alla sua alma affranta, stanca di perigliosi eventi. Passeggia e pensa ai travagli passati e intanto...intanto scorge la fanciulla. E' in difficoltà: più di una volta affonda nella neve e lui è pronto ad offrirle saldo il braccio per ritirarla su, incurante del pericolo: basterebbe che il suo piede vacillase un solo istante per finire giù, lungo gli oscuri precipizi del Vallone dei Ginepri. Ma mentre guarda incantato la fanciulla il suo piede è saldo, la mano sicura palpeggia un po' ovunque...è così che inizia questa dolce vicenda.
La ragazza lo accarezza teneramente, lui è schivo, come sa essere solo un cavaliere. Tiene fra le mani le sue magre scorte e pensa ai perigli che gli scalatori affronteranno. Non c'è che un nome nella sua mente: "Arianna", nome sussurato a perdifiato.
La cordata attacca la parete, lei guarda ammirata il capocordata salire sicuro sui ripidi appigli, sull'infida placca, sull'atroce pietra. E' sorridente, allegra...non sa, non sa cosa le riserva il futuro di li a qualche ora.
Titubante, anche lei attacca la placca, va su sicura, come volasse.
Lui la guarda salire finchè non sparisce dalla sua vista. Poi scende nel Vallone e guarda ancora, quei crini castani che brillano al sole.
Si porta al Franchetti, dove fa amicizia col cane di Mazzoleni, animale fiabesco, figlio del tuono e della croda. Lo accarezza e ne riceve festose slinguazzate madide di bava. E intanto pensa alla sua bella, li sul Campanile Livia...quando potrà rivederla?
Sul rifugio si allungano le ombre della sera. La cordata non è ancora rientrata. Il nobil cavaliere scuta dei forestieri che scendono sul nevaio. Ne ferma uno e chiede notizie. "Stanno alla prima calata...speriamo muovano il culo!" si sente rispondere. E' frastornato, confuso. Non può stare con le mani in mano, vorrebbe correre da lei. Ma la notte è imminente, il piede stanco. Lo stomaco pieno delle grame cibarie dello spartano rifugio: pasta al ragù, salsicce e panini. Il forestiero lo incita con alate parole "a Paraflù, scenni che sennò so dolori pure per te!".
A malincuore si fa convincere e lo segue sempre più giù, fino alla Madonnina e poi ancora per il ripido crestone dell'Arapietra.
E' ormai notte quando arrivano all'automobile. Non fa che pensare e ripensare alla sua piccola, Arianna, impegnata in una discesa affannosa dal monte.
Pochi istanti ed arriva il capocordata, il viso segnato dalla lotta con l'Alpe, ha attraversato balze perigliose e sfidato torme di cani ringhianti per giungere fin li.
Il cavaliere domanda notizie: "Ma ndo c***o stanno gli altri due? Com'è che sei solo?"
La risposta lo trafigge come mille pugnalate "Stanno ancora su...boh, forse alla Madonnina...io so sceso de corsa per avvertirvi". Il cavaliere sente montare la rabbia...a stento si trattiene, poi espode tutto il suo furore "ARIANNAAAAAAAAAAAAAA!!! dove seiiiiii!?". Nessuna risposta, tutto tace. Lo trattengono in due dall'assalire il marrano, lui spicca un balzo e punta verso l'Arapietra, lontana, buia, inaccessibile. "ARIANNAAAAAAAAAAAAAAA!" urla nella notte "ARIANNAAAAAAAAAAAAAAAAA" ma nessuno risponde, le stelle tacciono, le pareti gelide rimbombano del suo grido. Che fare?
Il momento è catartico, la decisione fulminea: soccorrere la pulzella o la morte!
"La vado a cercare e vaffanculo!" urla. Gli altri lo trattengono "Ma no ma dai, ma dove vuoi andare, mo arrivano" Insiste "La vado a cercare!!!" Ancora lo trattengono, lo calmano e lo fanno montare in macchina.
Arriva a Prati di Tivo ed esce dalla vettura con scatto felino. "ARIANNAAAAAAAAAAAA" urla per il piazzale "ARIANNAAAAAAAAAAAAA".
In una tenda c'è un vecchio alpinista, temprato dall'Alpe e dalla bufera. Lo rincuora, lo calma: "La pianti di rompere i coglioni che qui c'è gente che dorme?" Ma l'incertezza sulla sorte della sua bella è tortura atroce..."ARIANNAAAAAAAAAAAAAAA!" urla ancora e ancora.
Rincorre il capocordata per il piazzale, laverà quell'onta col sangue!
Altra gente accore, con parole di pace: "Avete rotto il c***o! Piantatela!" Ma lui non si da per vinto.
E' costretto in macchina, leone in gabbia, per ironia della sorte deve passare l'atroce nottata col marrano che ha tradito la sua bella. Sibila parole di sdegno e di ira e poi lentamente, il sonno lo coglie mentre sussurra ancora quel nome: "Arianna".
E' un sonno tormentato su quel sedile angusto, sogna verdi vallate e le prosperose grazie della sua amata. Non sa di che colore abbia gli occhi, sempre protetti dagli occhiali scuri, ma altri particolari se li ricorda bene..."omnia in mensura et numero et pondere"...così dicevano i savi...e li quanto a "mensura" e a "pondere"...
L'alba lo sorpende in un sogno che è meglio tacere e riprende il suo grido disperato: "ARIANNAAAAAAAAAA".
Intanto la bella, con un fido compagno, ha trascorso la notte in gelido bivacco, li sui pendii dell'Arapietra. Lungo la strada han trovato molte belve ringhianti e sono stati costretti a ripiegare, fuggire, fuggire verso l'alto. E il cielo stellato è stata unica coperta per loro, privi di acqua e di cibo. Chissà se nella notte la bella ha sentito il grido del suo cavaliere? E se per un momento si è sentita confortata dal suo ardore?
L'alba li coglie intorpiditi, infreddoliti. Le belve ora sono mute e tutt'attorno è un fiorire di merde di vacca.
Il sole è ormai sorto quando arrivano i soccorsi. Si! Il nobile cavaliere si è mosso al salvataggio.
Li recuperano li, su quel prato madido di rugiada, i denti che battono per il freddo.
Che dire in un momento tanto epico? Mentre il cavaliere tende la mano alla sua bella, una sola parola sfugge dalle sue labbra: "Arianna".
Guardare il suo viso stravolto dal duro giaciglio e sussurrare il suo nome è per lui la più tenera poesia.
Pezzo scritto (più o meno) con l'approvazione dei protagonisti principali
