La gente teme la solitudine, la sfugge in ogni modo nei caffè, nei centri commerciali, nelle piazze, nei ritrovi. Io no, non la eludo anzi la cerco, anche se qualche volta un po' mi pesa.
Rieccomi dunque qui nel bosco, incamminato lungo questa stradetta che sale tra gli abeti, verso la malga Agner. Questa camminata non ha uno scopo. Qui d'estate non ci verrei, mi parrebbe una meta minore capace di sprecare una buona giornata. Ma adesso in questa stagione il posto mi somiglia, richiama troppo il mio essere perché io ne possa evitare l'appello. C'è nell'aria appena l'idea del freddo che verrà, le chiome dei larici e dei rari faggi vestono lo sfarzo sobrio delle occasioni ultime; c'è solo un pensiero di neve sui rami, un bianco soffio ne sottolinea appena i ciuffi estremi, e la malga anticipa a palpebre strette il sonno del freddo che l'attende.

Malga Agner
Ma l'inverno è ancora lontano. È ben vero che le cime intorno sono tutte bianche su cenge e creste che la trasparenza dell'aria rende ancor più taglienti; ma non mi va proprio d'escludere che qualche ultimo sussulto di vita possa far rifiorire questi luoghi di effimero sole prima del bianco sonno, e che passi nuovi riescano ancora a smuovere il torpore di quest'erba stanca.

Agner
L'autunno qui è ancora forte, non precorre i tremori della senilità né incute il rispetto della canizie; ne anticipa solo qualche pecca, appena un dubbio di sospetta fatica. L'estate coi suoi incarnati soffusi, con lo sfumato delle sue morbide luci meridiane, coi suoi giovani fermenti è andata via, c'è da temere, per sempre.
Sull'incombente Agner le linee delle rocce in alto sono nette, la trasparenza dell'aria ne esalta profondità crudeli, ne svela impietosi dettagli, ne esalta ogni ruga, ogni piega del tempo. La bianca croce di vetta scintilla all'ultimo sole rinviando all'eterno.

Agner e Lastei
Risalgo ancora. Una cerva traversa smarrita a pochi passi da me il ripido prato con balzi di spavento. Raggiungo lo zoccolo di rocce, obliquo a sinistra lungo il sentiero Miniussi. Davanti a me i Lastei d'Agner levigati e spioventi, finalmente esenti dagli ottusi collezionisti estivi di ferramenta estrema, si scrollano la poca neve in brevi soffi di polvere.

Lastei d'Agner
Alla mia sinistra, sopra la valle e oltre il non lontano rifugio Scarpa-Gurekian, vapori brevi e compatti traversano in alto come vascelli celesti.

Rifugio Scarpa-Gurekian
Raggiungo il rifugio caparbiamente aperto negli ultimi fine settimana ancora agibili, arroccato sul suo verde colle. In faccia a lui la Croda Granda ammonisce che non c'è più da sperare e che quella vecchia seggiovia laggiù non traghetterà più la domenica turismo chiassoso e prodigo.

Rifugio Scarpa-Gurekian e Croda Granda
Mi volto per un ultimo sguardo alla roccia. Lassù sull'Agner, alla forcella del Pizzon giusto sotto la cima, il bivacco Biasin rosseggia discreto tra il bianco e il grigio che lo accoglie, come garitta di guerre antiche e barbare a presidio dell'alto passo, indecifrabile relitto di conflitti alieni.

Il bivacco Biasin alla forcella del Pizzon (Agner)
Scendo infine correndo per le antiche piste da sci dove piloni rugginosi e garitte cadenti ricordano i trascorsi di nevi modeste e liete, quando Frassené là in basso era ancora la piccola Cortina dell'Agordino, e il Parco Laghetti un ritrovo alla moda; meglio evitare d'andarci adesso, chi ne ricorda i fasti potrebbe restarne smarrito.
L'autunno insomma, oggi e soprattutto, me lo sento proprio addosso come una stagione anche della vita.