ciao a tutti,
ho scoperto da poco questo topic e solo ora ho avuto tempo per leggerlo con un po? di attenzione
visto che di cose ne sono state scritte pure troppe.......ce ne metto altrettante
siccome stasera ho tempo, poveri voi, sarò lungo
sono grato a TUTTI per i contributi, perché far circolare le proprie idee, pur strampalate (e ogni tanto con toni anche accesi) e confrontarsi, fa sempre bene a chiunque, anche perchè ogni tanto si scopre che persino argomentazioni tecniche di cui eravamo fino a ieri convinti propugnatori, poi si rivelano....sbagliate
Trovo alcune posizioni un po? originali e molto distanti dal mio modo di concepire lo scialpinismo che, per intenderci, è molto più vicino, per citarne qualcuno, a quello di
andreag, t
opocane,
aldino,
rpavesi e, in ultimo, di
bummi, con cui concordo totalmente (ma solo su questo, non sullo stile alpino

)
Posto che l?obiettivo comune per tutti noi, è senz?altro quello di riuscire a conciliare divertimento, sicurezza e massima libertà d?azione, ho spesso rilevato tra i praticanti ad ogni livello (compresi professionisti) che l?idea che ciascuno di noi ha dello scialpinismo e il diverso peso che di conseguenza attribuisce ad ognuna delle sue tante componenti, è in stretta funzione ?salvo eccezioni - dell?età anagrafica, che è poi figlia del diverso modo di approccio a questa disciplina : oggi chi si avvicina allo scialpinismo ben raramente proviene dall?alpinismo (come invece è stato per le generazioni fino agli anni ?60, max ?70), bensì vi apporda dallo sci in pista, o addirittura dall?agonismo o, ultimamente, anche dalla tavola. Ovvio perciò che oggi si privilegi la fase di discesa e si guardi a tutto quanto è avvicinamento, salita, arvapalasonda, studio-osservazione-conoscenza di neve, valanghe, storia dell?alpinismo, ecc , quasi come delle rotture di palle (sto estremizzando) che alla fine ci sottraggono solo tempo al piacere della ?glisse? nella ?powder?, perché in fondo anche questi franco-anglo-americanismi oggi fanno molto trend (basta curiosare in quest?area del forum).
ho letto molte cose che condivido, ma molte altre che non mi sembrano corrette, in quanto dettate probabilmente anche da difetti di conoscenza o di comunicazione, per cui voglio fornire UN PO? DI INFORMAZIONI sull?attività di scialpinismo che si cerca di insegnare in ambito cai, soffermandomi proprio sulla tecnica di discesa, visto che è una branca che, vedo, interessa così tanto (secondo me, troppo).
Il cai non insegna a sciare su pista, perché in italia tale pratica è riservata ai professionisti iscritti all?albo dei maestri di sci, e chiunque altro la eserciti, integra una precisa fattispecie di reato (la stessa ? esercizio abusivo di professione- che, anche se in altro campo, ha ingenerato la nota vicenda guide alpine-fasi).
Il cai insegna invece, con le sue scuole di scialpinismo, a muoversi nella montagna invernale con gli sci, e ciò è molto di più che saper sciare, e comunque richiede che già si sappia sciare, anche perché gli obiettivi ? generali e dettagliati - di ciascun corso cai di scialpinismo (base, avanzato, ecc.) sono ben delineati, e tendono, gradualmente, a rendere l?allievo sempre più autonomo nella pratica e nelle scelte da eseguire.
Sul nuovo manuale cai, tirato in causa da
Uli, debbo rettificare che ad onor del vero, le pagine dedicate alla tecnica di discesa (mutuate in estrema sintesi da un apposito impegnativo lavoro in testo e video, realizzato a beneficio degli istruttori cai nel 2001) non sono 100, ma solo una settantina su 460, e direi che rappresentano una giusta proporzione nell?ambito di questa splendida attività alpinistica ?multidisciplinare?, che richiede insieme la conoscenza,oltre alla tecnica di discesa, di almeno una decina di altre capacità specifiche, diverse una dall?altra, ma tutte importanti specie in chiave sicurezza, anche se in diversa misura.
Lo testimonia il manuale tecnico citato, le cui prime 50 pagine trattano equipaggiamenti, materiali e tecnica di salita, mentre le oltre 300 che seguono al capitoletto sulla tecnica di discesa, trattano abbastanza approfonditamente (come è necessario e doveroso per un esperto scialpinista, guida alpina, maestro di sci, istruttore cai o autodidatta che sia) lo scibile in tema di nivologia, valanghe, valutazione del manto nevoso, arva, preparazione e condotta di gita, autosoccorso e richiesta soccorso.
Si tenga poi conto che altre conoscenze altrettanto indispensabili per la pratica in sicurezza di questa attività , quali la topografia, la meteorologia, medicina e primo soccorso, allenamento e fisiologia, alimentazione, ecc., non hanno trovato spazio su questo manuale, ma su un altro, altrimenti avremmo avuto un testo di 1300 pagine. E se non basta, tutte le altre tecniche alpinistiche, indispensabili anch?esse per la formazione d?uno scialpinista completo, trovano spazio in altre ?sole? 640 pagine del manuale di ghiaccio e misto, e ciò tralasciando l?alpinismo su roccia, anch?esso talvolta indispensabile, sebbene su terreni medio-facili.
Rimanendo sulla tecnica di discesa, il manuale cai di scialpinismo utilizza come dispensa di riferimento, il testo FISI-AMSI del 1998, e gli obiettivi che la commissione e la scuola centrale cai si è posta da circa un decennio, sono essenzialmente due : uniformare (leggi innalzare) le capacità ed il conseguente livello di insegnamento, da parte degli istruttori, ad un certo standard qualitativo, oggi indispensabile, nonché aumentare l?attenzione alla sicurezza in fase di discesa (fase durante la quale si verifica la quasi totalità degli incidenti in valanga provocati).
Ho letto nel topic interventi polemici sullo scarso grado di capacità degli istruttori cai e anche su una scuola centrale un po? troppo ?esigente?, ma posso assicurare che guide e persino maestri di sci non appartenenti all?ultima generazione, hanno avuto seri problemi ogniqualvolta si è verificato un cambio di marcia nella progressione tecnico-didattica e nei testi tecnici di riferimento, e se questo è un problema per professionisti, figurarsi per i volontari.
La ricerca di una tecnica di discesa più evoluta rispetto ad alcuni anni fa, rientra in un preciso indirizzo che la scuola centrale ha deciso da circa un decennio di rivolgere a chiunque voglia insegnare nelle scuole del cai : va sfatata l?errata convinzione che l?esperienza equivalga solo alla quantità (= nr. di salite nel carnet), si vuole invece valorizzare e diffondere maggiore cultura dell?insegnamento (ne ha parlato molto bene aldino), intesa come capacità didattica, come spirito di osservazione, capacità critica, indipendenza di pensiero, conoscenze e capacità tecniche, in salita come in discesa.
Mi ricordo che proprio in premessa al manuale si è voluto evidenziare come lo scialpinismo sia, da un lato, un?attività relativamente facile da apprendere se si vuole praticarla per divertirsi in compagnia e ad un livello mediocre, mentre dall?altro, rappresenti l?attività alpinistica più complessa e completa, nel momento in cui la si voglia praticare ad un certo livello, in totale autonomia e osservando un grado ottimale di sicurezza, conducendo un gruppo.
Quanto all?insegnamento della tecnica di discesa, nel cai nessuno mai penserà ? salvo eccezioni anche più che giustificate - di sostituirsi alle capacità dei maestri di sci, tanto è vero che i testi sono stati pensati e realizzati sotto la supervisione e con l?ausilio di istruttori di maestri fisi, che collaborano (come le guide alpine nell?alpinismo) col cai da veri e propri volontari : ciononostante, molti esercizi FISI sono stati adattati al movimento fuori pista solo grazie al contributo e all?esperienza di istruttori nazionali cai, perché i maestri di sci non avrebbero mai pensato, su loro stessa ammissione, a certe problematiche in chiave alpinistica e di sicurezza?..cerco di chiudere perchè sto diventando luuuuuuungo.
Siccome come dicevo, oggi lo scialpinista ?tipo? non proviene più dall?alpinismo, bensì dallo sci in pista o addirittura dall?agonismo, un istruttore cai deve quantomeno saper eseguire bene ed insegnare le tecniche di base, fino al cristiania, per poter insegnare agli allievi a scendere in sicurezza con un arco che sappia interpretare al meglio il pendio, e deve saper fare ciò con proprietà di linguaggio e sufficiente cognizione dei principi biomeccanici alla base del movimento, in modo da poter correggere gli eventuali errori e difetti più marchiani in un allievo: negli esami per il titolo, a un istruttore regionale cai è richiesto il "vecchio" 3° livello (cristiania di base=controllo dello sbandamento), mentre ad un nazionale è richiesto il 4° (cristiania di vario arco=ricerca della conduzione). La conduzione è considerata l?obiettivo cui bisogna tendere, ma non è richiesta (fatta bene, è privilegio di pochi), e la superconduzione (di pochissimi) è addirittura spesso sconsigliata in funzione dell?attività e dei terreni su cui ci si muove fuori pista.
Attenzione alla discesa ce n?è eccome : tra i vari indirizzi per l'organizzazione di corsi cai, è consigliata un?uscita in pista con un maestro di sci ; per l?aggiornamento tecnico in pista degli istruttori, il professionista è da ritenersi indispensabile e negli ultimi anni (qualcuno già l?ha detto) quasi tutte le scuole prevedono un aggiornamento con maestro pagato di tasca propria. Dunque questo dell?attenzione alla tecnica in pista è stato un gran passo avanti rispetto ad un passato, abbastanza recente, in cui molti istruttori cercavano di nascondere i propri difetti tecnici ?fuggendo? su nevi profonde o difficili, e trasportandovi subito gli allievi, potendo così sopperire alle carenze tecniche con l?esperienza.
Del resto, si cerca sempre di migliorare, ma la perfezione non ce l?ha nessuno.
saluti a tutti
biemme