paolo75 ha scritto:Si parte dal presupposto che siamo sempre in grado di fare le nostre scelte, liberamente e con totale cognizione.
In realtà si incontrano delle persone, a volte ci si innamora, e non si sceglie di farlo, accade e basta, e non è nemmeno in nostro potere eliminare un sentimento, poter far sì che smetta di essere. Cosa vuol dire non mettere su famiglia, poter decidere consapevolmente se amare o no una persona? non credo sia in nostro potere.
Allo stesso modo, c'è in queste persone, ne sono convinto, una spinta che le porta verso la montagna, verso le imprese che compiono, è la loro natura, possono decidere di andarle contro, ma chiunque sa quanto sia difficile. Vivere così è per qualcuno l'unico modo di vivere, e anche in questo caso la scelta mi sembra molto vincolata da un sentimento che non può essere eluso.
Non sempre la vita può essere vissuta sui canali della razionalità, del calcolo, ma sono convinto che chi sceglie di stare con una persona sapendo chi ha davanti, ha deciso di accettare quello che la persona è, in tutti i suoi aspetti, anche se questo non cancella il dolore.
Per questo i discorsi sulla famiglia mi sembrano inutili e sterili.
La Faille è morto facendo quello che sentiva di dover fare, probabilmente sapeva che poteva succedere, ma un alpinista non è un aspirante suicida, parte sempre con la convinzione di tornare (l'ho sentito dire proprio pochi giorni fa, ad una serata con Ueli Steck), e morire per una passione non è così male, per un evento comunque triste e inevitabile.
ciao paolo75,
mentre buttavo giù queste 4 riflessioni, ho letto il tuo intervento...probabilmente ci siamo letti nel pensiero......
Sarà che l?egoismo per le nostre rispettive passioni, ha fatto si che io e la mia metà non avessimo figli per scelta.
E? possibile che sia una scelta che pagherò in vecchiaia (sempre che che ci si arrivi), ma mi sembra di leggere in molti interventi (così come in tutte le discussioni che immancabilmente ricicciano in occasioni di questo genere), un senso di malcelata invidia, quasi di rivalsa, da parte di certi padri e madri di famiglia nei confronti di chi, come jm boivin, patrick berhault o jc lafaille, aveva scelto di spendere la propria vita per una passione VERA, quale è la montagna, e lo ha fatto intensamente e ai massimi livelli.
Nei casi peggiori, sento anche pontificare su certa ?irresponsabilità? verso i figli, come se invece andare a 200 all?ora in auto o rischiare ogni domenica di finire sotto una valanga o (bravo, matto !) trascorrere le giornate ipnotizzati da maria defilippi o dall?isola dei famosi, debba invece inquadrarsi nel vivere in un modo ?normale?e con grande senso di responsabilità verso i figli.
Chi oggi sta rosicando o, peggio, quasi compiacendosi della fine di chi la vita l?ha vissuta, e dando un grande insegnamento, già solo per questo, ai propri figli e a chi lo ha conosciuto e amato, ci pensi un attimo, e magari scoprirà che, tra bebè che urlano, pannoloni sporchi da cambiare, notti in bianco e mogli nevrotiche, con le occhiaie, che non gliela danno più, alla fine la scelta sbagliata potrebbe averla fatta proprio lui, lui che da giovane sognava tanto di poter andare libero per le montagne o viaggiare per il mondo?.
Non conoscevo lafaille né il suo modo di vivere la famiglia e la montagna, certamente il lutto di una persona cara mancata prematuramente non ha misura, ma l?insegnamento di un padre che ha coltivato una passione così profonda al punto da dedicare ad essa un?esistenza, e che magari la famiglia l?ha amata e cresciuta nei tempi che alla famiglia aveva dedicato, vale molto di più dell?insegnamento di un padre che si ritiene ?normale? e responsabile, ma che arriva alla vecchiaia senza aver neanche conosciuto il mondo che sta fuori dalla porta di casa, solo per paura di morire.
saluti
biemme