Callaghan ha scritto:ringrazio croda e Keith per le circostanziate risposte.
la questione è dunque per me: ha senso parlare di involuzione culturale nei confronti dell'ambiente quando è in atto una colossale involuzione culturale (e basta)?
che senso ha fare la polvere sul tavolo della cucina quando in sala ci sono 500 maiali che cagano?
il discorso è complesso certo, e sarebbe bene parlarne più che scriverne.
.......
Caro Ispettore, ho letto con molto interesse il tuo intervento, che trovo molto azzeccato e di cui ti ringrazio perché è l’ennesima dimostrazione di quello che più volte ho sostenuto e cioè che, anche in questa epoca di social, il forum non è morto, proprio perché interventi e discussioni come queste si possono trovare solo in un posto come questo.
Detto questo credo che hai centrato un punto fondamentale, che mi appassiona da diversi anni e sui cui ho letto anche molti saggi e articoli, e cioè quello del cosiddetto “Capitalismo Totale”. La spinta cioè, che è intrinseca nel capitalismo, di invadere ogni spazio e non solo quello economico propriamente detto, e rendere tutto mercificabile: è una spinta fortissima che può essere arginata solo con l'emergere di sistemi e di valori che la limitino, ma che possono esistere solo se prima c'è una consapevolezza di questo contrasto.
Quindi, prima di ciò però è importante che ci sia coscienza del fatto che esistono ambiti che devono rimanere al di fuori della logica di mercato e sicuramente la montagna e la cultura dell’alpinismo è uno di questi, anche se sicuramente non il più importante.
Perché sotto attacco ci sono istituzioni o culture ancora più importanti: la sanità, l’istruzione, i diritti del lavoro e addirittura la famiglia.
Però io credo che una reazione e un controffensiva culturale, che ormai comincio a percepire, deve partire da tutte gli ambiti che sono sotto attacco, e nel caso nostro, appassionati di alpinismo, deve partire proprio dalla difesa dell’alpinismo e dai suoi ambiti.
L’importante credo che sia di reagire in ogni contesto stimolando la presa di coscienza che si tratta di un aspetto di una guerra più ampia e quindi riallacciandosi anche agli aspetti maggiori in modo che la reazione sia parte di una controffensiva più grande.
Le guide alpine o le strutture turistiche, purtroppo, essendo agenti economici sono protagonisti forti di questo attacco, perché sono parte di questo sistema capitalistico e a volte perchè non sono neanche coscienti del danno: fanno parte di un sistema che spinge naturalmente in quella direzione. Però credo che portando il dibattito su un piano più ampio possa contribuire a far emergere una reazione e questo è possibile soprattutto con associazioni non coinvolte economicamente: penso a Mountain Wilderness o addirittura al CAI, che è tutto e il contrario di tutto, ma che negli ultimi anni ha anche preso posizioni molto forti a difesa dell’alpinismo e della montagna.
Quello che tu dici sulla deriva che anche nelle scuole CAI spesso sta avvenendo, però è assolutamente giusto e leggerlo mi ha fatto pensare di lanciare un dibattito all’interno delle scuole che frequento proprio per far emergere una coscienza e una riflessione su questi aspetti.