bummi ha scritto:La spedizione del '75 fu una delle pagine stilisticamente più brutte dell'alpinismo himalayano in generale. Una spedizione pesantissima organizzata e gestita criteri ancora più militareschi di quella sul K2 nel 1954. C'erano addirittura due elicotteri che traportavano quotidianamente viveri e quant'altro dal campo base al campo due.
Poi ci fu quasi un incidente diplomatico quando Hillary, interpellato sull'argomento, fece presente che una spedizione simile aveva poco a che vedere con l'alpinismo.
Per Curnis non avervi preso parte dovrebbe essere motivo quasi di orgoglio...

Sicuramente la spedizione fu abbastanza chiacchierata anche allora, per la profusione (qualcuno sostenne ?lo spreco?) di mezzi, per il coinvolgimento pesante dell?esercito, e per le bizze di Monzino, che già di suo aveva un carattere certamente poco accomodante, ma ? a quanto si legge ? ebbe un atteggiamento estremamente dittatoriale ed aggressivo con tutti, sherpa compresi, e pretese certo non compatibili con la situazione. Sicuramente con le attuali spedizioni commerciali che portano in vetta decine di persone, alcune spesso con pochissima esperienza, fa un po? sorridere l?uso di elicotteri e tonnellate di materiale per salire ?solo? la via normale.
Detto questo.. c?è una cosa che ci tengo a puntualizzare ? prendilo per uno sfogo. A noi italiani piace sempre pensare che quello che facciamo noi, soprattutto se è coinvolto lo Stato o l?esercito, sia sempre fatto peggio degli altri. La realtà è che la maggior parte delle spedizioni sugli ottomila fino alla metà degli anni ?70 erano gestite più o meno così ? non solo quelle italiane. Tanto per mettere i puntini sulle ?i?: sia la spedizione inglese del 1953 che quella americana del ?63 sulla cresta Ovest, che quella inglese del 75 sulla parete Sud-Ovest furono pesantissime come mezzi e finanziamenti, gestite con metodi militari e sponsorizzazioni governative a iosa. La leadership fu spesso autoritaria quanto bastava, ci furono in tutti e tre i casi esclusioni eccellenti dalle motivazioni più che dubbie (Shipton nel 1953 e, più clamorosamente Whillans nel 1975 ? leggiti la sua nuova biografia ?The Villain? per tutti i sordidi particolari di quella storia). In tutti e tre i casi ci fu chi ebbe a ridire sullo stile, prima e dopo ? divertente leggere di Hamish MacInnes che pianifica una bislacca ?spedizione? alternativa all?Everest nel 1953, per salire in due e senza corde fisse la cresta Ovest, e scendere dall?altro lato e piombare sulla testa della spedizione ?ufficiale? per fare loro le pernacchie!
La grossa differenza rispetto alla spedizione Monzino ?75 è, ovviamente, l?importanza dell?obbiettivo (una via nuova giustifica cose che una ripetizione forse non può). Ma la differenza rispetto al nostro K2 qual è? Ben poca, se guardi ? anzi, per quanto ?grossa? possa essere stata la spedizione Desio del 1954, era pur sempre poca cosa rispetto a quella di Hunt nel 1953, e confronto agli americani del ?63 (con il ?punto? degli alpinisti fatto col satellite etc.) o Bonington 1975 (pianificazione col computer etc.) letteralmente sparisce. E ripeto, metodi militari e autoritari, ripicche, gelosie, polemiche ci furono in tutti i casi. Forse l?unica vera differenza qualitativa fu il carisma dei capi-spedizione: sia Hunt che Bonington guidarono ?dal fronte?, e al di la dei loro caratteri, si conquistarono l?apprezzamento del resto della squadra. Desio è stato un grande esploratore e studioso (e organizzatore), ma come gestore di uomini temo che il giudizio migliore me lo abbia espresso un giorno il buon Ubaldo Rey: ?Sempre io, io, io, io!?. Temo che questo sia valso anche per Monzino.
La vera differenza è, in realtà, la percezione, anzi, la storicizzazione. Nessuno si sognerebbe di fare un articolo su una rivista inglese massacrando la spedizione del ?53 più di tanto, perché la risposta sarebbe, giustamente, ?Nel 1953 le cose si facevano così, e poi l?obbiettivo, raggiunto, era arrivare in cima per primi?. Al di la del fatto che quando si tratta di orgoglio nazionale inglesi e americani tendono ad essere sicuramente più cauti di noi (dalle nostre parti ce ne ricordiamo solo per i mondiali di calcio!), noi non riusciamo mai (soprattutto in campo alpinistico) a rileggere le cose nella loro prospettiva storica giusta. Diventa sempre tutto bianco o tutto nero seconda dei punti di vista ? vedi, a mio modesto parere, tutta la diatriba sul Cerro Torre.
D?altro canto, adesso si tendono ad idolatrare le spedizioni ?leggere?, su uno schema ideologico ?leggero ? buono, pesante ? brutto? che decontestualizzato a poco senso. Anche lasciando perdere le recenti polemiche su Diemberger e il Broad Peak, le spedizioni americane al K2 della seconda metà degli anni ?70 (e che passano per ?leggere? in molti tesi) furono una peggio dell?altra, con rapporti umani orribili, completa indifferenza nei rapporti con i ?locali? etc. etc. E altrove non è che le cose andassero meglio ? leggiti ?Nanda Devi? di John Roskelley per uno spaccato veramente nauseante di una spedizione pseudo-leggera nel Garhwal del 1976 (è significativo fare il confronto con la simultanea spedizione del CAAI, quella con Rabbi e Manera, che non raggiunse l?obbiettivo alpinistico ma fu decisamente una?occasione felice). E di esempi te ne potrei fare molti altri.
(E, tanto per chiudere, nell?alpinismo, la lista di contrapposizioni che fuor di contesto hanno poco senso ? ma su cui si discute sempre in termini rigidamente etici - è lunghissima: arrampicata libera vs artificiale, stile alpino vs. stile spedizione, spit vs protezioni mobili, etc etc etc