A proposito di falesie

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Messaggioda rugge » lun feb 07, 2005 0:37 am

Zio Vare ha scritto: Cosa si dovrebbe dire allora dopo la frana al paretone di Machaby? Per anni e anni la gente è salita da lì


8O 8O 8O
Secondo l'amministrazione comunale di Arnad, proprietaria dell'area, gli studi dei geologi svolti prima della costruzione del parco avevano escluso la possibilità di frane: l'unica struttura che non è stata danneggiata è lo chalet che veniva utilizzato come 'centro servizi'.


fonte:
http://www.12vda.it/index2.php?option=c ... f=1&id=638
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Messaggioda rugge » lun feb 07, 2005 0:41 am

Zio Vare ha scritto: Non c'è bisogno di perizie, c'è bisogno di perizia nella testa di chi va ad arrampicare, e questa non la certificherà mai nessuno, nè la fasi, nè il cai, nè le guide. Si potrà fare di tutto per far capire a chi arrampica che siamo ospiti di un mondo verticale spesso imprevedibile, questo è il vero passo per la sicurezza, non la perizia geologica di tutti i siti d'arrampicata italiani!


Si, hai ragione. Effettivamente hai ragione. Non ho vergogna a indietreggiare dalle mie posizioni. Del resto dopo 16 pagine in cui mi danno tutti contro qualche dubbio comincia pallidamente a sorgermi... qualche piccolo segno di cedimento comincio ad avvertirlo anch'io...:wink:
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Messaggioda Zio Vare » lun feb 07, 2005 0:42 am

rugge ha scritto:Secondo l'amministrazione comunale di Arnad, proprietaria dell'area, gli studi dei geologi svolti prima della costruzione del parco avevano escluso la possibilità di frane


Ecco, appunto. Il giorno che mi faccio male in una falesia certificata faccio causa a tutte le federazioni d'arrampicata d'Italia! :lol: :lol:
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Messaggioda Roberto » lun feb 07, 2005 9:02 am

Ma 'sto 3D ce l'ha un titolo stabile :evil: :? 8)
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Messaggioda giannimiao » lun feb 07, 2005 9:42 am

Fasi Vaffanculo!
Plasticari del c***o!!

Piergiovanni
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Messaggioda cuorpiccino » lun feb 07, 2005 10:52 am

Roberto ha scritto:Ma 'sto 3D ce l'ha un titolo stabile :evil: :? 8)

Si, come quello sul raduno settimanale............ :wink:
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Messaggioda cuorpiccino » lun feb 07, 2005 10:57 am

rugge ha scritto:D'accordo...lasciamo perdere....io non sono il portabandiera della fasi, ma nello stesso tempo mi da fastidio sentirli definire come plasticari del c***o...


Sai quante gare ha vinto Lynn Hill, e Hirayama, e pure Huber faceva gare....maledetti plasticari del c***o!

P.S. non travisare sul concetto di plasticaro, è qualcosa di un po' più sottile! :wink:
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Messaggioda rugge » lun feb 07, 2005 11:36 am

giannimiao ha scritto:Fasi Vaffanculo!
Plasticari del c***o!!

Piergiovanni

Modena (ma sui monti, mica piansàn)





Sai come si dice nela pianura modenese? Tisterd com un muntanèr :lol:
Ultima modifica di rugge il lun feb 07, 2005 21:22 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Fokozzone » lun feb 07, 2005 14:20 pm

Ho letto su qualche post che uno di noi (o più di uno di noi) è geologo. Sarebbe il momento di dire due parole, per spiegarci la questione dall' alto della sua competenza.

F.
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Messaggioda yena » lun feb 07, 2005 19:01 pm

mi pare che i geologi del forum si siano già espressi abbastanza chiaramente e onestamente( senza procurarsi lavoro!) :wink:
Leggi i miei articoli sulla patologia arrampicatoria www.patologia-arrampicatoria.it
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Messaggioda superpjimmy » lun feb 07, 2005 21:15 pm

Me lo ricordavano spesso all'università...
"LA CONDIZIONE NORMALE DI UN VERSANTE O DI UNA PARETE E' LA FRANA".
Per gravità quello che è in alto prima o poi scenderà...
Jimmy :)
Però ti consiglio una sciarpa di seta ed un cielo rosso con le nuvole verdi ed i pesci blu.
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Messaggioda gug » mar feb 08, 2005 13:56 pm

...ho letto 10 pagine di topic in differita e ora provo a intervenire.

L'opinione che mi sono fatto, leggendo le varie posizioni, è che se l'intento di questa iniziativa fosse creare una sorta di "standard" di chiodatura di falesie, a cui riferirsi nel caso che si facciano interventi per conto di enti pubblici o perchè si è in una zona protetta e alcuni enti lo richiedono, allora penso che ciò sia auspicabile e necessario. Lo è ancora di più creare una specie di federazione che rappresenti il mondo variegato dell'arrampicata di fronte a tali enti per discutere di vari problemi (sicurezza e possibilità di accesso soprattutto).

Tuttavia tale "certificazione" deve essere intesa nel senso di norme a cui aderire volontariamente o se viene richiesto esplicitamente, un pò come la norma ISO 9000 e la conseguente certificazione. Poi nessuno dovrebbe impedirmi di poter chiodare anche senza brevetti vari o senza richieste di certificazione, nel caso che trovi un posto che non rientra in uno dei casi sopracitati, o se voglio pagare di tasca mia e non chiedo nulla all'amministrazione pubblica, o se sono all'interno di una falesia già attrezzata.

La paura però è che questo crei l'illusione che tutto possa essere messo in sicurezza e che quindi spinga la legislazione in questa direzione, arrivando a far si che per chiodare ed arrampicare si debba chiedere sempre e comunque autorizzazioni e certificazioni. Questo è sicuramente da evitare, magari dividendo gli ambiti e circoscrivendo quelli della norma che si vuole creare.

Purtroppo quello dell'ossessione della sicurezza è un vizio del nostro mondo e soprattutto di quello italiano, ma devo dire che al momento spesso sopratutto i sindaci risolvono la questione con ordinanze di divieto che servono solo a ripararli da eventuali rischi di un'attività che non conoscono assolutamente, e quindi la situazione non è comunque ottimale.

Quindi, parallelamente all'iniziativa della certificazione dovrebbe essere portato avanti ed esplicitato il concetto della responsabilità individuale che è sempre stato alla base dell'alpinismo e in parte dell'arrampicata. Al di là di siti e di situazioni ben specifiche, bisognerebbe riconoscere esplicitamente che è un diritto di ognuno frequentare il territorio naturale e selvaggio a proprio rischio e pericolo, altrimenti si finisce come nel caso dei comuni che hanno vietato lo scialpinismo nel proprio territorio. Se le due cose non vanno avanti insieme, si rischia che si arrivi a volere certificare la sicurezza di qualsiasi attività in montagna, cosa del resto impossibile e certamente non auspicabile.
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

Traguardi Effimeri
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Messaggioda Zio Vare » mar feb 08, 2005 21:30 pm

gug il tuo intervento così pacato ed equilibrato non si sembra assolutamente in linea con l'andamento del topic! Correggi il post per favore, mettici almeno qualche parolaccia! :lol: :lol: :lol: :lol:
Scherzi a parte... il topic ristagna un po' e siamo tutti in attesa della teofania fasiana... rugge, non ha novità? :D
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Messaggioda trivi » mar feb 08, 2005 22:12 pm

In effetti è un pò che non ci si insulta in questo topic...
Gianni oggi non ha nemmeno scritto Fasi vaffanculo! Plasticari del c***o!! 8O 8O

No cos' non va bene... Insomma un pò di sano odio! Zio Vare vaffanculo!! :twisted: (così, tanto per riprendere le ostilità! :wink: )
...E riempire la vita di vita, e non di attesa. (Buzz)

Ho qualcosa da dire, ma non so bene cosa
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Messaggioda Zio Vare » mar feb 08, 2005 22:32 pm

PRRRRRRRRRRRRRRRRR!!!!!! Immagine
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Messaggioda rugge » mar feb 08, 2005 22:49 pm

Zio Vare ha scritto:il topic ristagna un po' e siamo tutti in attesa della teofania fasiana... rugge, non ha novità? :D


Effettivamente stavo per cambiare nuovamente titolo al 3D. Avevo pensato a " FASI VAFFANCULO".

Però poi mi son detto: ma possibile che nessuno abbia capito che la questione sul tavolo è molto più ampia e non riguarda solo la FASI?

A proposito di teofania: il vero DEUS EX MACHINA è stato l'intervento di GUG.

Che, a mio modo di vedere, ha posto la questione nei suoi termini più corretti.

Effettivamente mi pare di sapere che GUG è uno che ha lottato in modo concreto e intelligente per la difesa dell'arrampicata nelle Marche, minacciata da interventi legislativi opprimenti, e infatti l'alto livello del suo intervento lo dimostra.

GUG FOR PRESIDENT 8)
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Messaggioda flaviop » mar feb 08, 2005 23:17 pm

Va bene per lottare, per spiegare come si mettono i fittoni e gug ha detto tutto, per me il punto è PERCHE LA FASI?
Gli manca la storia e dal mio piccolo parere rappresenta un qualcosa di talmente piccolo che non definirei nemmeno "minoranza" , mi deve dare lei le direttive?
Forse, come ho gia detto, sono vecchio e accecato dal fatto di aver vissuto qualcosa di bello, non accetto chi mi vorrà dire cosa fare!
SEM AL MUND EN DU E V'UN ME STA SUI BALL!
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Messaggioda rugge » mer feb 09, 2005 0:20 am

flaviop ha scritto:Va bene per lottare, per spiegare come si mettono i fittoni e gug ha detto tutto, per me il punto è PERCHE LA FASI?
Gli manca la storia e dal mio piccolo parere rappresenta un qualcosa di talmente piccolo che non definirei nemmeno "minoranza" , mi deve dare lei le direttive?
Forse, come ho gia detto, sono vecchio e accecato dal fatto di aver vissuto qualcosa di bello, non accetto chi mi vorrà dire cosa fare!


ehmm....scusa se rispondo solo ora ...mi sono distratto un'attimo... :oops: :lol:

ECCO LA VERA TEOFANIA !!!

Immagine[/quote]

E' sicuramente tesserata Fasi :lol:
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Messaggioda rugge » mer feb 09, 2005 0:24 am

Zio Vare ha scritto:gug il tuo intervento così pacato ed equilibrato non si sembra assolutamente in linea con l'andamento del topic! Correggi il post per favore, mettici almeno qualche parolaccia! :lol: :lol: :lol: :lol:
Scherzi a parte... il topic ristagna un po' e siamo tutti in attesa della teofania fasiana... rugge, non ha novità? :D



Comunque hai ragione, rimedio subito ! :lol: :lol: :lol: :lol:


CAI e FASI vanno?. in Falesia.


Prima o poi doveva succedere, era nella logica dell?evoluzione, CAI e FASI tornano dopo tanto tempo a parlare insieme di Falesie? con le rispettive Commissioni Nazionali impegnate in una serie d?incontri.
Era inevitabile? parliamo la stessa lingua, amiamo fare le stesse cose, salvaguardiamo gli stessi ambienti, ed ora, facciamo, entrambi, scuola di montagna ai ragazzini? come si poteva pensare, di tenere il CAI fuori delle Falesie come se esse non appartenessero al mondo della montagna e fossero un dominio assoluto della FASI?
E di contro, come si faceva a demonizzare questo riordinamento delle Falesie FASI, come un comportamento non dovuto, quando invece è semplicemente un processo organizzativo ormai in eludibile per una Federazione che in natura trova terreno per esprimersi nei suoi valori più profondi?
Era un evidente problema di cocciutaggine degli uomini e non di logica politica?

le Conclusioni di Arco

Ad Arco è emerso, inaspettatamente, una concordanza d?idee su quasi tutti gli argomenti proposti, tale da spingere CAI e FASI a cercarsi?l?allora presidente CAI, Gabriele Bianchi, ed Ariano Amici presidente FASI, proprio lì, di fronte all?evidenza dei fatti, hanno definitivamente deciso di unire gli sforzi alla ricerca di organizzare una piattaforma di lavoro?
Infatti:
 Sull'impatto ambientale, da rendere sostenibile, non c?è stata alcuna discussione, eravamo tutti d'accordo che c?era solo da lavorarci su e, sicuramente rassegnarsi a fare delle rinunce?..
 Sull'esigenza di puntare alla massima sicurezza possibile, nessuno ha battuto ciglio, segno di un'evoluzione di mentalità convergente sul principio, per la FASI basilare, che se ci si vuole divertire, in montagna, non necessariamente si debba accettare di correre dei rischi?.
 Sulle regole del gioco addirittura non se n?è nemmeno parlato, tanto era scontato che non potevano che essere quelle dell'Arrampicata Sportiva.
 Sulla regolarità legale delle falesie, da perseguire come prassi, ci sono stati taciti assensi.
 Perfino sui piccoli particolari: la bacheca, le norme d?uso, i tavoli da pic-nik, i bagni?tutti sorridenti e d?accordo.

Ed allora, se c?era, dov?era il motivo d?attrito?

Ad Arco avevamo tutti ragione

Sul tavolo delle trattative di Arco è emerso subito, come unica questione d'attrito, il problema delle competenze, in continuo ballottaggio tra CAI e FASI in dotte discussioni pseudolegali, pseudotecniche ecc, di nessun reale fondamento, ma rintuzzate con gran fervore da entrambe le parti?.. (una volta per tutte: le guide le inglobo nel discorso CAI per semplificare)

La verità è che ad ARCO avevamo tutti ragione ad insistere su questo punto, perché di falesie, in Italia, ce n'è per tutti, e per tutti i gusti, e ce n'è da lavorare a vagonate per anni, sia per riorganizzare il vecchio sia per il nuovo.
Sin dalle prime battute ai tavoli di lavoro, la cosa risultata subito evidente, almeno a noi della FASI, è stata che, né la FASI, né il CAI, presi singolarmente, avrebbero mai avuto le prerogative per attuare da sole una qualsiasi riforma organica del settore.
Basta pensarci un attimo per osservare che l'arrampicata come la deve tutelare la FASI, non è la stessa di quella del CAI, a noi, il CONI, per le nostre palestre a cielo aperto c?impone determinate regole di sicurezza molto rigide, il CAI è logicamente più libero di decidere, non essendo una federazione sportiva, e nella sua genetica c'è probabilmente una filosofia di vita più incline all'avventura e quindi al rischio calcolato, allora, soltanto unendo le due filosofie potremmo dare un senso compiuto ad un lavoro d?inquadramento del settore, preso nella sua globalità.


La FASI non potrà certificare tutte le falesie

In Italia, secondo i nostri rilevamenti ci sono circa un migliaio di falesie note, più un notevole numero non rilevabile per motivi vari.
Con il 2005, la FASI, senza ombra di dubbio, ed a termini di legge, comincerà a certificare le sue falesie, e ad inserirle nel PROGRAMMA NAZIONALE DI GESTIONE DELLE FALESIE FASI appena compilato dalla C.N.F.

Non vi annoierò di certo con l?elencazione dei vari parametri indispensabili per la certificazione.
Su questo vi rimando al Manuale d?imminente pubblicazione, studiato con grande approfondimento e competenza da una sottocommissione di esperti legalmente qualificati e ?sentitamente? legati all?arrampicata? soltanto le falesie che rientreranno in questi parametri, potranno essere certificate dalla FASI né più né meno di come già facciamo, da anni, per le palestre d?arrampicata indoor.

Come giustamente s?intuisce, soltanto una certa percentuale di queste variegate falesie Italiane avrà i requisiti necessari, (o li raggiungerà con alcune ?aggiustature?) perché da un lato parliamo di notevoli fattori di verifica sulla sicurezza molto selettivi che non lasciano alcuno spazio al rischio, e dall?altro parliamo di rispetto dei nostri dettami statutari che all?art. 3 legifera di:
 Tutela ambientale
 Tutela dell?Impatto Socio-culturale
 Rispetto delle leggi
 Rispetto delle scelte tecniche


Ma, allora, le Falesie non certificabili che fine faranno?

Vorrei tranquillizzare tutti. Che una falesia non sia certificabile dalla FASI, non è comunque un fatto negativo, infatti, non vorrà dire che essa sarà proibita o interdetta o qualcosa di così catastrofico, anzi, ben venga la varietà, perché è proprio questa la madre dell?evoluzione?

La nostra idea comporta che esse potranno lo stesso essere regolarizzate ed inquadrate nelle attività di montagna a basso rischio, come ad esempio l?escursionismo evoluto, o l?alpinismo stesso, e quindi continuare ad essere frequentate senza problemi.
Per alcune di esse, poi, quelle non omologabili per motivi tecnici, (ad esempio le falesie con vie a più tiri), ci sarà la stranezza che esse, pur se perfette sotto ogni punto di vista, o rese tali con aggiustamenti vari, non saranno lo stesso certificabili dalla FASI per la mancanza, appunto, di questi requisiti Statutari che nulla hanno a che vedere con la praticabilità della falesia stessa.

Non cambierà nulla? ma cambierà tutto!

Insomma, per l?utente non cambierà nulla, lui potrà sempre e comunque continuare ad arrampicare senza problemi, a meno di insorte problematiche in loco, invece sotto ogni altro aspetto la situazione cambierà moltissimo, e decisamente in meglio, perché ogni falesia verrà controllata, e ?regolarizzata? dall?ente che l?inquadrerà e ne assumerà la gestione, in ottemperanza dei personali canoni tecnici, e dei comuni canoni ambientali, legali ecc.

Un sogno infranto: l?anarchia

So che molti stanno pensando quanto sarebbe stato bello che le cose fossero rimaste come sempre, senza intrusioni esterne, senza qualcuno che scocci sull?ambiente, o sulla sicurezza, senza scartoffie legali ecc. è, insomma, il regno del vecchio adagio: ?ognuno per se e Dio per tutti??.. ma finché eravamo quattro gatti la cosa poteva anche essere ammissibile, l?usura dei materiali era lentissima?.le sollecitazioni sporadiche, l?impatto ambientale era minimo, ed il fenomeno sfuggiva al ?legale? perché irrisorio?
Ma, con il fenomeno di massa in cui l?arrampicata si è trasformata, e con l?età media degli arrampicatori che si è abbassata proprio per merito di una politica FASI che ha aperto ai giovani, ogni processo usurante si accelera, la nostra presenza in natura diventa sempre più ingombrante, e la FASI specie nei confronti dei minori sente un evidente obbligo morale di tutela.


La situazione attuale delle Falesie in Italia

Certo se volessimo parlare, ora, di falesie in Italia, una cosa salterebbe all?occhio: i modi, i materiali, e le tecniche usate risulterebbero veramente tanti, anche se resterebbe un importante dato comune, nessuno si è mai fatto niente, e le nostre falesie sono sostanzialmente sicure.

La tutela legale

Altro però è il principio emerso dalle innumerevoli consultazioni con i legali del CONI, da cui siamo stati spronati in una precisa direzione, l?eliminazione delle ?pecche? che come FASI abbiamo il dovere di indagare e sanare prima di passare a ?certificare?.

Falesie Malaticce

La realtà è che le nostre falesie risultano un po? malaticce:

 talvolta prive di un?approfondita indagine d?impatto ambientale
 talvolta prive di competenti riscontri sulla sicurezza
 talvolta prive di regolarità legali
 talvolta chiodate usando materiali non a norme, (fatti in casa) o inadeguati.
 talvolta chiodate secondo canoni tecnici non assimilabili a quelli della nostra federazione.
 talvolta chiodate da persone sconosciute sulla cui affidabilità non è verosimilmente possibile avere riscontri.


La FASI ha una colpa?

Diciamoci subito la verità, di tutte queste ?non regolarità? la FASI ne ha una certa colpa, quella di non aver fin dall?inizio regolamentato il settore, lasciandolo crescere da solo senza direttive che ne segnassero la giusta strada da percorrere, nonostante che lo stesso Statuto ed il CONI ci imponesse una notevole vigilanza e, appunto, regolamentazione.


Però la FASI ha un grande merito?.

Ma la storia può dare una risposta, e giustificarci; è vero, la FASI ha una colpa, ma anche un grande merito, la FASI ha cambiato la ?faccia? a tutte le attività di montagna legate con l?arrampicare, ha sostituito quell?alone di pericolo mortale che sembrava aleggiasse su tutto, vedi un secolo di cronache nefaste, introducendo in montagna, per la prima volta, il concetto di ?Arrampicata = Sport pulito e sicuro? fino ad allora negato a ragion veduta, ed ha trasformato, lottando caparbiamente, la diffusa mentalità ostile dell?opinione pubblica in un?accettazione prima cauta e poi entusiastica dell?arrampicata, sfociata nell?accostamento sempre più massiccio di giovani a questo sport troppo bello.


Falesie, essenza stessa dell?Arrampicata Sportiva!

Credo che siamo tutti concordi nell'affermare che le Falesie di Arrampicata, nate sotto il CAI per un'esigenza collaterale all'Alpinismo, sono state poi centuplicate e valorizzate dalla FASI, che ne ha fatto per anni l'unico campo d'azione delle proprie attività, arrivando a chiodare scogli sperduti in luoghi impensabili, che nessuno, dico nessuno, soltanto 10 anni prima, si sarebbe mai sognato di attrezzare, e sfociando nelle prime gare storiche in natura agli inizi del passato decennio, per giungere fino ad oggi in cui le falesie si sono evolute in un gigantesco campo di allenamento e di promozione agonistica e giovanile.

Valore pregnante

Le falesie hanno per noi un enorme valore storico, etico e culturale prima che sportivo, il 99,9% dei nostri associati non parla che di esse, della tal via, del tal passaggio ecc, i nostri campioni girano incessantemente da una falesia all'altra alla ricerca continua di vie "a vista" necessarie a migliorarsi, esse non fanno parte, soltanto, delle nostre radici storiche, ma sono l'essenza stessa delle nostre aspirazioni e desideri prestativi, e, da sempre, la base dei nostri allenamenti, e la loro evoluzione tecnica ha segnato in passato, e segna di pari passo l'evoluzione stessa dell'Arrampicata Sportiva in Italia ed in ogni altra nazione del mondo che arrampica?.

Il CAI e la FASI

Oggi il CAI e la FASI hanno deciso di mettere chiarezza nel mondo delle falesie e dell'arrampicata su roccia in Italia, intraprendendo una strada impegnativa ma ricca di prospettive, ed a mio parere, dovuta.
A chi arriccia il naso dico con convinzione che i tempi delle diatribe sono finiti, non c?è più posto per le imposizioni ceche ed unilaterali, ma per il riconoscimento della dignità e dei valori reciproci, che non può che sfociare nell?accettazione dei rispettivi ruoli che la storia stessa ci attribuisce per l?impegno e la passione profusa, e per i risultati ottenuti, ancor prima dello schematismo istituzionale e legale che pur va rispettato. Auguro un buon lavoro a tutti.


Aristo Aloi
Responsabile C.N.F. e Tutela Dell?Ambiente



Falesie

Molti si chiedono se parlare di Arrampicata Sportiva in Falesia sia un pensiero errato, o se effettivamente sia possibile ricreare in natura condizioni di sicurezza tali da potere ritenere le falesie ?Palestre Naturali a cielo aperto? come il CONI le ha definite, adatte quindi ad essere riconosciute e certificate dalla FASI come falesie sicure.
Tutti gli operatori del settore sanno che ad un chiodatore esperto basta battere il proprio martello sulla roccia per ?sapere? se sia solida o non, o bastano una serie di calate dall?alto per verificare e buttare giù i massi cadenti, ed è nota la loro esperienza nei materiali da usare, quelli, per intenderci, con i quali in tanti anni non è mai successo niente?.
Consolidare questo settore con una maggiore formazione, abbinata ad un?analisi del territorio, e ad una assistenza federale multilaterale, ci è sembrato, inizialmente la giusta direzione da seguire per la Commissione Falesie quando ad un certo punto, dopo aver sbattuto più volte contro un muro insormontabile, è stato chiaro a tutti che non era assolutamente così!
In base alle regole del CONI, La FASI deve emanare, in autonomia, le norme d?allestimento dei propri campi di gioco cioè le Falesie, tendenti ad assicurare la massima sicurezza, e le norme tecniche di controllo in base alle quali si possa certificare la corretta esecuzione dei lavori a fini sportivi, ma queste regole, per quanto valga l?autonomia sportiva, vanno scritte comunque nel rispetto delle leggi vigenti.
In Italia chi analizza le pareti rocciose, è il geologo, ed è lui che stabilisce se sia possibile o non mettere in sicurezza una Falesia, e quali gli interventi da fare;
chi può stabilire, calcoli alla mano, i materiali da usare, e le indicazioni tecniche da seguire per chiodare, caso per caso, è soltanto un ingegnere abilitato;
chi può analizzare e stabilire gli interventi atti a ridurre l?impatto socio-ambientale, è un laureato in Economia Ambientale;
chi può stabilire le modalità tecniche di controllo finalizzate all?emissione di un qualsiasi tipo di documento di riconoscimento di una falesia, non può che essere un tecnico legalmente abilitato.
Sia chiaro che tutto ciò non limita l?autonomia del chiodatore nel tracciare, ma certamente ne inquadra gli aspetti tecnici, e lo libera da responsabilità non di sua pertinenza.

Ma diamo la parola ai tecnici della Commissione Falesie per spiegarci come, con competenza e legalità, sia possibile creare siti d?arrampicata tecnicamente sicuri, certificati dalla federazione, legalmente riconosciuti, rispettosi dell?ambiente, periodicamente controllati, dall?accesso sicuro, alla portata di chiunque voglia cimentarsi senza alcun rischio, o voglia mandare i propri figli a praticare il nostro bellissimo sport.

Aristo Aloi
Resp. della: C. N. F. e Tutela dell?Ambiente

Qui di seguito l?Ing. Vito Claps, ex alpinista ed ottimo arrampicatore, ed ora professionista, padre di famiglia, da sempre amante della montagna, e vecchio tesserato FASI, ci sviluppa un tema delicato mai scandagliato a dovere:

IDENTITA? DELLE FALESIE ITALIANE

L?arrampicata sportiva nell?ultimo decennio ha preso sempre più le sembianze di uno sport di massa e quindi non rappresenta solo la pratica sportiva di una minoranza d?appassionati della montagna e della natura, come era fino a qualche anno addietro.
Il forte incremento degli iscritti alla FASI ha portato la federazione ad avere una voce in capitolo (all?interno delle attività sportive riconosciute dal CONI), molto più considerata, ma dall?altra parte ha messo la stessa davanti a problematiche molto serie da affrontare, e tra tutte, quella relativa alla sicurezza e ?certificazione? delle FALESIE di arrampicata dislocate in tutto il territorio italiano.
La questione della sicurezza in falesia è un argomento che più volte è stato già trattato e molti miglioramenti si sono già avuti, però tutto ciò che è stato fatto non ha seguito una linea generale data dalla federazione, ma il più delle volte ha fatto affidamento solo ed esclusivamente sul buon senso dei chiodatori e delle società sportive di riferimento della singola falesia.
Oggi quindi il discorso falesia presenta problematiche di natura squisitamente tecnica ( tipologia della roccia, materiali usati, modalità di chiodatura, stabilità, manutenzione, etc.), ma affianco a questi aspetti compare un ulteriore punto debole legato all?IDENTITA e REGOLARITA? della stessa falesia.
Entrando più nel merito del discorso si comprende come la ?legalità? di una falesia sia strettamente collegata alla consapevolezza della sua esistenza da parte delle amministrazioni pubbliche ed in particolar modo da parte dei Comuni nei quali esse ricadono.
Oggigiorno non esiste legge o regolamento che imponga ad un chiodatore l?obbligo di richiedere un permesso ad un qualsiasi ente pubblico preposto al fine di ottenere l?autorizzazione a procedere, e questo comporta come conseguenza il fatto che le falesie siano un qualcosa di non precisamente identificato ( ovviamente sempre a livello amministrativo ) e talvolta di ?abusivo?.
Al fine di risolvere quest?aspetto e dare piena legittimità a queste palestre naturali ritengo che sia necessario compiere due passi fondamentali:
- istituire da parte della FASI una commissione di tecnici qualificati in grado di ?certificare? l?idoneità di una falesia ad essere frequentata ( in base a delle linee guida che tengono conto della sicurezza e di altri aspetti tecnici di cui non entro nel merito) e quindi monitorare ed identificare tutte le falesie ritenute tali; allo stesso tempo la commissione deve fornire delle prescrizioni a cui attenersi nel momento in cui un chiodatore voglia aprire un nuovo settore di arrampicata;
- la FASI tramite le sedi regionali e provinciali ( o tramite le società di arrampicata esistenti nei diversi comuni d?Italia) dovrebbe far pervenire a tutti i comuni le mappe contenenti l?ubicazione delle falesie esistenti e gli eventuali siti che in futuro potrebbero essere interessati da chiodatura. In tal modo i Comuni avrebbero la possibilità di inserire quei siti in aree a destinazione sportiva ( per intenderci zone F), e potrebbero nel contempo studiare una formula di concessione dell?area alle società sportive richiedenti, o alla stessa FASI.
E? ovvio che tutto questo discorso fatto può sembrare semplicistico in quanto esistono altri problemi come quelli legati alle vie d?accesso alle falesie che il più delle volte sono private, oppure a problemi di vincoli ambientali ed impedimenti di varia natura, ma ritengo che l?importante sia mettere in moto questi meccanismi per poi cercare di ottimizzarli.
Ritengo, in conclusione, che muoversi in tal direzione può significare molto per il futuro dell?arrampicata sportiva italiana, basti solo pensare che i francesi qualcosa di simile lo hanno già fatto da una decina d?anni.
Dott. Ingegnere Vito Claps



Ed ora il punto di vista del Geologo. Il Dott. Gaetano Lotito, egli affronta un tema reso ancor più scottante dalle ultime cronache di falesia che hanno visto un masso enorme cadere ?.

SICUREZZA NELLE FALESIE DI ARRAMPICATA SPORTIVA.
IL PUNTO DI VISTA DEL GEOLOGO
Cari lettori, chi vi scrive è un Geologo con la passione dell?arrampicata sportiva, praticata ormai già da diversi anni e, come tutti gli arrampicatori, appena posso cerco di ?ritagliarmi? una giornata da passare con gli amici nei siti dedicati a questo sport.
Il mio gruppo si muove molto, sempre a caccia di siti nuovi per arrampicare, e posso dire di aver girato l?Italia, isole comprese, in lungo ed in largo.
In genere appena arrivo sul posto, per prima cosa consulto la guida e cerco di capire le difficoltà della via che mi appresto a scalare, ma, sarà deformazione professionale, nella maggior parte dei casi la mia attenzione è subito catturata dalle situazioni geologiche che potenzialmente potrebbero creare dei pericoli.
Debbo dirvi in tutta sincerità, che, geologicamente parlando, di vie ?coraggiose? e di siti chiodati ?con un solo occhio? in Italia ce n?è decisamente ed anche di famosi?.!
Qualche settimana fa, sono stato convocato per un consulto ad una riunione indetta dall?amico Aristo Aloi (ben noto agli esperti d?arrampicata sportiva) che con la Commissione Falesie studia il problema da diverso tempo, abbiamo incominciato a parlare della sicurezza delle falesie e, a tal proposito, lui mi ha chiesto fino a che punto un?indagine geologica poteva prevedere la caduta dei massi dalle pareti e quindi stabilire le operazioni da compiere per la ?MESSA IN SICUREZZA?, considerando i parametri di rispetto richiesti dal CONI per le cosiddette ?PALESTRE A CIELO APERTO? messi ben in evidenza all?ultimo convegno di Roma.
Naturalmente questo, in seguito ad uno studio accurato, è sempre possibile. Oggi, dal punto di vista geologico, moderni metodi di rilevamento geomeccanico permettono d?individuare caratteristiche della roccia (origine, stratificazione, grado di fratturazione), che condizionano sia le dimensioni dei blocchi che il meccanismo di rottura dei versanti in roccia. E? logicamente impensabile bloccare le pietre cadenti di piccole dimensioni, per intenderci quelle rimosse dal vento o da animali o dai piedi stessi degli arrampicatori, ma questo rientra negli eventi accidentali copribili dalle normali polizze assicurative e da un appropriata compilazione delle ?Norme D?uso? Falesia per Falesia, e nulla hanno a che vedere con la messa in sicurezza di una parete rocciosa dal punto di vista geologico.
Altre caratteristiche fondamentali della roccia quali la resistenza al taglio e la resistenza a compressione, sono verificabili solo tramite prove di laboratorio, fortunatamente una tantum, e sono indispensabili per consentire la scelta dei materiali più idonei ad attrezzare le falesie in sicurezza.
Dunque, rispondendo a questo dubbio ritenuto da alcuni irriducibile, affermo, invece, che non ci sono dubbi che si possa mettere una falesia ?in sicurezza? con tanto di ?Certificato di Collaudo? ad attestarne la veridicità, e non solo, il geologo può senza dubbio fornire un valido contributo anche nella scelta dei materiali più adatti secondo il tipo di roccia e le condizioni ambientali, ed in previsione di eventuali manutenzioni periodiche.
Tutto ciò è possibile grazie al frutto di studi specifici, in linee generali già fatti, ed in parte da applicare localmente, e di un?indispensabile e quanto mai necessario programma d?istruzione dei nostri futuri tecnici Chiodatori .
Con questo, non voglio dire che tutti i siti di arrampicata presentino pericoli, allontanando gli appassionati dalle falesie, tuttavia, in alcuni casi una maggiore attenzione in tal senso potrebbe evitare situazioni non del tutto auspicabili.
Dott. Gaetano Lotito Geologo

Ed ora il Dottor Matteo Rossi, laureato in Economia Ambientale, alpinista, arrampicatore, ora anche istruttore Fasi, ci illustra la situazione dal suo punto di vista:

L?ARRAMPICATA SPORTIVA TRA TUTELA AMBIENTALE E SVILUPPO TURISTICO


Come i miei colleghi della Commissione Nazionale Falesie e Tutela dell?Ambiente hanno ampiamente esposto, l?arrampicata sportiva ha subito negli ultimi anni una veloce evoluzione in tema di tecnica, prestazioni, materiali, sicurezza.

In Italia, quasi in contemporanea con lo sviluppo dell?arrampicata sportiva, è cresciuta una coscienza ecologica che ha portato da una parte all?istituzione di nuovi Parchi Nazionali, Regionali, Riserve Naturali (la Legge quadro sulle Aree Protette n. 394 è del 1991), e dall?altra ad una attenzione sempre maggiore verso quei ?comportamenti? ritenuti ecocompatibili.

Questa accresciuta sensibilità porta noi amanti del mondo verticale a dover condividere i nostri abituali terreni di gioco con nuove figure, come gli Enti Parco, e ad una costante attenzione da parte dell?opinione pubblica.
Molte delle vecchie falesie ora sono situate all?interno di aree protette, le nuove possono essere oggetto di critiche da parte degli Enti che gestiscono il territorio e dei cittadini convinti che attrezzare nuove palestre di roccia costituisca un danno per l?ambiente.

D?altro canto lo sviluppo dell?arrampicata e la sua diffusione tra i giovani e i meno giovani hanno portato ad uno sviluppo turistico legato a questo sport con un accresciuto interesse da parte degli operatori del settore. Il turismo sportivo è oggi una realtà consolidata che ha generato benessere e vivacità a molte cittadine della nostra penisola; molte le Amministrazioni Comunali che dopo anni di disattenzione hanno pianificato interventi importanti verso lo sviluppo di strutture di arrampicata indoor e all?aperto.

A febbraio ad Arco si è svolto un primo importante convegno che si proponeva come oggetto proprio il futuro delle falesie; CAI, Guide Alpine, FASI e Amministrazioni pubbliche si sono sedute intorno ad un tavolo per parlare di arrampicata sportiva. È un inequivocabile segno dell?attenzione che il nostro sport riveste nella gestione futura del turismo all?aperto.
La crescita del turismo porta però ad aumentare la possibilità d?impatti negativi sull?ambiente imputabili alla pratica dell?arrampicata sportiva.

La soluzione non è naturalmente non attrezzare più falesie o limitarne l?utilizzo da parte degli utenti.
Il compromesso è rappresentato, ancora una volta, da una possibilità di sviluppo sostenibile (termine usato molto e male).

La Federazione con l?istituzione della Commissione Nazionale Falesie e Tutela dell?Ambiente vuole cercare di dare una risposta legale, tecnica e sportiva ai tanti interrogativi che questa attività pone, cercando una risultante che faccia collimare le esigenze di una attività da espletare in massima sicurezza, con le implicazioni legali che essa comporta, e l?esigenza di tutela ambientale, imprescindibile nella società di oggi.
I progetti della Commissione sono molti ed ambiziosi: sta partendo un progetto che vede il coinvolgimento dei Parchi Nazionali per una prima analisi delle falesie presenti nei territori di loro competenza e per aprire un tavolo di riflessione con le aree protette; il progetto Certificazione Falesie della FASI, prevede una valutazione degli impatti che queste avranno sul territorio e la ricerca di nuovi materiali a bassa visibilità.

È solo l?inizio e la strada è lunga, ma insieme a tutti, i risultati e le soddisfazioni non mancheranno.

Dott. Matteo Rossi

Non poteva certo mancare l?opinione di Sandro Angelini un membro della Commissione che sta sviluppando, insieme a Graziano Montel, tutto il settore inerente alla tecnica di chiodatura, l?uso dei materiali più adatti, inquadrato in un?ottica di massima sicurezza.

I COMPITI DEL TECNICO-CHIODATORE

La figura del Chiodatore, nella nuova configurazione federale evolve ampiamente nella direzione di un tecnico dalle competenze variegate, che pur conservando intatte le proprie prerogative di inventiva, fantasia creativa indispensabili nel settore della tracciatura delle vie, accresce le proprie competenze specifiche, qualificandosi per i lavori tecnici specifici che La Commissione Tecnica Centrale di Collaudo lo chiamerà a compiere.
Sarà necessario, quindi, formare delle figure maggiormente competenti che non si limitino alla semplice chiodatura, ma che operino nell?ottica dello sviluppo di un ?impianto turistico-sportivo? in natura, di libero accesso a tutti, pensando ai possibili fruitori della falesia, al loro divertimento, alla loro sicurezza e ai problemi che questa fruizione, sempre più massiccia, comporta in termini di impatto ambientale e di servizi.
Il chiodatore dovrà attenersi alle future regole emanate dalla CNF soprattutto per quel che riguarda i materiali da usare e la loro posa in opera. Dovrà prestare la massima attenzione nell?aprire itinerari logici e non chiodare sistematicamente le vie in maniera equidistante. Si dovrà adoperare nell?evitare cadute al suolo o pericolose per l?arrampicatore, prestando la massima attenzione soprattutto alle vie di grado facile.
Nell?ipotesi di una falesia già frequentata, prima di chiodare nuovi itinerari o richiodare quelli già esistenti, dovrà incontrarsi con principali fruitori del sito e concordare le modalità di azione.
Negli anni passati era molto di moda costruire vie scavando prese artificiali, prassi che ha regalato anche itinerari molto belli: si chiede oggi di cambiare atteggiamento e di modificare la roccia solo per pulirla o consolidare prese già esistenti che potrebbero rompersi .
Compito del chiodatore sarà anche collaborare per la stesura delle norme d?uso che inevitabilmente saranno calzate sulla realtà del luogo, e fornire le indicazioni per editare la guida della falesia fornendo ai fruitori tutte le informazioni per una pratica tesa al massimo della sicurezza.




FOOORZA RAGAZZI !!!! FIATO ALLE TROMBE !!!


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