Falesia di Borgone: abbattuti due 6b

Area di discussione a carattere generale sull'arrampicata.

Messaggioda bonsai » dom apr 01, 2007 10:48 am

MacOnions ha scritto:
bonsai ha scritto:
MacOnions ha scritto:... e poi tocca sentire di gente che addirittura si scava gli appoggi nelle falesie italiane su vie altrettanto "facili"* come quelle gallesi, tristezza.




Immagine


E questa mostruosità dove si trova?


purtroppo è a Borgone alto :cry:
non ho capito se su sulla centrale o qualche via vicina, boh .....
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Messaggioda REDda » dom apr 01, 2007 11:15 am

anche a traversella c'è un settore dove sono state attaccate delle prese sulla via "il ruggito del coniglio", però almeno lì sono di roccià vera, non quelle da palestra....
E' la su dove la Terra finsce e con una mano tocco il cielo che trovo il mio Essere e la mia metà
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Messaggioda Basalisc » lun apr 02, 2007 9:36 am

Forse mi sbaglio,ma quella foto non mi sembra proprio
che sia Borgone alto (rocca penna) nella foto mi sembra
di vedere calcare, mentre a Borgone c'è lo gneis.
Oppure mi sbaglio io?

Ciao a tutti
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Messaggioda alter-ego » lun apr 02, 2007 9:44 am

Ragazzi, ho deciso di postare il racconto "Performance" dal mio futuro libro, oramai già sputtanato su internet :cry: :?

Però penso sia importante per capire il valore affettivo delle vie e di cosa stiamo parlando. Performance è stata la mia prima via, come ha detto Gulf, quindi inutile dire cosa rappresenti per me.

buona lettura

M.


Performance

Il tram spariva nella nebbia, il treno già attendeva in stazione. Nello scompartimento si accalcavano indistintamente sciatori e pendolari. In quegli anni ad avere lo zaino in spalla eravamo solo noi alpinisti. Non esistevano ancora i piles e lo zaino era un segno di distinzione inequivocabile. Lo portavamo fieri per le strade della città, sui tram, nell?ascensore come in funivia. La gente della città ci inveiva contro, temendosi di prendere una picozzata, per non parlare di quando i tram cittadini erano colmi e muoversi con lo zaino diventava davvero un?impresa.
Dopo mezz?ora scarsa di treno, appena il tempo di lasciarsi alle spalle la nebbia cittadina e intravedere il cielo limpido e il bianco delle montagne, scendevamo a Sant?Ambrogio. Poi a piedi sino ad entrare nell?enorme cono d?ombra della Sagra di San Michele, austero baluardo a difesa di una delle più antiche vie di comunicazione con la Francia.
Mi ero arrampicato su un masso di una decina di metri e mi ci ero seduto sulla cima a cavalcioni. Mi scorreva tra le mani una corda rossa da 9 mm che avevo trovato in soffitta. Era una vecchia corda che aveva giaciuto in fondo allo zaino di mio padre per molti e molti passi, altre volte era scivolata docile sulla neve bianca dei ghiacciai. Non aveva quasi mai visto la roccia, tanto meno era mai entrata in tensione... Quel giorno la corda mi passava intorno alla spalla quando Davide rimase appeso guardandomi con la faccia implorante: ebbi quasi paura che si spezzasse! D?altra parte non avevo mai piantato un chiodo e non sapevo come si facesse! Ma mio padre mi aveva comunque insegnato ad assicurare a spalla con il vecchio metodo degli alpinisti dei primi del novecento, naturale che usassi quello.
Davide era un quindicenne decisamente sovra-peso che abitava ad un isolato da casa mia. Mascella da ragazzo americano e aria da monello. Gli piaceva la velocità ed il rischio, in bicicletta e sugli sci scendeva a rotta di collo, ma l?arrampicata probabilmente non faceva per lui. Ma non arrampicavamo certo per realizzare una via per noi difficile, stavamo solo esplorando una dimensione sconosciuta. Arrampicare sembrava la cosa più ovvia da fare. Davide e suo fratello Paolo, ancora più piccolo di lui, mi seguivano come si segue un vecchio lupo di mare che salpa su una scassata bagnarola alla volta del mare aperto. E salpavamo anche se tirava vento di tempesta, in pulmann o in treno, appunto... La meta erano vette lontane, che quasi mai raggiungevamo. La pioggia e la neve rappresentavano l?imponderabile e crudele destino che ci infliggeva l?amaro calice della rinuncia, ma il più delle volte erano gli occhi di Davide che mi imploravano pietà a farmi desistere dall?andare avanti contro la furia degli elementi. Avevo l?inflessibilità del generale che vede morire ad uno a uno i suoi uomini per infine, solo, doversi arrendere al nemico. Paolo e Davide oggi finalmente ne possono ridere con spensieratezza, ma allora era una cosa maledettamente seria!
Dal giro del Monte Viso ed i suoi ripidi canali innevati, con tanto di racambolesche scivolate e situazioni tragicomiche, alle prime arrampicate il passo non era poi così lungo... Un martello di legno e due vecchi moschettoni in ferro, oltre che la corda rossa, era tutto quello che mi rimaneva di mio padre. Decisi di utilizzarlo al meglio.

La guida di Giancarlo Grassi mi aveva aperto un modo parallelo, fatto di paretine, blocchi e piccole cave di granito, di cui nemmeno sospettavo l?esistenza. Dopo le fredde pareti della Sagra di San Michele e l?adrenalina dei vecchi chiodi degli anni ?30, la suola di vibram che grattava il ruvido serpentino, avevamo infine comprato le nostre prime scarpette di arrampicata a suola liscia. Le avevamo provate sulle bianche Pareti di Marmo e sui loro scalini rovesci. Poi, finalmente, ci eravamo sentiti pronti per la Cava di Borgone e il suo granito, che ricordava lontanamente quello del Monte Bianco.
Tra una lezione e l?altra di storia dell?arte io e Livio, compagni di banco, sognavamo le pareti. Suo fratello Luigi aveva arrampicato e possedeva già da tempo un paio di scarpette EB, altre diavolerie come nut, i famosi blocchetti ad incastro, e quant?altro. Aveva anche vari chiodi e addirittura un piantaspit. Quando il virus dell?arrampicata si impossessò completamente di noi e la neve si sciolse senza che ci fossimo ricordati degli sci, riuscimmo a ripetere tutte le vie della cava. Ci guardammo un po? intorno e fu allora che qualcuno di noi provò a salire quella placca a sfoglie rovesce con la corda davanti. Era una sfida troppo grande per non essere colta... stare appicicati ad una placca spiovente e saponosa, era diventata improvvisamente la cosa più importante della giornata. Ci procurammo allora qualche placchetta e la piazzammo nei punti più critici, dato che non vi era modo di proteggere la via con i chiodi. Con il piantaspit facemmo a turno i buchi, poi vi avvitammo su delle vecchie placchette recuperate chissà da dove, perchè comprarle non era pensabile. Progettammo la linea nei minimi particolari, prima in placca e poi, nel secondo tiro, su un piccolo tetto, con movimenti strani e sbilancianti. Non ricordo nè chi per primo di noi la salì, nè quanto tempo dopo averla chiodata: non era certo questa la cosa importante, in quei giorni. Era nata la nostra prima via, che Livio volle chiamare ?Performance?. Il nome non mi piaceva affatto, non lo ritenevo adatto alla situazione. Nessuno di noi stava compiendo una performance sportiva, aver chiodato quella placca mai scalata sembrava la cosa più naturale che dovessimo fare... Ma forse, in una famiglia di artisti a tutto campo come era quella di Livio e Luigi, ?performance? stava ad indicare più un?opera d?arte che una prestazione sportiva. Dopo tanti anni...l?ho capito solo ora!
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Messaggioda MacOnions » lun apr 02, 2007 10:42 am

REDda ha scritto:anche a traversella c'è un settore dove sono state attaccate delle prese sulla via "il ruggito del coniglio", però almeno lì sono di roccià vera, non quelle da palestra....


Beh! insomma, non ci trovo sta gan differenza.
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Messaggioda schen » lun apr 02, 2007 12:04 pm

alter-ego ha scritto:Ragazzi, ho deciso di postare il racconto "Performance" dal mio futuro libro, oramai già sputtanato su internet :cry: :?

Però penso sia importante per capire il valore affettivo delle vie e di cosa stiamo parlando. Performance è stata la mia prima via, come ha detto Gulf, quindi inutile dire cosa rappresenti per me.

buona lettura

M.


Performance


Il livello non era, non è e non sarà mai il tuo, ma le sensazioni che hai descritto così bene.., quelle sì che erano proprio le stesse.
Che ho riprovato così vive grazie al tuo racconto.
Gli anni erano gli stessi.
Ci sarà dunque un tuo nuovo libro? Su questi argomenti?
Che bello... grazie Maurizio.

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Messaggioda grizzly » lun apr 02, 2007 15:11 pm

alter-ego ha scritto:Ragazzi, ho deciso di postare il racconto "Performance" dal mio futuro libro, oramai già sputtanato su internet :cry: :?


Brau!! =D>

Speruma che a chi ha scavato, se mai leggerà, possa entrare qualcosa nella testolina...
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Messaggioda berni » mar apr 03, 2007 17:35 pm

grizzly ha scritto:
alter-ego ha scritto:Ragazzi, ho deciso di postare il racconto "Performance" dal mio futuro libro, oramai già sputtanato su internet :cry: :?


Brau!! =D>

Speruma che a chi ha scavato, se mai leggerà, possa entrare qualcosa nella testolina...


Disabitata Grizzly, quella di testa è disabitata, la si può arredare completamente... :roll:
Maaaa...qualcuno è stato ultimamente a Borgone?
...NUOVI SORRISI, HANNO L'ANIMA BIONDA COME I CAPELLI DI CHI LI INDOSSA...
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Messaggioda Cine » mar apr 03, 2007 20:26 pm

Gulfstream ha scritto: . . .Però non bisogna abusare dello scavo per rendere più facile una via che era già stata liberata senza scavo.
Una volta liberata la via, qualunque sia il grado, non dovrebbero più essere apportate variazioni.


Parole sante :smt023 ma sfortunatamente qualcuno non capisce la lingua o non riesce a comprenderle :roll:
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Messaggioda marco.s. » mer apr 04, 2007 10:10 am

Bel racconto, bravo...il problema secondo me è che oggi non si sente più nessuno parlare di etica. chi esce da una palestra non sa neanche che esiste un'etica in montagna. pensate alle relazioni di Grassi o di Motti..in tutte le monografie o nelle guide c'era un capitolo riservato all'etica. oggi nelle guide, non tutte, ci sono un sacco di nomi e numeri...
marco.s.
 
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Messaggioda schen » mer apr 04, 2007 10:31 am

marco.s. ha scritto: pensate alle relazioni di Grassi o di Motti..in tutte le monografie o nelle guide c'era un capitolo riservato all'etica. oggi nelle guide, non tutte, ci sono un sacco di nomi e numeri...


.. però anche in quelle di Grassi e Motti, si usciva sempre "per facili placche alla sommità" ... :)
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Messaggioda marco.s. » mer apr 04, 2007 10:38 am

...o per i massi "poi per divertente placca in cima".... :lol:
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Messaggioda gug » mer apr 04, 2007 12:01 pm

...e che fine hanno fatto Paolo e Davide: sono sopravvissuti? :wink: :lol: :lol:
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

Traguardi Effimeri
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Messaggioda alter-ego » mer apr 04, 2007 12:10 pm

gug ha scritto:...e che fine hanno fatto Paolo e Davide: sono sopravvissuti? :wink: :lol: :lol:


Paolo è un'importante avvocato di livello internazionale. Lasciò l'arrampicata dopo un incidente ai tendini dopo aver raggiunto le soglie dell'8a. Qualche volta però scala ancora. Suo fratello Davide lavora in proprio, è architetto ed ha rilevato l'azienda del padre. Non scala più da decenni.

:wink:
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Messaggioda Gulfstream » mer apr 04, 2007 19:25 pm

Basalisc ha scritto:Forse mi sbaglio,ma quella foto non mi sembra proprio
che sia Borgone alto (rocca penna) nella foto mi sembra
di vedere calcare, mentre a Borgone c'è lo gneis.
Oppure mi sbaglio io?

Ciao a tutti


Personalmente se dovessi scommetterci direi che la falesia con le prese di plastica della foto è Miramonti, in Val Susa.
Non ci ho mai arrampicato ma ero passato a vederla perché mi trovavo da quelle parti per una passeggiata e ricordo che c'era un tetto con delle prese di plastica. Un posticino particolare, con roccia calcarea bianca e grigia ma con pochi tratti solidi e pochissime vie.
"Non è perchè le cose sono difficili
che noi non osiamo,
è perchè non osiamo
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Messaggioda Gulfstream » mer apr 04, 2007 19:37 pm

alter-ego ha scritto:nel secondo tiro, su un piccolo tetto, con movimenti strani e sbilancianti.


Quel tettino all'epoca (1982) è stato un piccolo capolavoro.
Non pretendeva d'essere un passo estremo, se ben ricordo era solo 6B ma quando veniva salito da capocordata intimoriva parecchi climbers che arrampicavano su difficoltà superiori.
Ancora oggi insegna come la tecnica sia più risolutiva della sola forza.
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Messaggioda Gulfstream » mer apr 04, 2007 19:38 pm

alter-ego ha scritto:nel secondo tiro, su un piccolo tetto, con movimenti strani e sbilancianti.


Quel tettino all'epoca (1982) è stato un piccolo capolavoro.
Non pretendeva d'essere un passo estremo, se ben ricordo era solo 6B ma quando veniva salito da capocordata intimoriva parecchi climbers che arrampicavano su difficoltà superiori.
Ancora oggi insegna come la tecnica sia più risolutiva della sola forza.
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Messaggioda Gulfstream » mer apr 04, 2007 19:39 pm

alter-ego ha scritto:nel secondo tiro, su un piccolo tetto, con movimenti strani e sbilancianti.


Quel tettino all'epoca (1982) è stato un piccolo capolavoro.
Non pretendeva d'essere un passo estremo, se ben ricordo era solo 6B ma quando veniva salito da capocordata intimoriva parecchi climbers che arrampicavano su difficoltà superiori.
Ancora oggi insegna come la tecnica sia più risolutiva della sola forza.
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Messaggioda bonsai » ven apr 06, 2007 8:59 am

Gulfstream ha scritto:
Basalisc ha scritto:Forse mi sbaglio,ma quella foto non mi sembra proprio
che sia Borgone alto (rocca penna) nella foto mi sembra
di vedere calcare, mentre a Borgone c'è lo gneis.
Oppure mi sbaglio io?

Ciao a tutti


Personalmente se dovessi scommetterci direi che la falesia con le prese di plastica della foto è Miramonti, in Val Susa.
Non ci ho mai arrampicato ma ero passato a vederla perché mi trovavo da quelle parti per una passeggiata e ricordo che c'era un tetto con delle prese di plastica. Un posticino particolare, con roccia calcarea bianca e grigia ma con pochi tratti solidi e pochissime vie.


non ti sbagli basalisc ! la mia era solo una piccola provocazione, d'altra parte basta controllare il giorno che ho postato :wink:

in realtà il luogo non è nemmeno in Val Susa, dove mi stupisce sentire che sono stati fatti lavori del genere, bensi' verso il centro italia dalle parti di Bologna, la roccia non è neppure calcare ma qualcosa di decisamente peggiore ....
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Messaggioda Vivaldi » dom apr 08, 2007 20:40 pm

bonsai ha scritto:
MacOnions ha scritto:
bonsai ha scritto:
MacOnions ha scritto:... e poi tocca sentire di gente che addirittura si scava gli appoggi nelle falesie italiane su vie altrettanto "facili"* come quelle gallesi, tristezza.




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E questa mostruosità dove si trova?


purtroppo è a Borgone alto :cry:
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Mamma mia questa non l'avevo ancora vista...
che spavento...
Potevano affittare un garage... due tavole di legno... così potevano divertirsi a mettere tutte le prese che volevano....
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