da èrman » gio mar 23, 2006 17:17 pm
FORSE QUALCUNO NON HA MAI LETTO UNA RIVISTA DEL CAI LUGLIO-AGOST DEL 1961 DOVE NELLA PARTE FINALE C'E' LA RELAZIONE TECNICA:
RELAZIONE TECNICA
La parete del Cerro Torre è alta circa metri 1300. La sua parte centrale presenta difficoltà tali da non poterla prendere in considerazione. Due sono i suoi punti deboli. La cresta est che scende verso il Fitz Roy fino a formare una tozza cima denominata ?El Mocho?, e un gran diedro situato sulla destra di questa formidabile parete.
La cresta porta con passaggi difficili alla base di grandi torri a circa 400-500 metri dalla cima. Sarebbe stata nostra intenzione, dopo rilievi aerei fatti dalla nostra prima spedizione, di risalire tutta la cresta per poi alla base delle torri attraversare tutta la parete sud, fino ad un grande strapiombo di ghiaccio sul filo della cresta sud-ovest, e di qui risalire per il versante ovest.
Decidiamo di attaccare il gran diedro che porta ad un piccolo nevaio e successivamente ad una forcella situata a nord del Torre.
Il tratto per arrivare al nevaio pensile è di circa 300-350 metri e parte del ghiacciaio sottostante a quota 1.850 metri. Questo diedro che presenta difficoltà di quinto e sesto grado con lunghissimi tratti di sesto grado artificiale e artificiale a espansione, è stato attrezzato con corde fisse fino al suo termine dove abbiamo posto un piccolo magazzino depositando tutto il materiale rimasto.
Fin qui usiamo, per superare questo tratto di parete, circa 80 chiodi, cinque dei quali ad espansione e lasciamo attrezzato il tratto usando circa 50 chiodi ai quali sono assicurati circa 300 metri di corda di canapa dallo spessore di 12 mm.
Per la salita effettiva, usufruendo delle corde fisse, ci portiamo alla base del nevaio a forma conica che termina sul bordo superiore del gran diedro. Lo tagliamo e ci portiamo con una traversata diagonale alla base di quella serie di fessure che partono dal bordo del nevaio e portano fin sotto ad un gran diedro strapiombante che va da destra verso sinistra.
Fin qui dal nevaio, sono circa 150 metri di quarto quinto grado (chiodi usati circa 15-20).
Dal terrazzino alla base del diedro suddetto, che lasciamo alla sinistra, si comincia ad attraversare la stretta parete nord che scende dalla cima a forma di triangolo con la base rivolta alla forcella fra il Torre e la cima che chiameremo ?Cima Egger?. La traversata di circa 200 metri tende a salire finché si tramuta in una fessura da una costola che porta alla base di un pilastrino di circa 50 metri sulla cresta che limita a destra la parete nord.
Lasciamo nella traversata una corda doppia fissa di 100 metri che verrà in seguito usata dal Fava per discendere e recuperata, per poi calarsi a corda doppia.
Fin qui quarto, quinto ed un tratto di sesto grado (chiodi usati 10-15).
Poniamo il posto di bivacco sulla forcella stessa scavando un foro nella neve orientandone l?apertura verso est.
Da qui si presentano due soluzioni: tagliare per cenge e canali tutta la parete ovest per entrare in un gran camino che intravediamo e che porterebbe alla base del gran strapiombo di ghiaccio sulla cresta sud-ovest, oppure usufruendo di una particolare condizione di innevamento che ricopre il tratto di parete nord per circa 300 metri seminascondendo placche, fessure e canali molto ripidi. Preferiamo questa seconda soluzione essendo la parete nord leggermente più riparata dal vento. Dalla forcella, per via tortuosa e a volte illogica, ci portiamo da canali a fessure cercando di sfruttare al massimo le c condizioni di innevamento e sfruttando i tratti meno ripidi. La assicurazione , data la precarietà e l?insufficiente consistenza dello strato di neve dura e gelata che ricopre la parete, è stata fatta scavando la crosta ghiacciata fino a trovare la roccia, usufruendo per assicurazione, di chiodi ad espansione.
Puntando sempre verso il terrazzino di ghiaccio che si incontra sulla cresta a nord-ovest, ci alziamo così di circa 300 metri. Sotto questi strapiombi di ghiaccio poniamo il secondo bivacco scavando nel ghiaccio stesso, ora abbastanza solido, una nicchia capace di ripararci da eventuale vento. (Quota data dall?altimetro m. 2720 ? chiodi usati: 30 ad espansione, 15 da ghiaccio).
Da qui la salita presenta la particolarità di una parete di ghiaccio ed è un susseguirsi di giri viziosi, sfruttando piccoli canali formati dal vento per aggirare piccole pareti verticali o grandi cavolfiori di ghiaccio che a volte non possiamo fare a meno di salire direttamente. Saliamo ora quasi sempre verso il versante ovest essendo quello a nord troppo ripido e difficilissimo. Poniamo il terzo bivacco su quella grande terrazza a circa 150 metri dalla cima (quota data dall?altimetro metri 3250, l?apparecchio segnava in anticipo l?arrivo del brutto tempo; in realtà il terzo bivacco è a circa quota
2980, chiodi usati circa 20, pendenza variabile tra i 50 e 60 gradi in tutti i 250 metri).
Dal terzo bivacco si supera una ripida e verticale parete di ghiaccio di circa 60 metri (20 chiodi) per poi usufruire di canali e della calotta nevosa che porta a pochi metri dalle grandi cornici che strapiombano sulla parete est, sud e ovest. (L?altimetro segna 3200 metri).
In discesa usufruiamo di funghi di ghiaccio di (ai) quali assicuriamo dei cordini di perlon. In tre corde doppie ritorniamo al punto del terzo bivacco dove passiamo la quarta notte. Riprendiamo a scendere all?incirca lungo la via di salita usufruendo ancora dei funghi e chiodi da ghiaccio. Le ultime due corde doppie della giornata sono state fatte su chiodi ad espansione avendo superato il limite del ghiaccio e avendo trovato ora, dato il forte scirocco che viene dall?ovest, tutta la parete nord priva della neve che ci aveva permesso di salire. Bivacchiamo la quinta notte a quota 2550 circa (nove corde doppie). Di qui tagliamo la parete nord lungo la superiore di due fessure sovrapposte, per non toccare la forcella e dover così rifare la traversata resa difficile dal fatto che Fava aveva recuperato la corda lasciata fissa.
Obliquando verso est, ci troviamo quasi sopra all?inizio della traversata da dove parte il diedro strapiombante che va verso sinistra. Arriviamo a quota 2250 dove poniamo il sesto bivacco (11 corde doppie).
Qui succede la disgrazia.
Il giorno dopo continuo a scendere da solo con uno spezzone di circa 120 metri di corda così da usufruire di soli 60 metri di corda doppia. Con tre corde doppie assicurate a funghi di ghiaccio, taglio il nevaio e scendo sempre a corde doppie fino alla base della parete.
Circa 175 ore di permanenza in parete. Chiodi da roccia usati circa 120, chiodi da ghiaccio circa 65, chiodi ad espansione circa 70, cunei di legno circa 20. Alla partenza il nostro equipaggiamento era di due corde da 200 metri (una di queste servirà a Fava per scendere dopo averla lasciata fissa sulla traversata), 10 staffe, 50 chiodi da roccia, 100 chiodi ad espansione, 30 chiodi da ghiaccio, cunei di legno e 30 metri di cordini, viveri per tre-quattro giorni ed equipaggiamento vario per il bivacco.