L' alpinismo e il rischio

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Messaggioda Enzolino » ven nov 18, 2011 12:28 pm

PIEDENERO ha scritto: Ma perchè dobbiamo esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri?
Non credo che dare definizioni significa esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri.
Definire significa anche creare dei riferimenti, dei punti di partenza, degli obiettivi.
Un'idea, racchiusa in una parola, spesso puo' riflettere un modo di essere ed avere il potere di ispirarci.
Inoltre, il fatto stesso che scriviamo in un forum, comunichiamo e scambiamo informazioni implica il fatto che le nostre esperienze hanno comunque un carattere collettivo.

Perfino l'esperienza del solitario che non comunica le sue imprese poggia su un'eredita' collettiva. Un'eredita' fatta di tecnica, di conoscenza del territorio o della via, di idee. E paradossalmente, e' anche grazie questa eredita' che siamo piu' liberi ... potendo andare la' dove prima si pensava impossibile e facendoci guidare dalle idee pioneristiche formulate da altri ... mi vengono in mente un Preuss, Bonatti o Messner ...
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Messaggioda ettore » ven nov 18, 2011 14:48 pm

manco a farlo apposta :D :

http://www.caibergamo.it/ddoc/docevento.php?did=2124&filename=Convegno19nov2011.pdf

tra gli altri erik svab :wink:
e l'amico di giorgiolx: xydias :lol:
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Messaggioda El Rojo » ven nov 18, 2011 15:14 pm

ettore ha scritto: xydias


Quella y mi è nuova.
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Messaggioda PIEDENERO » ven nov 18, 2011 16:38 pm

Enzolino ha scritto:
PIEDENERO ha scritto: Ma perchè dobbiamo esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri?
Non credo che dare definizioni significa esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri.


Definire significa anche creare dei riferimenti, dei punti di partenza, degli obiettivi.

il fatto di avere dei punti di riferimento è una questione diversa, è informazione e riflessione su di essa.dal momento in cui si da una definizione però allora si è portati a dire o sei dentro la definizione (sei alpinista) o sei fuori. e questo dare giudizi a mio avviso limita la libertà di azione, la condiziona e crea persone frustrate che magari vanno a fare vie non perchè le vogliono fare ma perchè le devono fare per dimostrare qualcosa agli altri.
mi pare che lo stesso messner abbia criticato alcune spedizioni per l' eccesivo rischio a cui si sono sottoposti i partecipanti. eccessivo in quanto i pericoli oggettivi non giustifivcano l' importanza della salita.non aggiungevano altro all' esperienza umana.al limite solo al curriculum personale.(che non è poca cosa intendiamoci)

Inoltre, il fatto stesso che scriviamo in un forum, comunichiamo e scambiamo informazioni implica il fatto che le nostre esperienze hanno comunque un carattere collettivo.

Pacendoci guidare dalle idee pioneristiche formulate da altri ... mi vengono in mente un Preuss, Bonatti o Messner ...


ma mi domando cosa altro c'è al giorno d' oggi di pionieristico per la collettività che giustifichi certi rischi?
io penso che quella fase sia terminata e non ci rimanga che misurarci solo ed esclusimante con noi stessi e con la nostra libertà di azione.
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Messaggioda Enzolino » ven nov 18, 2011 17:02 pm

PIEDENERO ha scritto: ma mi domando cosa altro c'è al giorno d' oggi di pionieristico per la collettività che giustifichi certi rischi?
io penso che quella fase sia terminata e non ci rimanga che misurarci solo ed esclusimante con noi stessi e con la nostra libertà di azione.
Mi sembra che hai fatto la domanda ed hai dato la risposta ...

Se un Dean Potter, un Ueli Steck, un Steve House o l'alpinista della porta accanto spingono oltre l'orizzonte delle possibilita' umane o collettive, la collettivita' stessa puo' far tesoro delle loro esperienze ...

Analogalmente ognuno puo' far tesoro delle proprie esperienze per spostare piu' in la' i propri limiti e conoscere meglio se stessi ...
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Messaggioda gug » ven nov 18, 2011 17:41 pm

ccb ha scritto:
nuvolarossa ha scritto:
gug ha scritto:
uargh ha scritto:ruolette russa è sedere ai piedi di una grande parete che può scaricare, fermarsi ed aspettare pregando, e se tutto è andato bene dopo andarsene.

Alpinismo è salirla. :twisted:


Non sono d'accordo: giocare con pericoli oggettivi di questa portata non è Alpinismo, ma appunto una roulette russa.



E con questa abbiamo sistemato anche, per dire i primi che mi vengono in mente, Marc Twight, tutti i salitori della nord dell'Eiger, Casarotto etc etc etc...

Vabbè, level...


..e Winkler? che per passare uno strapiombo sulla Torre ha lanciato alla cieca un gancio sopra lo strapiombo, dove non vedeva, ha provato a tirare, teneva, e quindi si è tirato su per la corda? :)
Il grande alpinismo lo ha fatto chi ha rischiato forte..

Mr. Warhol, cos'è per lei la vita?
- a chocolate cake-
;)


Mark Twight è stato un caso sicuramente al limite per la voglia di prendere rischi, ma leggendo i suoi scritti si capisce come, soprattutto andando avanti, teneva bene a mente quali erano i rischi oggettivi e come evitarli.
Bonatti, Cassin e gli altri lo avevano ancora di più in testa: Bonatti ha fatto cose molto pericolose per la difficoltà e le incognite che affrontava, ma quando si è trovato di fronte a "roulette russe alpinistiche" non ha esitato a ritirarsi ad esempio proprio sull'Eiger.

Uno dei problemi dell'Alpinismo è che i pericoli oggettivi sono spesso incogniti o nascosti, non sempre sono evidenti come nel caso del seracco che scarica e può crollare o del pendio che aspetta solo di scaricare una valanga: i rischi maggiori derivano proprio dal fatto che ogni alpinista vorrebbe evitare questi pericoli, ma a volte ci finisce dentro.
Bonatti sul Freney è finito dentro una tempesta non prevista, altrimenti avrebbe atteso un altro momento, Unterkircher è finito dentro un crepaccio nascosto e probabilmente in una zona dove pensava che non ce ne fossero più, Buhl è andato giù in una zona apparantemente tranquilla: nessun alpinista si è mai divertito a giocare con simili trappole e quando erano evidenti se n'è tenuto alla larga.
"montagne che varcai, dopo varcate, sì grande spazio d'in su voi non pare"

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Messaggioda marinoroma » mer nov 23, 2011 15:24 pm

anche per me come per molti di voi l'alpinismo é l'Avventura, la ricerca, la curiosità e il rischio é un'entità che esiste appieno nell'Avventura e che si impara a valutare e a conoscere

pero' c'é una buona parte della mia sete di alpinismo che devo onestamente ricercare altrove, Roberto l'ha tracciata perfettamente, non sarei riuscito ad esprimermi cosi' bene ma concordo appieno. Cioé questa necessità di fare qualcosa di appagante, di qualificante, di diverso, di solamente mio..... e allora qui la concezione di rischio é meno "cristallina", é un rompiballe con cui si deve scendere a compromessi, che pero' se tutto va bene lo tratto con indulgenza e se mi ha fatto veramente stringere le chiappe mi da la nausea

Roberto ha scritto:Ma 'nfatti, l' ho sempre detto che qualche rotella fuori posto quel genere di alpinisti ce l' ha. Un bisogno eccessivo di ricerca dell' autostima, come una necessità di dimostrare a se stessi che non si è dei completi falliti, che qualcosa di esaltante si riesce a fare. Ovvio che è una cosa soggettiva, ma chi "alza il tiro", oltre ad essere un egoista di primo ordine, è anche una persona che cerca qualcosa che nella vita "certificata" di tutti i giorni non trova. C'è chi vive sereno e appagato, e pratica l' alpinismo come puro diletto e piacere, e chi, come me, quasi subisce l' alpinismo, come una necessità, una delle spiegazioni del motivo per il quale sono su questa terra. Un modo un po compulsivo, ma terribilmente vitale. A casa non posso fare altro che sognare e progettare la prossima salita; in parete mi maledico e giuro che questa è l' ultima volta.
....no, non ora, non qui, questa pingue immane frana....
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