esiste l'alpinismo senza la comunicazione?

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Messaggioda riccardo_mn » gio set 01, 2005 12:24 pm

Secondo me l'alpinismo può esistere senza comunicazione.
Ma perché la comunicazione nell'alpinismo è così importante?
Secondo me l'alpinismo si comunica perché è difficile e soprattutto rischioso. C'è quindi la necessità primordiale di far sapere al resto della tribù quanto si è abili e coraggiosi.

Naturalmente la cultura ha poi portato ad arricchire come anche a velare questo motore della comunicazione, che è comune anche ad altre attività, imprese o exploit in campi come la vela, il surf, l'esplorazione.
A causa di questa sovrastruttura culturale, la comunicazione verrà poi compresa solo da pochi appassionati e magari l'impresa sarà anche stigmatizzata come inutile pazzia da una società con altri valori.

Voglio inoltre precisare che ritengo che questo sia il motivo primordiale per cui si comunica, non quello per cui si fa l'alpinismo.
Si fa l'alpinismo per un numero molteplice di motivi, fra cui anche il gusto del pericolo, ma che comunque ritengo sia subordinato ad altri fattori: al piacere che si ha nel fare questa attività o alla necessità che taluni provano di sfidare se stessi in un ambiente ostile.
Addirittura agli inizi dell'alpinismo ciò non era accettabile e le imprese alpinistiche ed esplorative dovevano essere giustificate con motivazioni scientifiche. Ma l'eroismo che ammantava la descrizione di queste imprese non lasciava adito a dubbi: per fare quelle cose non ci volevano scienziati, ma "gente con le palle".

La vera intima natura della comunicazione delle imprese alpinistiche non è condividere il piacere provato o esternare quella che è in fondo una propria caratteristica intima, tantomeno divulgare le scoperte scientifiche e le misurazioni rilevate.
I racconti delle imprese alpinistiche, specie se ammantate di un alone di pericolo o di dramma, sono le pelli, gli artigli e le zanne delle belve uccise che indossava il cacciatore del paleolitico: il segno visibile della sua audacia.
Riccardo

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Messaggioda ismaele » gio set 01, 2005 13:01 pm

riccardo_mn ha scritto:Secondo me l'alpinismo può esistere senza comunicazione.
Ma perché la comunicazione nell'alpinismo è così importante?


Io la vedo in un altro modo. Per il "mio" alpinismo la comunicazione è fondamentale. La comunicazione è infatti bidirezionale: da una parte c'è chi trasmette la comunicazione e dall'altra c'è chi la riceve. Io sono dalla parte di chi la riceve e, tutto somato, non mi interessa molto sapere "perchè" uno sente il bisogno di raccontare le sue imprese o le sue salite. A me interessa, ed è servito, sapere che si possono fare certe cose, come si possono fare e dove si possono fare. Poi ognuno si trova il proprio perchè.

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Messaggioda Luca A. » gio set 01, 2005 14:55 pm

riccardo_mn ha scritto:Secondo me l'alpinismo può esistere senza comunicazione.
Ma perché la comunicazione nell'alpinismo è così importante?


Forse l'alpinismo classico-romantico sarebbe potuto esistere anche senza la comunicazione, in un contesto di pareti (o addirittura di intere cime) vergini.
Oggi come ripetere una via senza conoscerne la relazione? E senza conoscerne la difficoltà?
E senza che le scoperte tecniche vengano diffuse, e pian piano perfezionate fino a diventare assodate, fino a costuituire quello che in ogni disciplina si chiama lo "stato dell'arte"?
I manuali tecnici, i corsi CAI o non-CAI, le riviste, questo Forum stesso costituiscono forme di comunicazione. Un giorno qualcuno scopre che se una corda è elastica è meglio e lo racconta, e pian piano nasce il concetto di assicurazione dinamica; il giorno dopo un altro scopre che invece di scendere in doppia con la corda avvolta spalla-schiena-ascella è più comodo usare un moschettone di forma insolita e lo racconta, e pian piano nascono i discensori... e così via all'infinito.
Senza comunicazione gli uomini avrebbero sicuramente continuato ad innamorarsi delle montagne, a salirle, a fare alpinismo, è sicuro.
Ma certamente non sarebbe lo stesso alpinismo che intendiamo noi oggi.

E poi tutto questo è ipotesi di scuola. nella realtà quotidiana non esiste attività umana che si faccia in totale assenza di relazioni. "Nessun uomo è un'isola".

Ciao :wink:
Luca
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mi guiderai ai nostri antichi attacchi
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Messaggioda Enzolino » gio set 01, 2005 15:18 pm

Percorrere una linea vergine senza comunicare niente e' un'esperienza ... bella ... intima ... ma non per questo meno dignitosa di quella per cui si apre una via per esibizione, per confronto o per generosita' nei confronti degli altri. Forse piu' spesso prevalgono questi ultimi aspetti, allora il primo sembra piu' "nobile". Ma alla fine, son tutte espressioni del nostro modo di essere ...
Forse un po' di "oblio" o "omissione di informazioni" a volte farebbe bene all'avventura ed alla possibilita' di conoscere certi percorsi verticali con un po' piu' di mistero ...

Ciao :wink:

Lo
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Messaggioda Buzz » gio set 01, 2005 15:20 pm

riccardo_mn ha scritto:Secondo me l'alpinismo può esistere senza comunicazione. ...

cut cut


I racconti delle imprese alpinistiche, specie se ammantate di un alone di pericolo o di dramma, sono le pelli, gli artigli e le zanne delle belve uccise che indossava il cacciatore del paleolitico: il segno visibile della sua audacia.


bellissimo intervento (quoto)
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Messaggioda Hermione » gio set 01, 2005 15:20 pm

Davide62 ha scritto:L'alpinismo è come l'amore, una cosa tanto personale ma così altrettanto comunicata.
Nessuno la vive allo stesso modo e per questa ragione (non solo questa in realtà) ci comunichiamo le vicendevoli impressioni forse pre far luce sulle emozioni che ci spingono a praticarlo.


E' un paragone bellissimo, molto interiore...
Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri... ci sono!!! La falesia!!!

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Messaggioda zausau » gio set 01, 2005 16:22 pm

Mi è capitato di trovarmi davanti delle cordate lente e pericolose...
ma anche cordate veloci e simpatiche, anche dimostrare sè stessi
è comunicazione, mio figlio (7 anni) cammina per ore senza lamentarsi
se è in compagnia di qualche coetaneo o solo se riesce a comunicare
con qualche adulto escursionista che gli dà un poca di importanza.

Penso che la perfetta solitudine, è uno 'stato della coscienza' che fa parte
del bagaglio psicologico dell'alpinismo ma non credo che sia 'l'Alpinismo'
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Messaggioda BBB » gio set 01, 2005 16:30 pm

Hermione ha scritto:
Davide62 ha scritto:L'alpinismo è come l'amore, una cosa tanto personale ma così altrettanto comunicata.
Nessuno la vive allo stesso modo e per questa ragione (non solo questa in realtà) ci comunichiamo le vicendevoli impressioni forse pre far luce sulle emozioni che ci spingono a praticarlo.


E' un paragone bellissimo, molto interiore...



Attenzione a far dei complimenti con le interiora. Si può essere fraintesi. :wink:
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Messaggioda Maxxo » gio set 01, 2005 16:30 pm

zausau ha scritto:Penso che la perfetta solitudine, è uno 'stato della coscienza' che fa parte del bagaglio psicologico dell'alpinismo ma non credo che sia 'l'Alpinismo'

Bello :D
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Messaggioda Roberto » gio set 01, 2005 16:36 pm

Un fatto è che quando facevo solo salite in cordata, riferivo la salita e mi sentivo soddisfatto, da quando ho iniziato a fare salitarie, sento il bisogno di comunicare anche le mie emozioni e mi ritrovo a scrivere brevi resoconti/racconti, dove cerco di esprimere le mie emozioni. E' come se il fatto di non aver un compagno, con il quale condividere queste emozioni, mi porti ad allargare il campo, a cercare qualcun'altro .
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Messaggioda marinoroma » gio set 01, 2005 16:41 pm

riccardo_mn ha scritto:Secondo me l'alpinismo può esistere senza comunicazione.
..................

I racconti delle imprese alpinistiche, specie se ammantate di un alone di pericolo o di dramma, sono le pelli, gli artigli e le zanne delle belve uccise che indossava il cacciatore del paleolitico: il segno visibile della sua audacia.


Per completare il quadro molto suggestivo del cacciatore del paleolitico aggiungo che la "bestia" non era completamente annientata e esorcizzata se non dopo che il racconto era stato ascoltato da tutta la tribu'. E tutta la tribu' era poi felice di cantare e ricordare le gesta e le leggende dei piu' forti cacciatori perché solo cosi' la paura veniva fissata ad un evento e sminuita, smontata. Cosi' la paura del buio, delle tenebre, della solitudine veniva canalizzata e calmata.
Questo scambio tra narratore e pubblico é eterno, é il piu' forte segnale che gli uomini si scambiano per vincere la paura che ci attanaglia indistintamente, di essere soli e di dover fare i conti con la nostra esistenza, con i suoi perché.

Insomma, non credo che esista alpinista (diciamo persona va....) che non sia legato a filo doppio con il rituale del racconto e ascolto. Poi, certo, le maniere sono infinite, i pudori, la discrezione sono soggettivi, la voce é piu' o meno squillante....
....no, non ora, non qui, questa pingue immane frana....
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Messaggioda Buzz » gio set 01, 2005 16:42 pm

Roberto ha scritto:Un fatto è che quando facevo solo salite in cordata, riferivo la salita e mi sentivo soddisfatto, da quando ho iniziato a fare salitarie, sento il bisogno di comunicare anche le mie emozioni e mi ritrovo a scrivere brevi resoconti/racconti, dove cerco di esprimere le mie emozioni. E' come se il fatto di non aver un compagno, con il quale condividere queste emozioni, mi porti ad allargare il campo, a cercare qualcun'altro .


questa è una riflessione interessante
in effetti a pensarci bene quanto più mi sono sentito solo durante la salita (a volte anche se si è in cordata ti ci senti) tanto più ho sentito la necessità di comunicare raccontando emozioni, pensieri, dubbi, paure...
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Messaggioda Enzolino » gio set 01, 2005 17:00 pm

Roberto ha scritto:Un fatto è che quando facevo solo salite in cordata, riferivo la salita e mi sentivo soddisfatto, da quando ho iniziato a fare salitarie, sento il bisogno di comunicare anche le mie emozioni e mi ritrovo a scrivere brevi resoconti/racconti, dove cerco di esprimere le mie emozioni. E' come se il fatto di non aver un compagno, con il quale condividere queste emozioni, mi porti ad allargare il campo, a cercare qualcun'altro .
Anche a me e' capitato ... alcune cose pero' mi e' impossibile comunicarle agli altri ... agli altri spesso si possono raccontare solo le cose piu' superficiali ... a meno che non si sia bravi nel comunicare ... :wink:
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Messaggioda Roberto » gio set 01, 2005 17:06 pm

Enzolino ha scritto:
Roberto ha scritto:Un fatto è che quando facevo solo salite in cordata, riferivo la salita e mi sentivo soddisfatto, da quando ho iniziato a fare salitarie, sento il bisogno di comunicare anche le mie emozioni e mi ritrovo a scrivere brevi resoconti/racconti, dove cerco di esprimere le mie emozioni. E' come se il fatto di non aver un compagno, con il quale condividere queste emozioni, mi porti ad allargare il campo, a cercare qualcun'altro .
Anche a me e' capitato ... alcune cose pero' mi e' impossibile comunicarle agli altri ... agli altri spesso si possono raccontare solo le cose piu' superficiali ... a meno che non si sia bravi nel comunicare ... :wink:
Infatti: cerco di comunicare queste emozioni, mi sembra sprecato tenerle solo per me. Non so se riesco, ma qualcosa trasmetto.... almeno spero :wink:
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.. sono quello che ha "aperto" il 3d

Messaggioda sanlau » gio set 01, 2005 19:10 pm

ehm ehm sono quello che "aperto" il 3d...
mi pare di capire che nessuno ha letto e/o ricorda l'articolo in questione..
cmq anch'io ho sempre pensato che l'alpinismo esisterebbe anche senza comunicazione, però vi assicuro che leggendo l'articolo in questione si poteva essere disposti ad ammettere un intrinseco legame tra i due.. vabbè grazie a tutti...
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Re: .. sono quello che ha "aperto" il 3d

Messaggioda biemme » ven set 02, 2005 12:27 pm

sanlau ha scritto:ehm ehm sono quello che "aperto" il 3d...
mi pare di capire che nessuno ha letto e/o ricorda l'articolo in questione..
cmq anch'io ho sempre pensato che l'alpinismo esisterebbe anche senza comunicazione, però vi assicuro che leggendo l'articolo in questione si poteva essere disposti ad ammettere un intrinseco legame tra i due.. vabbè grazie a tutti...


beh, se non dai qualche altra indicazione, è un po' difficile trovarlo.

circa 10-12 anni fa ricorreva il decennale della scomparsa di gianpiero motti, forse avevi letto qualche articolo che per tale ricorrenza riportava un famoso passo, mi sembra di "i falliti", dove il Grande Motti, rifletteva sulla difficoltà nel comunicare, una volta scesi a valle, emozioni e momenti passati in parete a chi non avrebbe mai potuto capire di cosa parlasse.

A questo proposito comunque, vorrei riportare un'altra riflessione, di un altro Grande, che non può non rimanere impressa, soprattutto se uno ha un minimo di cognizione su che razza di impresa (e di impegno psicologico) è stato in grado di affrontare renato casarotto in quell'occasione (per non pensare agli altri suoi exploit) :

?E' sempre duro arrivare così vicino all' essenza della vita e poi, dopo, ritornare indietro e sentirsi imprigionati nelle strettoie del linguaggio, completamente inadeguato a tradurre in simboli i concetti e la totalità dell'esperienza vissuta. Un'esperienza lunga e sofferta che mi ha permesso di capire una verità fondamentale: alla base di tutto, di ogni azione che l'uomo compie, deve esserci sempre l' Amore?

Renato Casarotto, di ritorno dalla ?Ridge of no return? al Mount McKinley

saluti
biemme
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Messaggioda Fokozzone » ven set 02, 2005 12:47 pm

Alessandro Gogna esprime una distinzione, a mio modo di vedere, illuminante: c' è l' impresa, che è l' impegno soggettivo nelle condizioni in cui si svolge (per cui Gogna affermava che l' impresa alpinistica più importante di tutti i tempi resta la normale al bianco di Balmat e Paccard) e c' è il progresso della disciplina, per cui 100 cordate che oggi fanno il V grado non realizzano nessun tipo di impresa, ma attestano che la tecnica è migliorata e l' alpinismo è progredito.
Intendendo l' alpinismo come disciplina, esso non può esistere senza comunicazione, che è anche informazione, programmazione, scuola, confronto, aumento di risorse (tramite sponsor),solidarietà (vedi il soccorso alpino) etc etc

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Messaggioda BBB » ven set 02, 2005 13:08 pm

Ma scusate un'attimino:
l'alpinismo è un'attività dell'uomo, che è un animale sociale, e come tutte le sue altre attività (seppur non tutte paragonabili), ha bisogno della comunicazione per progredire, nel senso di far sì che l'uomo che la intraprende acquisisca sempre più info e capacità per "allargare i suoi orizzonti".
Che poi un alpinista senta il bisogno di raccontare o no le sue exp, è decisamente soggettivo, ma anche qui, con buona approssimazione, si può quasi generalizzare sul fatto che quasi chiunque, dopo aver fatto qualcosa di nuovo ed emozionante, senta il bisogno di raccontarlo almeno a una persona.
Siamo animali sociali.
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Messaggioda lapippa » ven set 02, 2005 13:59 pm

Una sola cosa. L'alpinismo é una delle poche attività "sportive", se si può definire sport l'alpinismo, ad aver generato un movimento culturale degno di nota. Migliaia sono gli scrittori-alpinisti, che hanno tratto dalla loro esperienza in montagna una fonte inesauribile di ispirazione. Un movimento così grande forse lo si ritrova solo nella letteratura del dopoguerra. Del resto alpinismo e guerra, fatte le debite distinzioni, hanno molti punti in comune, come la condivisione di emozioni, avventure, paure.
Credo che coloro che vivono queste emozioni abbiano una esigenza di comunicazione.
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Messaggioda cuorpiccino » lun set 05, 2005 11:56 am

L'alpinismo è salire sulle montagne. Punto. A volte, a qualcuno, piace farlo senza raccontare in giro quello che ha fatto.

La comunicazione legata all'alpinismo porta invece ad un paradosso, ovvero alcuni fanno alpinismo e arrampicata solo tramite "comunicazione" :roll:
Il più grande alpinista è quello che si diverte di più
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