da Falco5x » dom nov 28, 2010 15:54 pm
Sul tema oggetto del presente topic non tutto però è nostalgia, c?è anche qualcosa di divertente da raccontare.
Io ho da sempre un amico che si chiama Paolo, con il quale per molti anni ho condiviso gran parte della montagna che conosco.
Passata l?epoca giovanile ci sono rimasti attaccati addosso a tutt?e due alcuni postumi, quali ad esempio un paio di mogli e tanta voglia di evasione. Ma per riguardo alle prime, la seconda si è concretizzata prevalentemente sotto l?innocua veste di innumerevoli onanismi verbali che ci siamo scambiati vicendevolmente nel corso delle nostre escursioni montane successive.
C?è da premettere che il buon Paolo è un affabulatore visionario instancabile, vero primatista mondiale della costruzione onirica e verbale, uno che dall?inizio alla fine dell?escursione non smette mai di costruire e distruggere scenari del possibile, sempre alla ricerca dell??avventura perfetta" che possa cogliere il maggior consenso da parte del suo compagno di escursione, complice una capacità polmonare sovradimensionata. E di solito la sua liturgia narrativa comincia appena viene aggredito il primo pendio per quanto ripido esso possa essere. E se il gruppo è numeroso non è un problema, la liturgia può prevedere anche il coinvolgimento di più ascoltatori.
Già una ventina di anni fa, l?epoca cioè alla quale questo racconto si riferisce, uno dei temi che maggiormente ricorrevano nella narrativa fantastica paolina era quello del ?pensa se arrivati al bivacco trovassimo...?. Il possibile vagheggiato oggetto del desiderio di solito consisteva in un manipolo di giovani e spigliate fanciulle, ciascuna dotata di caratteristiche fisiche peculiari particolarmente apprezzabili da parte di bavosi nostri pari, qualità che l'uditore veniva invitato a enumerare minuziosamente tra un ansito e l'altro (fiato corto in salita, non libidine). Normalmente la storia prevedeva che il nostro gruppo fosse costretto da circostanze atmosferiche ruffiane a passare la notte nel suddetto bivacco in loro compagnia, con quel che segue. Come in un libro-game, il racconto a volte contemplava diverse possibilità, su una delle quali l'ascoltatore era pregato di esprimere un rantolo di preferenza. Le opzioni più elaborate di solito prevedevano che il riottoso venisse sedotto suo malgrado da una delle intraprendenti bambine, o addirittura, e ancor più scaltramente, che entrambi gli ignari, maschio e femmina, venissero coinvolti incolpevoli in frangenti fortuiti e galeotti, che però nessuno dei due aveva il potere di contrastare.
Ebbene, come in una fiction di modesta fattura un bel giorno accadde che il Destino, stanco di doversi sciroppare le solite verbose fantasticherie sempre uguali nella sostanza, decise di scodellarci a sorpresa la situazione ipotizzata in carne e ossa. Il fatto accadde in un giorno di novembre nei primi anni '90.
Come in una rimpatriata tra le più classiche, quel giorno in aggiunta a noi due partecipavano all?escursione anche altri reduci dalle Alte Vie di vent?anni prima, tra cui il saggio Sandro (lo stesso della cacca in Val Venegia, vedi topic apposito).
Giunti in vista della nostra meta, rimanemmo stupefatti nel notare due giovani ninfe graziose e solitarie che bighellonavano tranquillamente sullo spiazzo antistante il bivacco. Quando queste ci videro non fuggirono, ma anzi ci salutarono graziosamente, fingendo di non aver notato le nostre lingue pendule e gocciolanti, l'arcuata forma delle nostre corte zampe e le caprine pelurie intrise che ci imbiancavano il ventre e il mento. Instaurammo subito una confidenza insperata, con risate e più o meno malcelati ammiccamenti tra noialtri che ben sapevamo quale gaio destino tocca solitamente alle fortunate frequentatrici dei ricoveri montani nella tradizione orale paolina.
Quando venne il momento di ripartire decidemmo di scendere tutti insieme, e giunti a fondo valle decidemmo di concederci qualche bel giro di bevute all'osteria, dove si rise e si scherzò fino a tardo pomeriggio. La sera stava calando e i toni si andavano smorzando, poiché risultava ormai impellente la necessità, dopo tanti rilanci, di imprimere una svolta decisiva a tutta la vicenda, indirizzandola verso l'epilogo. Ma un conto è inventarsi qualche sogno ridanciano, altra e ben diversa difficoltà comporta l?agire, per cui al momento del dunque provammo un sensibile attimo di smarrimento.
A questo punto però ecco la mossa geniale, che ancora una volta confermò, se mai ce ne fosse stato bisogno, come Sandro non indegnamente ricoprisse da sempre il ruolo di indiscusso decano del gruppo. Estratto il portafoglio, egli ne cavò fuori ben due fotografie delle sorridenti frugolette che lo attendevano a casa, in perfetto stile ?torna, papà, pensa a noi?. Un'ondata di commozione percorse tutti, e subito cominciammo ad abbracciarci con gli occhi lustri, e a rallegrarci l'un l'altro, perché alla fine i buoni sentimenti la spuntano sempre. Perché non eravamo cattivi, in fondo; ognuno di noi, dopo tutto, dietro la propria cinica maschera da uomo vissuto serbava un dolce segreto, potendo ciascuno ben vantare dei figli ancora in tenera età, e, perché no?, anche delle legittime spose, madri dei medesimi. Così tra abbracci e casti baci soffiati sulla punta delle dita, e sussurrati arrivederci ci separammo dalle due fanciulle, ognuno diretto verso il proprio focolare che attendeva sempre acceso il ritorno di un babbo lontano.
A questo punto la storia potrebbe anche venire interrotta qui, tra queste pure lacrime di commozione, ma tuttavia è necessario, per completezza, raccontare tutto fino in fondo. Mentre guidavo la macchina durante il viaggio di ritorno notai che Paolo, con il quale mi trovai da solo a condividere il tragitto, aveva valicato la frontiera del concreto e la sua mente si librava alta lungo le aeree e ignote rotte dello spirito. Quando aprì bocca volle sapere la mia opinione riguardo al quesito di fondo attorno al quale quella strana giornata si era alla fine coagulata, e cioè se, avendoci voluto mettere un po' di impegno supplementare, alla fine almeno una delle due ?ci sarebbe stata? davvero. Cercai di rassicurarlo in proposito, ammettendo la verosimiglianza di tale ipotesi.
La sua favella, allora, riprese il consueto vigore ed egli, dando nuovamente la stura alle ben note facoltà inventive, attaccò qualcosa del genere: ?Senti, ti propongo questo scenario: immagina che avessimo deciso magari per una pizza, e che poi le avessimo accompagnate a casa; e immagina che proprio lì un paio di noi si fossero trovati nell'impossibilità di ripartire subito (guasto meccanico? malessere temporaneo? nebbia fittissima?), e che telefonando a casa nostra per avvertire avessimo percepito parole molto comprensive all'altro capo dalla linea, e... ?.
E la storia, fatalmente, ricominciò daccapo.
Chuck Norris ha contato fino a infinito. Due volte.