Oggi, dopo l'ennesima conferma di un fantozziano peggioramento delle performance al rientro su plastica, mi vengono alcune riflessioni.
Inizialmente, imputavo l'impennata delle disprestazioni alla disabitudine "autunnale" alla resina, con disallenamento delle dita e della continuità. Poi però ho visto che su boulder non avevo perso pressoché nulla, inoltre la mia signora che si allena quanto me ha ripreso gli standard della primavera scorsa quasi da subito.
Si è quindi palesato chiaramente che il problema è la ricomparsa in pompa magna dei blocchi mentali che pensavo di avere (almeno in parte) superato. Appena la pendenza supera la verticale, parte la tachicardia, il respiro si blocca e saluti. Manco fosse la prima volta che arrampico.
Il dubbio che viene spontaneo è: forse non sarebbe il caso di lasciar perdere di combattere contro i miei demoni (o, per usare un linguaggio più scientifico e meno mitologico, con i "geni della paura" che nel mio caso devono essere qazzutissimi

In fondo per fare i giri in montagna che voglio fare, e anche le viette classiche sul quarto max quinto, il livello attuale può essere sufficiente.
Poi mi dico che vale la pena di fare come quel cinese della favola, che si mette a scavare la montagna con il piccone e dai e dai senza scoraggiarsi, dopo anni di cocciutaggine convince la montagna a spostarsi da sola.
E alla fine, come fareste senza i racconti disprestazionali del vostro presidente? In fondo ho anche una responsabilità pubblica

Inossidabili saluti
TSdG