L' alpinismo e il rischio

Area di discussione su argomenti di montagna in generale.

Messaggioda Enzolino » mer nov 16, 2011 16:18 pm

marcov,
in questo topic non si sta parlando solo della tragedia recente, ma piu' in generale sul rischio ...

nuvolarossa ha scritto:
Enzolino ha scritto:
nuvolarossa ha scritto:
gug ha scritto:
uargh ha scritto:ruolette russa è sedere ai piedi di una grande parete che può scaricare, fermarsi ed aspettare pregando, e se tutto è andato bene dopo andarsene.

Alpinismo è salirla. :twisted:


Non sono d'accordo: giocare con pericoli oggettivi di questa portata non è Alpinismo, ma appunto una roulette russa.



E con questa abbiamo sistemato anche, per dire i primi che mi vengono in mente, Marc Twight, tutti i salitori della nord dell'Eiger, Casarotto etc etc etc...

Vabbè, level...
Non mi pare dai ...
Mi sembra che Twight fosse tornato indietro diverse volte ...
Per l'Eiger bisogna adottare le strategie appropriate in termini di tempi, temperature, ecc
Casarotto, anche lui mi sembra che abbia realizzato le sue imprese in base alle esperienze precedenti ...

Poi, come dice Bonatti, l'imponderabile c'e' sempre ... ma andare a cercarselo e' un'altra cosa ...


Non ti pare cosa Enzolino?
Che ci siano pareti con rischi oggettivi pazzeschi e poco o punto prevedibili sotto cui c'è stata la fila per tentarle?
Eddai, la storia dell'Alpinismo è lì che parla eh, non è una cosa così opinabile.
Ma poi hai letto le Confessioni di Twight?
Il rischio e' inversamente proporzionale alla conoscenza.
Le descrizioni sull'ascensione della Heckmair, suggeriscono chiaramente tempi di percorrenza e descrivono gli orari in cui scarica nei diversi punti. Inoltre, oramai, quasi tutti la fanno in primavera perche' sanno che i pericoli oggettivi si riducono enormemente.
Su Twight ho letto le Confessioni ed il suo manuale Extreme Alpinism.
Credo che lui stesso riconoscesse l'incoscienza della gioventu', che ha ucciso tanti dei suoi coetanei, ma con la maturita' sapeva quando tornare indietro. Quotando wikipedia
In the Himalayas Twight attempted more routes than he succeeded on.


Bonatti, Messner, Steve House, per fare degli esempi, hanno ammesso di essersi ritirati piu' di una volta, per poi tornare e raggiungere il loro obiettivo, magari la seconda o terza volta, quando erano preparati.

Personalmente ho fatto molte cazzate sino ai 25 anni ... e son sicuro che la componente ormonale abbia avuto un ruolo importante.
Paradossalmente adesso faccio cose piu' impegnative, esposte e difficili, ma rischio di meno. E questo perche' son piu' preparato ed il margine di sicurezza e' maggiore.

Se una via espone a pericoli "obiettivi", si puo' scegliere di buttarsi a testa bassa, oppure studiarla, cercare di capire quando questi pericoli si riducono ed eventualmente decidere di andare. Se si vuole vivere a lungo, penso che il secondo scenario sia piu' promettente e raccomandabile. Perche' permette di godere l'alpinismo e la vita piu' a lungo. Poi ovviamente la fortuna e la sfiga son sempre dietro l'angolo.
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Messaggioda cinetica » mer nov 16, 2011 16:23 pm

marcov ha scritto:andare a ripetere una via con una guida (prestazione commerciale) non ha nulla a che fare coi casi che state discutendo


anche se "commerciale" pur sempre di alpinismo si tratta.

I rischi che si prende una guida nell'esercizio della propria professione è un altro argomento, pure interessante.
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Messaggioda Enzolino » mer nov 16, 2011 16:28 pm

marcov ha scritto:andare a ripetere una via con una guida (prestazione commerciale) non ha nulla a che fare coi casi che state discutendo
Ah ... mi sembra di capire che ognuno ha una sua idea dell'alpinismo ... la tua qual'e'?

Per me, il fatto che un professionista della montagna venga pagato, non entra in contraddizione col fatto che si stia facendo alpinismo.
Non vedo contraddizioni tra andare con guida e l'alpinismo ...
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Messaggioda marcov » mer nov 16, 2011 16:34 pm

Provo a spiegare:

Dalla parte del cliente lo chiamerei escursionismo: perché secondo me l'alpinismo dovrebbe comprendere l'assunzione della responsabilità che non è solo quella di essere allenati ma anche di saper prendere decisioni in autonomia e soprattutto in modo totalmente autonomo. Il rapporto cliente-prestatore d'opera altera notevolmente tutto questo.

Dalla parte della guida lo chiamerei semplicemente lavoro in montagna, ma non mi riesce di vederlo come attività alpinistica.

Ciao

m.
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Messaggioda nuvolarossa » mer nov 16, 2011 16:36 pm

Enzolino ha scritto:Il rischio e' inversamente proporzionale alla conoscenza.
Le descrizioni sull'ascensione della Heckmair, suggeriscono chiaramente tempi di percorrenza e descrivono gli orari in cui scarica nei diversi punti. Inoltre, oramai, quasi tutti la fanno in primavera perche' sanno che i pericoli oggettivi si riducono enormemente.
Su Twight ho letto le Confessioni ed il suo manuale Extreme Alpinism.
Credo che lui stesso riconoscesse l'incoscienza della gioventu', che ha ucciso tanti dei suoi coetanei, ma con la maturita' sapeva quando tornare indietro. Quotando wikipedia
In the Himalayas Twight attempted more routes than he succeeded on.


Bonatti, Messner, Steve House, per fare degli esempi, hanno ammesso di essersi ritirati piu' di una volta, per poi tornare e raggiungere il loro obiettivo, magari la seconda o terza volta, quando erano preparati.

Personalmente ho fatto molte cazzate sino ai 25 anni ... e son sicuro che la componente ormonale abbia avuto un ruolo importante.
Paradossalmente adesso faccio cose piu' impegnative, esposte e difficili, ma rischio di meno. E questo perche' son piu' preparato ed il margine di sicurezza e' maggiore.

Se una via espone a pericoli "obiettivi", si puo' scegliere di buttarsi a testa bassa, oppure studiarla, cercare di capire quando questi pericoli si riducono ed eventualmente decidere di andare. Se si vuole vivere a lungo, penso che il secondo scenario sia piu' promettente e raccomandabile. Perche' permette di godere l'alpinismo e la vita piu' a lungo. Poi ovviamente la fortuna e la sfiga son sempre dietro l'angolo.


Enzolino, secondo te tutti quelli che OGGI vanno in primavera sulla nordwand ci vanno grazie a chi??? Ti aiuto va, grazie a chi ha messo in gioco la pelle creando così quella che tu chiami conoscenza.

QUESTI hanno fatto la storia dell'Alpinismo, non quelli che oggi ripetono conoscendo gli orari delle scariche.
I Grandi che tu citi si son presi dei rischi al cui confronto partire per fare in velocità una via all'altezza del proprio livello tecnico fisico e psicologico sapendo dell'arrivo di una perturbazione intensa è come andare a prendersi l'aperitivo in ora di punta, rischi che siano finiti gli appetizer.

Poi è chiaro che si sapevano anche ritirare, come è altrettanto chiaro che la quantità di propensione al rischio è direttamente proporzionale alle cartucce che ti rimangono da sparare :) , ma questa è fisiologia dell'animo umano...
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Messaggioda marcov » mer nov 16, 2011 16:37 pm

c'è anche un altra cosa che mi frulla per la testa. Se uno cerca l'aiuto della guida vuole fare qualcosa che non è in grado di fare fa solo; cioè si affida totalmente alla "guida" di qualcun'altro. Fare cose al di sopra delle proprie possibilità con un aiuto esterno non mi pare fare alpinismo. Mi dispiace...
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Messaggioda marcov » mer nov 16, 2011 16:40 pm

c'è poi da considerare che questa povera donna che ci è rimasta, ha lasciato a casa due bambini..... non lo avrebbe MAI fatto se fosse stata totalmente consapevole del grandissimo rischio a cui andava incontro. Questo lo può capire solo chi ha dei figli.
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Messaggioda nuvolarossa » mer nov 16, 2011 16:58 pm

marcov ha scritto:c'è poi da considerare che questa povera donna che ci è rimasta, ha lasciato a casa due bambini..... non lo avrebbe MAI fatto se fosse stata totalmente consapevole del grandissimo rischio a cui andava incontro. Questo lo può capire solo chi ha dei figli.


Ma che ne sai????
Eri dentro la sua testa? Eri lì quando hanno pianificato l'ascensione? Eri con loro in tutte le altre salite che hanno fatto insieme?

Torna nell'altro topic che sei in buona compagnia, e lasciaci qui:

marcov ha scritto:Chi non vuol partecipare alla discussione, che scriva dei massimi sistemi nell'atro topic, e non scassi i maroni colla morale da quattro soldi.
:roll:
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Messaggioda Enzolino » mer nov 16, 2011 17:02 pm

nuvolarossa ha scritto: Enzolino, secondo te tutti quelli che OGGI vanno in primavera sulla nordwand ci vanno grazie a chi??? Ti aiuto va, grazie a chi ha messo in gioco la pelle creando così quella che tu chiami conoscenza.

QUESTI hanno fatto la storia dell'Alpinismo, non quelli che oggi ripetono conoscendo gli orari delle scariche.
I Grandi che tu citi si son presi dei rischi al cui confronto partire per fare in velocità una via all'altezza del proprio livello tecnico fisico e psicologico sapendo dell'arrivo di una perturbazione intensa è come andare a prendersi l'aperitivo in ora di punta, rischi che siano finiti gli appetizer.

Poi è chiaro che si sapevano anche ritirare, come è altrettanto chiaro che la quantità di propensione al rischio è direttamente proporzionale alle cartucce che ti rimangono da sparare :) , ma questa è fisiologia dell'animo umano...
Se conosci la storia dell'Eiger, saprai che Heckmair, prima di affrontare la via, l'ha studiata a fondo col binocolo, imparando i punti in cui scarica e gli orari, ha costruito dei ramponi appositi per i ghiacciai pensili, ed infine ha attaccato la via quando era sicuro che fosse il momento giusto. Quindi quelli che l'affrontano oggi hanno imparato dalle disgrazie altrui, ma soprattutto da chi e' salito in maniera intelligente. Heckmair, come Cassin o chiunque abbia sistematicamente realizzato grandi imprese, non erano incoscienti, ma preparati. Poi ovviamente la sfiga puo' giocare un ruolo (vedi Buhl nella cornice o Casarotto nel crepaccio).

Essere preparati significa misurare le imprese future in base a quelle passate. Se non ho mai indossato i ramponi e mi lancio su una cascata di ghiaccio, magari mi va bene, ma sono un incosciente ed alla fine rischio di durare poco.

Marcov,
chi va con guida non lo fa necessariamente perche' non e' in grado di fare un'ascensione. Lo puo' fare perche' non trova i soci adatti per una via, perche' trovare soci infrasettimanalmente e' estremamente difficile, e cosi' via.

Sul fatto di avere figli, questo e' un altro discorso. Avere dei figli e' una responsabilita', ma questa responsabilita' non deve essere una trappola che ci impedisca di realizzare noi stessi e di crescere. Per me la guida ha fatto un grande errore di valutazione. Ma spero che serva ad altre guide per valutare meglio situazioni future.
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Messaggioda Enzolino » mer nov 16, 2011 17:04 pm

nuvolarossa ha scritto: Enzolino, secondo te tutti quelli che OGGI vanno in primavera sulla nordwand ci vanno grazie a chi??? Ti aiuto va, grazie a chi ha messo in gioco la pelle creando così quella che tu chiami conoscenza.

QUESTI hanno fatto la storia dell'Alpinismo, non quelli che oggi ripetono conoscendo gli orari delle scariche.
I Grandi che tu citi si son presi dei rischi al cui confronto partire per fare in velocità una via all'altezza del proprio livello tecnico fisico e psicologico sapendo dell'arrivo di una perturbazione intensa è come andare a prendersi l'aperitivo in ora di punta, rischi che siano finiti gli appetizer.

Poi è chiaro che si sapevano anche ritirare, come è altrettanto chiaro che la quantità di propensione al rischio è direttamente proporzionale alle cartucce che ti rimangono da sparare :) , ma questa è fisiologia dell'animo umano...
Se conosci la storia dell'Eiger, saprai che Heckmair, prima di affrontare la via, l'ha studiata a fondo col binocolo, imparando i punti in cui scarica e gli orari, ha costruito dei ramponi appositi per i ghiacciai pensili, ed infine ha attaccato la via quando era sicuro che fosse il momento giusto. Quindi quelli che l'affrontano oggi hanno imparato dalle disgrazie altrui, ma soprattutto da chi e' salito in maniera intelligente. Heckmair, come Cassin o chiunque abbia sistematicamente realizzato grandi imprese, non erano incoscienti, ma preparati. Poi ovviamente la sfiga puo' giocare un ruolo (vedi Buhl nella cornice o Casarotto nel crepaccio).

Essere preparati significa misurare le imprese future in base a quelle passate. Se non ho mai indossato i ramponi e mi lancio su una cascata di ghiaccio, magari mi va bene, ma sono un incosciente ed alla fine rischio di durare poco.

Marcov,
chi va con guida non lo fa necessariamente perche' non e' in grado di fare un'ascensione. Lo puo' fare perche' non trova i soci adatti per una via, perche' trovare soci infrasettimanalmente e' estremamente difficile, e cosi' via.

Sul fatto di avere figli, questo e' un altro discorso. Avere dei figli e' una responsabilita', ma questa responsabilita' non deve essere una trappola che ci impedisca di realizzare noi stessi e di crescere. Per me la guida ha fatto un grande errore di valutazione. Ma spero che serva ad altre guide per valutare meglio situazioni future.
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Messaggioda cinetica » mer nov 16, 2011 17:05 pm

marcov ha scritto:c'è poi da considerare che questa povera donna che ci è rimasta, ha lasciato a casa due bambini..... non lo avrebbe MAI fatto se fosse stata totalmente consapevole del grandissimo rischio a cui andava incontro. Questo lo può capire solo chi ha dei figli.


sembra che questa donna fosse un'alpinista che aveva già esperienza su quel terreno.

Comunque è inngabile che il rapporto guida-cliente ha una grossa influenza nella condotta della cordata.
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Messaggioda marcov » mer nov 16, 2011 17:20 pm

nuvolarossa ha scritto:
marcov ha scritto:c'è poi da considerare che questa povera donna che ci è rimasta, ha lasciato a casa due bambini..... non lo avrebbe MAI fatto se fosse stata totalmente consapevole del grandissimo rischio a cui andava incontro. Questo lo può capire solo chi ha dei figli.


Ma che ne sai????
Eri dentro la sua testa? Eri lì quando hanno pianificato l'ascensione? Eri con loro in tutte le altre salite che hanno fatto insieme?

Torna nell'altro topic che sei in buona compagnia, e lasciaci qui:



Sei nervoso??? Figurati se prendo ordini da te, io scrivo dove mi pare.
Stai tranquillo che uno non prende un rischio inconsiderato in quelle situazioni; per questo motivo si affida ad una guida, ma purtroppo questo non pone al riparo dal peggio. Forse non si realizza fino in fondo il significato di questo punto.

Ciao
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Messaggioda Kakkola » mer nov 16, 2011 18:25 pm

marcov ha scritto:c'è anche un altra cosa che mi frulla per la testa. Se uno cerca l'aiuto della guida vuole fare qualcosa che non è in grado di fare fa solo; cioè si affida totalmente alla "guida" di qualcun'altro. Fare cose al di sopra delle proprie possibilità con un aiuto esterno non mi pare fare alpinismo. Mi dispiace...

Non mi sembra una descrizione calzante. Allora tutti quelli che approcciano l?alpinismo, che nei primi anni si fanno ?portare? da gente più esperta (il che è praticamente inevitabile ? bello sarebbe essere abbastanza preparati da cavarsela sempre da soli, ma credo che una serie di cattiverie non le impari nei corsi, ma provando) non sono alpinisti, ma escursionisti? A me sembra che al massimo siano alpinisti alle prime armi, inesperti, o magari in certi casi con poca fiducia nei propri mezzi, ma non necessariamente escursionisti. Poi, come è già stato scritto, spesso si ricorre alle guide alpine perché non si trovano compagni, o non se ne trovano all?altezza.
Una guida alpina diventa tale passando una serie di esami, mentre che io sappia non si fanno esami per ?fare l?alpinista?. Poi possiamo fare tutti i distinguo semantici del mondo, alla fine sono solo opinioni.
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Messaggioda VECCHIO » mer nov 16, 2011 23:37 pm

Due domande.
Ma allora cosa si pensa sia l'alpinismo ?
E cosa significa fare alpinismo ?

Sembrano domande in contraddizione, ma se si dice così si nega molto di ciò che è stato scritto qui sopra.
Come lo spiegate ?

Per me non sono in contraddizione, sono la stessa domanda.
Ma allora perchè molti di noi mettono dei distinguo ?

Mah, più ci penso più non so ancora cosa sia l'alpinismo ed il praticarlo.
....ALPINISTA......NO GUIDA....... questa mi scombussola
Scalare con gli esperti del cai... son sempre dei grossi guai...... questa mi piace
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Messaggioda El Rojo » gio nov 17, 2011 0:13 am

Dannazione.
A forza di leggere il Vecchio sto andando in confusione.
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Messaggioda Roberto » gio nov 17, 2011 10:08 am

Per me l' alpinismo è avventura.
Indipendentemente dal grado e dalla difficoltà, fare alpinismo è salire una montagna scoprendo l' itinerario scelto. Nuovo o già salito da altri non importa, importa la scoperta, la possibilità di sbagliare, di tornare indietro, di riuscire o rinunciare.
Gogna, nei suoi due magnifici libri Cento nuovi mattini e Mezzoggiorno di pietra, nelle relazioni delle vie metteva "ricreazione". Appunto, chi scalava quella via, seguendo la relazione scritta nel libro, doveva ricreare la via, scoprirla, farla sua. Per facile, o addirittura banale che sia, la via deve essere ricreata da chi la sale, magari modificandola nella linea. Scalare una via estremamente difficile, anche pericolosa, ma di cui non c' è nulla da scoprire, per me non è alpinismo; fare una free-solo di grado altissimo su una via ripetuta venti volte è una grande prestazione atletica, non alpinismo; salire una via di terzo grado ricreando l' itinerario, seguendo le pieghe della montagna, cercando l' attacco e la via di discesa, è alpinismo.
Poi, come ogni attività umana, c' è chi la pensa in un modo chi in un altro, ma per me salire una fila di spit (anche con passi obbligati durissimi) resta arrampicata sportiva, mentre fare una normale con qualche passo di secondo grado, ma che è (relativamente alla preparazione ed esperinza di chi la compie) impegnativa e da scoprire/ricreare, è alpinismo, quello vero.
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L' unico modo per essere liberi è essere colti (J. Martì)
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Messaggioda zampognaro » gio nov 17, 2011 11:19 am

Roberto ha scritto:Per me l' alpinismo è avventura.
per me salire una fila di spit (anche con passi obbligati durissimi) resta arrampicata sportiva, mentre fare una normale con qualche passo di secondo grado, ma che è (relativamente alla preparazione ed esperinza di chi la compie) impegnativa e da scoprire/ricreare, è alpinismo, quello vero.


sarà perchè sono una pippa, ma ti quoto in pieno :lol:

arrivare in cima per scoprire cosa c'è dall'altra parte...
:wink:
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Messaggioda Enzolino » gio nov 17, 2011 11:58 am

Anche per me alpinismo e' l'avventura in montagna o sulla verticale ...

Ma come in ogni cosa, l'avventura non e' nelle cose, ma nello sguardo e nello spirito con cui ci mettiamo in gioco ...
L'avventura e' nell'ignoto, nell'autoconoscenza, nel rischio ... cosi' si puo' vivere l'avventura nella falesia vicino casa come nei giganti himalayani ...
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Messaggioda PIEDENERO » ven nov 18, 2011 10:43 am

siamo noi che abbiamo bisogno di definizioni, per sentirci più o meno bravi. più o meno considerati dagli altri.

è il come ed il perchè si fanno le cose alpinistiche non è il grado o il livello di rischio che definiscono l' alpinismo o il "vero" alpinismo.

fare un 8000 è sempre alpinismo?
fare un 8000 pagando una guida e usando l' ossigeno è alpinismo?
alison hargreaves in solitaria al sesto mese di gravidanza è alpinismo?

io non darei definizioni se non che alpinismo è andare per monti e che non sia una camminata di mezz' ora.

è quella spinta interiore che ci spinge ad agire che detta l' unica regola con la quele dobbiamo fare i conti. poi noi con la nostra esperienza, capacità e onestà (etica) nel fare le cose ci definiremo alpinisti oppure no.
il rischio nel dare definizioni è che prevalga l' idea che solo chi ha le "palle" è un alpinista, solo chi arrampica sui chiodi marci è alpinista, solo chi si assume rischi elevati è alpinista.

dobbiamo andare per i monti in libertà senza vincoli, senza regole senza frustrazioni, senza sbandierare imprese che spesso imprese non sono.
Ma perchè dobbiamo esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri?
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Messaggioda Enzolino » ven nov 18, 2011 12:26 pm

PIEDENERO ha scritto: Ma perchè dobbiamo esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri?
Non credo che dare definizioni significa esserre schiavi del consenso, del giudizio degli altri.
Definire significa anche creare dei riferimenti, dei punti di partenza, degli obiettivi.
Un'idea, racchiusa in una parola, spesso puo' riflettere un modo di essere ed avere il potere di ispirarci.
Inoltre, il fatto stesso che scriviamo in un forum, comunichiamo e scambiamo informazioni implica il fatto che le nostre esperienze hanno comunque un carattere collettivo.

Perfino l'esperienza del solitario che non comunica le sue imprese poggia su un'eredita' collettiva. Un'eredita' fatta di tecnica, di conoscenza del territorio o della via, di idee. E paradossalmente, e' anche grazie questa eredita' che siamo piu' liberi ... potendo andare la' dove prima si pensava impossibile e facendoci guidare dalle idee pioneristiche formulate da altri ... mi vengono in mente un Preuss, Bonatti o Messner ...
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