Come abbia fatto questo modesto soggetto a solleticare la mia concupiscenza escursionistica non è ben chiaro, fatto sta che si tratta di un luogo affascinante, dagli accessi segnalati ma poco utilizzati e per questo incerti e poco propensi a farsi raffigurare sulle carte, nelle quali compaiono tracciati in modo abbastanza approssimato rispetto alla realtà del terreno.
Il punto di partenza è l?abitato di Canacede, poche case abbarbicate sul ripido pendio in faccia alla Civetta, il borgo più elevato del comune di San Tomaso Agordino.

Il borgo di Canacede

Sopra i tetti di Canacede sorge la Civetta
Da qui è possibile raggiungere la cima per una via e poi scendere sul versante opposto ritornando per altra via al punto di partenza.
Di sicuro non è un posto per ansiosi: se qualcuno ha paura di perdersi e cerca sentieri certi e ben battuti gli consiglio il Catinaccio, ma se qualcun altro è invece alla ricerca di un pizzico d?avventura, beh il Piz Zorlet fa giusto al caso suo.

Appare il Piz Zorlet
Cominciando dall?inizio, arrivato sotto le prime rocce perdo la traccia, o meglio ne trovo tante di peste sparse qua e là che possono somigliare a orme di umani o di animali, ma possono anche essere linee spontanee di frana. Insomma, giro e rigiro a destra e a sinistra senza riuscire a decidermi da che parte salire, poi traverso su un terriccio di dubbia consistenza e imbocco un verde ripido canale ripetutamente interrotto da affioramenti rocciosi.

All?attacco delle prime rocce
Il terreno è instabile, la pendenza sufficiente a consigliarmi di inforcare i ramponcini da erba.

Lungo la salita per il verde ripido
Faccio qualche tentativo laterale dove scorgo tracce, ma dopo inutili sforzi devo regolarmente ripiegare tornando sui miei passi. Insomma alla fine riesco a rimontare fino alla cresta sommitale, dove finalmente ritrovo stinti segnavia. Non sono riuscito a capire quale fosse la via canonica da seguire, ma tant?è, ormai basta risalire il verde dorso finale e il gioco è fatto.

Oltre la f.lla S?ciota, il Sasso Bianco
Arrivo su quella che credo sia la cima, e invece è un?anticima dalla quale la vetta non è raggiungibile. Devo ridiscendere e salire da un?altra parte, ma sono così contento di essere in questo posto grandioso, solitario e sgargiante nel trionfo di questo sole già infuocato delle 10 di mattina che non mi esce di bocca neanche una porcaputtana. In vetta il solito crocifisso.

In vetta

La Sud della Marmolada vista dalla vetta

I dirupi meridionali con il paese di Vallada Agordina
Scendo poi lungo il dorso principale in direzione del Sasso Bianco e arrivo a un bivio con le sue brave tabelle segnaletiche di legno. Prendo per la mia strada, ma dopo un po? mi accorgo che non sono riuscito a trovare il giusto collegamento con la f.lla S?ciota, sono sceso troppo e allora mi devo praticamente inventare il modo di arrivarci ugualmente. Anche qua dovizia di tracce (di animali direi) e una selva di dannatissimi noccioli da scavalcare prima di raggiungere l?agognata forcella.

F.lla S?ciota
Da essa infine indovino la traccia di ritorno, faccio le giuste scelte ai successivi bivi (o almeno lo spero), non mi perdo nello scavalcare torrenti e franamenti, riesco sempre a riagguantare la traccia anche se lei fa di tutto per perdere me, e rientro così felicemente a Canacede.

Fienili nella selvatica Val delle Calchere
Insomma me la sono spassata un sacco, e alle 13.30 sono già a casa a godermi un cospicuo trancio di anguria freschissima per compensare i liquidi evaporati in questa torrida giornata.
Io mi diverto anche così.