Drugo Lebowsky ha scritto:
mi spiace giudirel, ma non hai capito proprio un c***o.
perdonami, ma non mi viene un eufemismo più garbato.
Perdonato.
Ma non mi riferivo all'origine del topic.
Sulla necessità di curare l'empatia nella propria comunicazione sfondi una porta aperta... per carità... non solo è educazione ma rende la comunicazione più efficace.
Mi riferivo al proseguo del thread dove c'è stato qualche spunto che mi ha suggerito quanto dicevo.
Poi, se devo dirla tutta, un po' per carattere un po' per scelta io sono fondamentalmente un autoreferenziale per cui me ne sbatte poco di quello che fanno gli altri.
Una mia mattinata a fare tre tiri in falesia è straordinariamente più importante dell'Everest per una via nuova di 8a con il brutto tempo, un bastone in culo ed usando solo nodi di cordino in canapa fatta dal demente di turno.
Da cio consegue che essendo giunto più o meno fortunosamente oltre al "mezzo del cammin di niostra vita" e trovandomi impacciato da una serie di impegni (lavoro, famiglia, alfabetizzazione che mi impone la perlomeno saltuaria lettura di qualche libro, ecc) l'andare per rocce è per me circoscritto ad uno spazio molto limitato, all'interno del quale, dati anche alcuni miei limiti oggettivi, non mi sono certo concessi grandi virtuosismi.
Esistono ideologie a cui viene attribuita una certa dignità filosofica che ritengono che tra la pratica e l'elaborazione ideologica che l'accompagna esiste un rapporto dialettico.
Detto in soldoni non si sa se sia nato prima l'uovo o la gallina... ma fatto è che guardo con una certa simpatia quella corrente di pensiero che attribuisce all'arrampicata un significato prettamente ricreativo e disimpegnato e che tende a considerare sprezzo del pericolo, eroismo e dedizione assoluta come cose molto serie ma che forse potrebbero essere dedicate a scopi più nobili, tipo il soccorso dei bambini nelle zone di guerra, la lotta alla mafia e via discorrendo.
Un po' quel che diceva Guido Rossa (e forse un po' meno praticava o aveva praticato...)
Quindi succede che il calo di testosterone tipico della senilità, oltre alle ben note conseguenze su denti, capelli e giro vita, ha portato con se un atteggiamento nei confronti della montagna che definirei più laico... forse anche riduttivamente disincantato.
Mi spiego meglio.
Quando il mio amico Siloga dice che la Marmolada è sacra non posso che rispettare questo suo credo.
Ma per me, esattamente come una chiesa, una moschea oppure un tempio buddista, rimane un mucchio di sassi... un BEL mucchio di sassi.
Ebbene, per concludere la pisciata, continuo ad accusare di strabismo chi, in presenza di funivie, impianti da sci, strade a ragnatella ed ogni devastazione possibile immaginabile sulla regina delle dolomiti perde il sonno per quattro spit, contemporaneamente incensando i vetusti chiodi a espansione di Aste e/ Hasse ed i semivetusti spit di Giordani.
Eccheè? La strada per la sacralità passa forse dalla vecchiaia?
E non parlatemi di assassinio dell'impossibile... che può essere impossibile anche ripetere in libera una via con uno spit ogni 30 centimetri...
Io non lo so davvero se sia una bella idea sforacchiare le montagne... e davvero non lso se sforacchiarle sostenendo di amarle non sia un controsenso. Ma sono abbastanza sicuro di non vedere questa enorme differenza se i fori si fanno in calzettoni rossi con il ponpon oppure con un tutino in lycra.
Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono e per questo si chiama presente.