PIEDENERO ha scritto:.....

e poi?
Lo hai voluto te ...
...
Il giudice ci ha convocati, in sala di aspetto ci sono altre due coppie di genitori in attesa.
?Ormai sono anni che aspettiamo, è difficilissimo trovare un bambino adottabile. In realtà in Italia sono pochissimi i bimbi disponibili e all? estero gli ostacoli burocratici sono spesso complicati e costosi da superare.? Il marito è sconsolato e ci parla come per avvertirci. Noi siamo dei novellini dell? iter, appena all? inizio del cammino per diventare mamma e papà.
Anche la signora dell? altra coppia conferma gli ostacoli.
?Solo chi è raccomandato o ha tanti soldi risolve presto e se l? adozione è internazionale occorre fare viaggi e appostamenti nelle ambasciate, alla ricerca dell? impiegato giusto, quello più malleabile.?
Patrizia ed io ci guardiamo, presi da sconforto.
?I signori Iannilli. Prego, tocca a voi!? La voce del segretario ci chiama.
La giudice ci stringe la mano e ci fa accomodare. Ha un aspetto simpatico e sorride cordiale.
?Bene signori, la relazione degli esperti ha confermato le vostre buone doti, per me non ci sono problemi a darvi l? idoneità. Occorrerà ancora un poco di tempo per il decreto, sono tempi burocratici.? Poi prosegue con spiegazioni e risponde alle nostre domande su casa fare, dove andare.
?Non dovete fare nulla, siamo noi che appena avremo una possibile adozione adatta alle vostre caratteristiche vi chiameremo. Una cosa però vorrei consigliarvi: nel frattempo che la prassi burocratica giunga alla conclusione, andate in uno dei vari istituti qui intorno a Roma, dove vengono ospitati i bambini in attesa della dichiarazione di adottabilità o della sistemazione dei rispettivi problemi con i genitori. Vi serve fare esperienza con loro, capirete meglio di cosa si tratta, prendere confidenza con questi bimbi. Non sono come gli altri, hanno bisogno di affetto, a volte in modo esagerato e consiglio sempre ai genitori di conoscere prima questo lato del loro carattere, fare esperienza. La prima volta può essere duro, ma poi comprenderete quanto sia grande il vostro potenziale di amore da donare e che non è possibile inutilizzarlo. Se il giudizio degli esperti è esatto mi aspetto che dopo il primo impatto quasi quasi li adottereste tutti. Vi do una serie di indirizzi, scegliete l? istituto che più vi è comodo ed andate, noi ci risentiremo appena avremo una possibilità di adozione.?
***
Una grande croce segna la facciata della chiesa, che è tutt? uno con una costruzione più bassa, austera e un poco anonima. Il complesso è pressappoco risalente alla fine degli anni sessanta ed ha davanti la bella pineta che giustifica il nome della località: Lido dei Pini. Piove e riparati dall? ombrello aspettiamo che ci rispondano al citofono. Su una piccola targa c? è scritto: Congregazione Suore Francescane Missionarie Del S.Cuore.
?Buongiorno! Siamo i genitori che hanno telefonato l? altro giorno per venire a conoscere i bambini dell? istituto, ci manda il giudice del tribunale dei minori.?
?Entrate, vi apro anche il portone!?
Una suora dalla faccia simpatica ed una voce particolarmente afona ci aspetta sulla posta.
?Benvenuti! Io sono suor Adelangela. Vi accompagno dalla Madre Superiora, suor Paola. Prima di incontrare i ragazzini farà un colloquio con voi.?
Ci incamminiamo dietro a suor Adelangela. Avrà la nostra età, ha l? aspetto robusto e deciso, sembra una suora che sa trattare i ragazzini difficili, farsi rispettare. Mi sa tanto che la sua voce sia il risultato della lotta quotidiana con i bambini affidati all? istituto. Bussa ad una porta.
?Avanti!?
Entriamo e scopriamo che suor Paola è molto giovane, dimostra una trentina di anni e sprizza energia dinamica. E? tutto l? opposto da quello che ci si aspetta da una suora, per di più Madre Superiora. Se non fosse per l? abito sembrerebbe una giovane impegnata nella politica o un? imprenditrice. Forse la chiesa sta cambiando davvero.
Ci presentiamo e scambiamo qualche convenevole. Suor Paola conosce la giudice e apprezza molto la nostra visita, è il giusto modo per avvicinarsi ad un? adozione. Ammette però che non è usuale che le coppie che stanno facendo le pratiche al tribunale diano retta al consiglio della giudice. Squilla un telefono, è il cellulare di suor Paola.
?Scusate un momento!? Scambia brevi frasi con il suo interlocutore, poi chiude il discorso avvertendolo che ora ha delle persone a colloquio, richiamerà al più presto.
Siamo nel 1996 e ancora considero il telefonino un gadget per i più, non mi aspettavo di vederlo usare da una suora. Giovane, già madre superiora e con il cellulare: una suora manager che farà carriera.
?Vi accompagno dai bambini. Oggi piove e non possono stare nel giardino, sono nella sala dei giochi.?
Ci incamminiamo lungo i grandi corridoi pavimentati con mattonelle in graniglia, proprio come si usava 30 anni fa. Si sente un vociare allegro di bimbi e più ci avviciniamo più diventa forte. Suor Paola apre una porta e il chiasso divertito ci assale.
Saranno una ventina, di diverse età, dai piccoli di tre o quattro anni ai grandicelli, di circa tredici o quattordici. Corrono, giocano, urlano, bisticciano. Sono bambini come tanti, nell? ora del gioco, apparentemente sereni.
?Bambini vi presento Patrizia e Roberto, sono venuti a farvi compagnia e giocare con voi.?
I giochi si interrompono e quaranta occhi ci puntano. Subito si accalcano intorno a noi per toccarci, parlare, cercare una carezza. Cercano in ogni modo di attirare la nostra attenzione e partono con una raffica di domande.
?Come ti chiami??
?Ti posso pettinare??
?Siete venuti per me??
?Mamma, mi accompagni al bagno, mi scappa??
Le domande incalzanti contengono sempre più spesso la parola mamma e papà. La cosa mi mette in terribile disagio e di certo anche Patrizia ha la stessa mia sensazione. Lei però reagisce con più naturalezza e inizia a parlare con i bimbi, la mamma che si scopre in lei ha più risorse e coraggio del papà che cerca di nascondersi in me. Non so che fare. Resisto un po, ma sono impacciato e mi sento fuori luogo.
?Patrì?, non ce la faccio. Esco, ti aspetto fuori. Scusami, ma mi sento male qui dentro.?
Senza dire altro esco e rifaccio a ritroso il percorso nel corridoio. Cerco di non camminare troppo in fretta e mi sforzo per nascondere l? imbarazzo. Per fortuna non incontro nessuno e mi rifugio nell? auto. Aspetto Patrizia frastornato per la mia reazione. Immaginavo delle difficoltà, ma una fuga del genere non me la sarei aspettata.
Tre quarti d? ora dopo eccola di ritorno.
?Allora, come è andata??
?Hanno un bisogno esagerato di affetto e attenzione, cercano in ogni modo di conquistarti. E? difficile all? inizio, poi prendi confidenza e va meglio. Solo pochi sono bambini da adottare, la maggioranza o è in attesa del provvedimento del tribunale o che la famiglia esca da qualche guaio.?
?Io non ci torno la dentro, non ce la farò mai ? ma devo per forza, il giudice è come se ci avesse messo alla prova.?
?Speriamo che la prossima volta non piova, in quella stanza è più difficile stare con i ragazzini, loro sono tanti e vogliono tutti parlare o giocare e li dentro non sai come fare. In giardino sarà diverso, vedrai che ti troverai meglio.?
Tempo una decina di giorni, in una giornata di sole, e siamo di nuovo varcando quel portone. Una suora che non conosciamo ci indica la porta del giardino sul retro e noi andiamo da soli. Suor Adelangela ci riconosce subito e ci viene incontro.
?Buongiorno, mi fa piacere rivedervi ancora.? Ci saluta con una voce più afona della volta precedente e prosegue: ?Con questa bella giornata oggi vi troverete senz? altro meglio con i bambini.? Si è accorta della mia fuga, credo però che abbia compreso il mio disagio.
?Mamma giochiamo a nascondino??
?Papà perché non ti tagli i capelli, lo sai che i capelloni sono delinquenti??
Come ci vedono i bambini ripartono con ?mamma? e ?papà?, ma questa volta devo resistere, non posso scappare ancora.
A parte due o tre più timidi, gli altri si accalcano intorno a noi e vogliono giocare. Ci tirano, cercano di portarci via, di rubarci agli altri. Ognuno spera di avere l? esclusiva, di farci suoi, ma noi non possiamo scegliere, dobbiamo stare con tutti. Organizziamo dei giochi: acchiapparella, nascondino, ma è difficile, sono troppo agitati.
?Le ragazzine più grandicelle sono state nostre ospiti e ogni tanto tornano per darci una mano a contenere la vivacità dei piccoli. Qui possono restare solo bambini sotto i tredici anni.? Ci spiega la suora.
Un ragazzino sui sette anni si avvicina con un giocattolo-robot della serie trasformers.
?L? alabarda spaziale non parte più, ce la fai ad aggiustarlo??
Mi colpisce per i modi maturi, non mi chiama papà ma è affettuoso, senza esagerare. Armeggio inutilmente con la sua alabarda spaziale.
?Mi dispiace, ma senza attrezzi non posso fare nulla. Ci vorrebbe un cacciavite per smontarlo. La prossima volta che torno ne porto uno e lo aggiustiamo.?
Mi sorride soddisfatto.
?Sono contento che tornerete.?
?Come ti chiami??
?Baldo.?
?Piacere Baldo, io sono Roberto.? E gli stringo la mano.
Oltre a lui, una bimba dai capelli biondi e pieni di boccoli, ci osserva attenta con i suoi ammalianti occhi color laghetto di montagna, non perde occasione per mettersi in mostra. Avrà poco meno di cinque anni ed ha sempre accanto una ragazzina ancora più piccola, bionda come lei. La porta con se, la passeggia nella carrozzina delle bambole, la protegge. E? molto diversa da Baldo, più serio e riservato, lei si agita, cerca in ogni modo di farsi notare ed ha quello sguardo al laser che ti scandaglia dentro. Sembra avere il potere di leggerti attraverso, forse per capire se saresti disposto a fargli da genitore. Con gli occhi, più che con la parola, comunica un messaggio chiaro: ?Ho bisogno di voi!?
?Come ti chiami??
?Giuliana. Lei è Silvia, mia sorella piccola.? Non parla in modo chiaro, sembra più piccola della sua età.
?Davvero è tua sorella??
?Si! Si! Non si vede?? E ride in modo un po esagerato.
?Giuliana vive in simbiosi con Silvia, come fosse davvero sua sorella.? Ci spiega la suora sorridendo.
Indaghiamo un poco e veniamo a sapere che Baldo è in istituto da un paio di settimane. A causa di guai familiari e stato loro affidato dal tribunale, ma appena risolti questi problemi tornerà a casa sua. Giuliana invece è qui da parecchi mesi, per ora la sua pratica burocratica aspetta di terminare, non si sa se sarà dichiarata adottabile o sarà restituita ai genitori naturali.
Restiamo un paio di ore con loro. Per me è difficile e mi affido spesso a Patrizia, che con l? innata naturalezza datagli dal senso materno, parla, gioca, aiuta, ride e scherza.
Altre volte andiamo e il legame con Baldo e Giuliana si consolida. Non è una preferenza, è come una priorità, una naturale e reciproca intesa che va oltre la simpatia o la prepotenza dei bambini rispetto agli altri. Noi non facciamo preferenze o scelte, siamo disponibili per tutti, ma qualcosa di diverso corre attraverso la lunghezza d? onda delle trasmissioni dei sentimenti tra noi e loro due.
***
Suor Adelangela ci avverte che oggi porteranno i bambini alle giostre, proprio qui davanti, nella pineta. Se ci va possiamo accompagnarli, daremo così anche una mano a controllare i ragazzini, agitati più del normale a causa del programma pomeridiano fuori dall? istituto.
Con una fila scomposta quel tanto da non farli sembrare soldatini, ma ordinata a sufficienza per controllarli tutti, i bambini attraversano la via Ardeatina e insieme a loro ci avviamo sotto gli enormi pini verso le giostre.
?Papà, m? aiuti a salì sulla tazza del caffellatte?? Giuliana si smarca prima degli altri e mi prenota. Baldo resta a terra, accanto a noi, la giostra è un gioco da ragazzini e lui è un ometto.
Con una scampanellata di avvertimento, cavallucci, automobiline, draghi e tazze iniziano a muoversi. Mentre la giostra gira in un verso, la tazza di Giuliana va in quello opposto, ma questo doppio moto non impedisce alla bimba di restare fissa con lo sguardo su di noi. La sua testa riccioluta e bionda rotea in modo da far restare i suoi occhi fissi su di noi, ed io sento tutto il peso di quel messaggio di aiuto. Ci guarda e sorride in modo insolito per lei, non esagera come sua abitudine, il suo è un sorriso di soddisfazione, come se sentisse di averci fatti suoi, catturati. Ma non è ancora sicura e ci tiene sott? occhio per paura di non vederci più alla fine del giro di giostra.
Sento un? emozione particolare. Quel legame incomprensibile si sta rafforzando e sento che la cosa accomuna anche Patrizia. La cosa mi fa un po paura, non si scelgono i bimbi. Giuliana non è ancora stata dichiarata adottabile e neppure sappiamo se lo sarà mai, le probabilità che sia lei nostra figlia sono prossime allo zero. E poi, noi siamo ancora in attesa dell? idoneità, chi sa quanti genitori sono davanti a noi, quanti aspettano, noi siamo gli ultimi.
?Patrì, ?ndo stanno i pantaloni con cui c? arrampico??
?Sempre la stessa storia! Cercateli! Non sono posso sapere dove li hai ficcati l? altra volta!? Mi risponde giustamente piccata.
E? quasi una settimana che il tribunale dei minori ha finalmente chiuso la nostra pratica e ci dato il decreto di idoneità. Siamo potenzialmente genitori adottivi, ora dobbiamo solo aspettare. Abbiamo deciso di festeggiare questa strana promozione e tra una settimana partiamo per tre giorni al Furlo, una gola dove dicono ci siano belle pareti da arrampicare. Le nostre vacanze sono praticamente sempre impostate con l? arrampicata o la montagna, in inverno ed i estate, magari associate anche ad altro, ma una parete da scalare deve essere sempre a portata di mano.
?Drinnn ? drinnn ?? Squilla il telefono.
?Buongiorno! Sono il segretario della giudice del tribunale dei minori di Roma. Volevo avvertirvi che vi arriverà una raccomandata con la quale il tribunale vi convoca per la comunicazione che siete stati scelti con altre quattro coppie di genitori adottivi, per l? eventualità di accogliere in famiglia un bambino. Nella comunicazione ci sarà un? appuntamento per i chiarimenti del caso.?
?Gra-grazie. Aspettiamo la comunicazione!? Quasi non riesco a rispondere talmente la cosa è inattesa.
?Non ci credo, è impossibile che sia accaduto.? Mi dice Patrizia.
?Non illudiamoci, saremo nel gruppo dei possibili per qualche motivo burocratico.?
?Non sappiamo nulla, neppure se è una adozione nazionale.?
?Sarà per forza nazionale. Roba da non credere, sono solo dieci giorni che abbiamo l? attestato.?
?Ci avranno messo dentro solo per far numero.?
Siamo contenti ma anche scettici. Tutti i discorsi degli altri genitori, gli articoli letti sulle riviste, le parole di amici che hanno adottato, raccontano di lunghe peripezie, intoppi, incomprensioni, ricorsi, ricerche affannose del figlio da adottare ? E a noi ci chiamano dopo dieci giorni? No! Non è possibile, siamo dentro solo per far numero.
Tempo due giorni ed arriva la raccomanda del tribunale, giovedì alle ore 10 siamo convocati dal giudice per un colloqui sulla proposta di adozione.
***
Ancora una volta in quella sala di aspetto accanto ad altre coppie di aspiranti genitori. Non sappiamo se anche loro fanno parte del gruppo di cinque candidati alla stessa nostra adozione, dai soliti discorsi sconsolati sulle lungaggini burocratiche direi di no. Del resto sarebbe non poco imbarazzante avere proprio qui gli antagonisti, i rivali alla corsa dell? adozione.
Che strano, cinque coppie quasi in gara. Che metodo utilizzano per scegliere: il carattere, il benessere, il posto dove si abita, il lavoro, la cultura ? tutto insieme? Certo, tutto insieme, ma perché non evitano questa competizione fuori luogo e non scelgono subito la famiglia che credono migliore per il bambino da adottare? Va beh! Tanto siamo qui solo per far numero.
?Prego, i coniugi Iannilli si possono accomodare!? Il solerte segretario ci invita a seguirlo.
Entriamo nell? ufficio della giudice che ci accoglie con un largo sorriso.
?Ma che sorride questa, giocano con i sentimenti e gli viene anche da ridere?? Penso rabbuiato.
?Dunque! Con altre quattro coppie di siete candidati all? adozione di un bimbo di nazionalità italiana.? Poi inizia a spiegarci l? iter che seguirà, i tempi che occorreranno e come sarà effettuata la scelta. Non dice nulla sul bambino.
?Scusi dottoressa, ma ci può dire qualcosa di più sul bambino? Lo so che non possiamo sapere nulla, ma non ha senso essere qui per farci conoscere cose che più o meno già sappiamo. ?
?Scusate, avete ragione. Posso dirvi poco, ma qualcosa si. Intanto è femmina, ha circa 5 anni, come ho detto è italiana e sta in un istituto di Roma. Oltre non mi è consentito dire.?
Patrizia ed io ci guardiamo. Non c? è bisogno di parlare, nei nostri sguardi si leggono bene le domanda che ci facciamo: ?Sarà Giuliana?? E si capisce bene anche la risposta: ?No, è impossibile, sarebbe una coincidenza esagerata!? Ed anche: ?Tanto siamo qui per far numero!?
La giudice ci liquida in modo cortese ma fermo spiegando che tempo quindici giorni sapremo la decisione, dobbiamo solo aspettare.
Aspettare! E? questa la parola chiave delle adozioni, l? incubo di tutte le coppie che ne chiedono una. Tutti aspettano tantissimo tempo, a volte anche dieci anni, e noi aspettiamo solo da dieci giorni. Non è possibile, siamo qui solo per far numero.
La mattina presto del venerdì partiamo per il nostro finesettimana lungo al Furlo. Da ieri non abbiamo fatto altro che parlare della bambina. Le probabilità che sia nostra figlia sono una su cinque e se consideriamo che le altre coppie saranno state dichiarate idonee chi sa da quanto. No, sembra impossibile che facciano passare avanti due novellini come noi. Anche sul fatto che possa essere Giuliana siamo concordi che è fantascienza, ai confini della realtà. Ma allora, perché ci sentiamo così emozionati? Sembra quasi che nonostante le evidenze ci speriamo. Cerchiamo in ogni modo di scacciare l? idea, ma è inutile, Giuliana è in un istituto vicino a Roma, ha cinque anni, è italiana e fino a pochi giorni fa era in attesa della dichiarazione di adottabilità. Lo so, lo so, ci saranno decine di istituti intorno a Roma e un numero imprecisato di bambine di 5 anni italiane ? eppure!? Questi tre giorni al Furlo saranno una breve lunghissima vacanza che non dimenticheremo mai.
Al rientro riprendiamo la nostra vita, Patrizia in farmacia ed io in studio a progettare una villetta in campagna. Devo consegnare il progetto tra una settimana ma il lavoro non procede, sono troppo distratto.
La sera rientro prima io e quindi preparo la cena. Squilla il telefono.
?Robbè, devo andare a sostituire una medicina, arrivo più tardi!?
Ecco, lo sapevo, se io non tiro righe con il tecnigrafo lei sbaglia medicine, speriamo che questa storia dell? adozione si risolva presto.
Riattacco e vado verso la cucina, devo spegnere il forno, altrimenti la focaccia si brucia.
Il giorno dopo inizia come una mattina qualunque. Patrizia va a lavorare sperando di non dare un cardiotonico ad un iperteso ed io mi reco a studio, sperando di finire finalmente il prospetto sud. Non è mezzogiorno che sono a casa, devo solo mettere le ombre sul prospetto e poi ho finito, avevo fame ed ero stufo.
?Drinnn ? Drinn ? ? Il telefono suona.
?Parlo con la famiglia Iannilli??
?Si, certo!? Ho un tuffo al cuore, è la voce del segretario.
?Sono lieto di informarla che siete stati scelti come genitori adottivi in pre-adozione per il bambino di cui le ha parlato il giudice una settimana fa. E? convocato in tribunale per mercoledì alle 11.?
Non eravamo li per far numero, hanno scelto proprio noi.
***
Questa volta siamo gli unici nella solita sala d? aspetto.
?Sarà lei??
?Falla finita, lo sai che è praticamente impossibile!?
?E perché? Potrebbe esserci lo zampino di suor Paola.?
?Se, buonanotte, mo anche raccomandati da una suora. Ma m? hai visto??
?E invece io ci credo ? no, ci spero. Ho la sensazione che resterei delusa se non fosse lei. Questo mi fa sentire quasi in colpa, ma Giuliana è come se fosse davvero mia figlia, c? è qualcosa di speciale che ci unisce.?
?Accomodatevi, prego!?
La giudice ci viene incontro e ci saluta, sorridente più del solito.
?La piccola vi aspetta all? istituto, andate a fare la sua conoscenza, siete stati scelti, ora tocca a voi.?
Si, si, va bene, ma qualche spiegazione in più? No?
?Cosa ci dice di lei??
?Sapete già che è italiana, ha cinque anni e sta in un istituto dalle parti di Torvaianica da sei mesi, era in attes ??
?Lido dei Pini? Domando interrompendo senza sperare in una risposta affermativa.
?Si, proprio quello.?
?Si chiama Giu ? liana?? Patrizia ha quasi paura di dire il nome.
Non c? erano altre Giuliane di cinque anni in attesa di dichiarazione di adottabilità al Lido dei Pini, può essere solo lei, è Giuliana. Sento le lacrime che spingono prepotenti e abbraccio Patrizia, che non è provvista dello stesso stupido mio pudore e già piange. L? unione fa la debolezza ed anche io mi lascio andare.
***
?Venite, vi accompagno da lei, è nella camerata. Ancora non sa che siete i prescelti, solo a decisione confermata le sarà detto, dobbiamo evitare possibile altri traumi. La piccola ha sofferto molto prima di arrivare nella casa famiglia, occorre proteggerla. Credo comunque che abbia già capito tutto, i bambini che stanno qui sono sensibilissimi a captare le emozioni e quella di un genitore è fortissima.? Suor Paola ci fa entrare nella camerata piena di letti ben ordinati. Giuliana non c? è.
??Giuliana? ? Dove ti sei cacciata?? E intanto guarda sotto il letto.
?Eccoti birbacciona. Che fai qui sotto?? La suora sorride.
?Facevo ?no scherzo!? Giuliana invece ride.
?Giuliana tu conosci già Patrizia e Roberto, da oggi sarai un po più con loro. Dovrete conoscervi bene. Ora raggiungiamo gli altri per giocare tutti insieme.?
Questa nostra visita al Lido dei Pini è diversa, sappiamo che quella bambina dallo sguardo elettrico sarà nostra figlia. Non ancora però, occorre aspettare un eventuale ricorso dei suoi genitori naturali o, in assenza di esso, dei nonni. Un mese ci dicono, se tutto va bene. Ma intanto siamo ancora qui, per l? ultima volta insieme a tutti i bambini, dalla prossima la nostra visita sarà esclusiva per Giuliana e potremo uscire con lei per una mezza giornata, fare una passeggiata, mangiare qualcosa e poi tornare in istituto. Più avanti passeremo la prima intera giornata a casa nostra, poi un finesettimana, poi per sempre. Sarà ancora solo pre-adozione, la legge stabilisce un periodo di prova, un rodaggio. Ci dicono che a volte non va a buon fine ed è un? altro trauma per il bambino, che si sente di nuovo rifiutato, abbandonato. Per questo i giudici ci pensano su tanto prima di affidarti una vita in parte già segnata dal dolore, una vita da riparare dai guasti dovuti all? incuria, i maltrattamenti, la cattiveria, il disinteresse degli umani.