
però mi sono data una certa disciplina. soprattutto per quello che riguarda l'alternare cicli di resistenza con cicli di potenziamento, che anche loro per come li ho costruiti sono privi di fondamenti teorici seri. li definirei piuttosto empirici, costruiti ad personam, anzi per meglio dire ad raven.

comunque:
riflettevo sullo stretto connubio che c'è tra resistenza e pazienza. l'una non può prescindere dall'altra. in palestra sono quasi arrivata alla fine di questa sessione dedicata al miglioramento della resistenza che mi sono imposta. qualche volta prima di andare mi veniva un magone allo stomaco a pensare che "dovevo" ancora fare quelle serie di vie... la noia mi prendeva e si portava via tutta la gioia e la motivazione. però mi sforzavo e andavo. certo notavo i miglioramenti, all'inizio della sessione non riuscivo a concatenare le vie che mi ero proposta in sequenza perchè arrivavo a metà e i miei muscoli si rifiutavano di seguirmi. la fatica annebbiava anche il pensiero per cui facevo passaggi assurdi che non mi portavano da nessuna parte ma mi divoravano le poche superstiti energie... mi sentivo peggio di una pippa davvero poi ho iniziato a riuscire a metterle in fila e a finirle, poi anche a farle due volte di seguito, poi a salirle e a scenderle, a cercare di ottimizzare il passaggio, di riuscire ad individuare quello più economico che conginge due punti, come in geometria: riuscire a costruire la retta del movimento però poi arrivava quel tarlo a rodere il pensiero: dai loretta continua così a fare la geometria del passaggio vedrai come non riuscirai più a muoverti quando riproverai a lavorare un grado...

ma allora la pazienza arrivava a darmi i consigli saggi: continua così loretta, ci vuole pulizia e umiltà per scalare, non spazientirti, devi accettare che ci vuole tempo per imparare.... per pulire dal superfluo il gesto e farlo entrare nella pelle, devi oltrepassare quel limite al di là del quale movimento e pensiero si fondono e non hai più una mente pensante ma sei un corpo pensante
l'ultima volta sono andata in palestra, come al solito. come al solito ho fatto le mie sequenze di vie. e poi ne ho provata una che un mese fa circa , alla fine della sessione di potenziamento non ero riuscita neanche ad iniziare.


non mi sembrava vero.
avevo mollato per un mese intero ogni prova su passaggi tecnici, mi ero imposta di non lasciarmi tentare dalla voglia di fare il grado. avevo passato ore a ripetere gli stessi movimenti e.... alla fine senza neanche starci a pensare avevo passato quella via, dieci metri, niente di che, però la volta prima non l'avevo fatta.
spesso succede così. mi concentro un mese e mezzo sugli stessi passaggi, quasi fossero rituali, cerco di diventaci amica, di scandagliarli fino nel profondo, di conoscere e sentire la posizione e la tensione di ogni muscolo in ogni cambiamento di posizione. e quando passo a provare quello che molti giorni prima avevo lasciato come qualcosa di troppo difficile, convinta di non riuscire a interpretarlo scopro che è diventato improvvisamente logico.
e tutto passa per la pazienza, per il non aver fretta di fare, per il saper aspettare.... niente arriva subito. niente è scontato. l'attesa la costruzione del gesto è un arte certosina che procede lentamente e si basa sul non subito, sul divenire.
e c'è ancora chi si chiede se arrampicare è uno sport o una disciplina... (quanto di questo "metodo" mi insegna a vivere?)